L'editoriale dell'elefantino
Speriamo nel trasformismo all'italiana per salvare la Francia dalla destra xenofoba
L'unica via per arginare una possibile vittoria del fronte populista d'oltralpe è prendere in prestito la logica trasformista che, qui da noi, ha permesso di formare un governo composto da una coalizione di partiti
La scomparsa in Italia di Renzi e Calenda, a parte gli effetti scenici della rissa tra i due, non è stata affatto prematura. Da come vanno le cose in Francia, si direbbe che è stata un avviso tempestivo di nullismo politico. Niente da fare. Per gli ottimisti che noi siamo, c’è sempre speranza, ma ora è di rigore l’ottimismo nullista. Almeno in Francia, che con la Germania messa maluccio, ma non così, è comunque il cuore dell’Europa. Pensate al nostro Terzo polo. Oh, disdetta! Ma pensate sopra tutto al secondo turno francese, al fatale 7 luglio con la polarizzazione estrema delle estreme. Chi votate? Si parla di una maggioranza straripante di circoscrizioni in cui il candidato macronista della ragione non c’è o non ha alcuna possibilità di entrare in Parlamento, per non parlare delle briciole del gollismo indipendente. E dunque? A destra non c’è una coalizione Meloni, Tajani, Salvini, che comunque regge da due anni senza terremoti o gravi imbarazzi seri da guerra culturale, la coalizione destra mainstream, per così dire, circondata da un po’ di folclore vannacciano-salviniano riscattato da comportamenti in linea con la ragionevolezza in economia e società e da un certo slancio sulla guerra contro Putin e per l’indipendenza dell’Ucraina.
No, in Francia c’è una destra xenofoba (e vabbè, la paura degli stranieri ce l’aveva anche Giovanni Sartori), ma anche razzista, per una volta è il caso di usare il termine, ultrapopulista in economia e in programma sociale, nazionalista e antieuropeista e putiniana, malgrado gli aggiustamenti di facciata attuali, cioè la via bardellesca dell’accreditamento al centro ricercata con foga non proprio convincente, foga dell’ultima ora. Dall’altra parte, con l’eccezione di Manuel Valls e di Bernard Cazeneuve, due socialisti sconfitti e irrilevanti ma indisponibili al patto diabolico, c’è un’orda di combattenti del Nuovo fronte popolare che intende bloccare il fascismo del futuro, la manipolazione delle masse di cui ha parlato ieri Carlo Ginzburg a Repubblica, alleandosi in maniera politicamente subordinata con la gentaglia di uno, Mélenchon, che non ha mai condannato il pogrom del 7 ottobre e che considera l’antisemitismo di Hamas un dettaglio a paragone dei crimini sionisti contro i palestinesi. Hanno dovuto discutere ore per la mediazione tra il “massacro terrorista”, che è ambiguamente prevalso come dizione propagandistica pro bono pacis, e la resistenza palestinese nelle mani di Hamas e degli Hezbollah degna subito di uno stato e della sconfitta di Israele. Chiaro che uno resta a casa con il nulla lasciato fuori.
A casa c’è tempo per riflettere. L’ultimo barlume di speranza è che da quel secondo turno esca un’Assemblea nazionale bloccata, una chienlit, una cacca-a-letto senza maggioranze assolute e che gli ultimi tre anni di Macron presidente portino, con tecniche varie trasformiste, alla smentita del sogno ossessivo della droite alle presidenziali. O che la vittoria del Rassemblement national funzioni come un vaccino di governo contro tutta una cultura e un’ideologia della patologica fase dell’opposizione, ma è da dubitarne visto il punto di partenza della malattia. L’ultimo barlume di speranza è che la V Repubblica, con le sue istituzioni rigide che sembravano al sicuro da sorprese e non lo erano, così come nessuno avrebbe mai immaginato gli Stati Uniti in febbre delinquenziale e vendicativa, in febbre autoritaria, si aiuti con il gioco trasformista che hanno permesso a noi di eliminare in un anno il governo del contratto tra populisti imbizzarriti e sostituirlo con coalizioni di partiti, attraverso il secondo Conte, Draghi e infine Meloni, che ci hanno almeno un po’ rassicurato, se non confortato, e hanno generato tra l’ammirazione delle élite mondiali una strana stabilità di fondo della politica italiana, ancorata alla politica estera e di difesa e al varo di misure di bilancio compatibili con l’immenso debito giocato nei mercati finanziari, con qualche buon risultato. Dunque si può essere ottimisti e volontaristi anche se ci si sia informati e il punto di partenza sia il nullismo obbligato di un secondo turno presumibilmente infernale.