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Gli investitori temono per i risultati delle elezioni parlamentari in Francia
Il timore di un nuovo caso Liz Truss agita i mercati che non hanno dimenticato quando l'ex premier brittanica voleva varare un taglio delle tasse di 45 miliardi di sterline finanziato a debito: gli interessi del Regno unito salirono alle stelle. Ora la sorvegliata speciale è Parigi: i piani di spesa del Rn doppiano il mini-budget inglese
Un nuovo caso Liz Truss, nel cuore dell’Europa e dell’eurozona. È l’incubo degli investitori nei debiti pubblici europei, terrorizzati dai sondaggi sulle elezioni parlamentari francesi. Una rilevazione diffusa venerdì sera vede una corsa a due tra il Rassemblement National – previsto al 29,5% - e il Nuovo Fronte Popolare, la neonata alleanza di sinistra tra il partito socialista, i verdi e La France Insoumise di Mélenchon, data al 28,5%. Solo le briciole, e un centinaio di seggi, rimarrebbero per il partito centrista di Macron.
Alla luce di questi dati appare chiaro il motivo per cui l’indice azionario di Parigi ha perso oltre 6 punti percentuali in una sola settimana, annullando tutti i guadagni dall’inizio dell’anno. Le banche, che hanno in pancia buona parte del debito pubblico francese, ne sono uscite con le ossa rotte. Crédit Agricole, Bnp Paribas e Société Générale hanno lasciato sul terreno tra il 12 e il 15%.
Il mini-budget di Liz Truss è ancora un vivido ricordo per gli investitori al di là della Manica. Il suo piano di tagli delle tasse da 45 miliardi di sterline finanziato a debito causò un salto vertiginoso degli interessi pagati sul debito pubblico britannico e sui mutui a tasso variabile delle famiglie, fino a portare alle dimissioni della premier dopo appena 49 giorni a Downing Street.
Ebbene, i piani di spesa del Rassemblement National doppiano il mini-budget inglese. Secondo il think tank Montaigne, il costo del programma elettorale di Marine Le Pen per le presidenziali 2022 – l’ultimo disponibile – superava i 100 miliardi di euro. Le proposte più costose riguardano le pensioni, appena riformate da Macron: Le Pen ha fatto di quota 40 (pensione a 60 anni per chi ha almeno 40 anni di contributi) il suo cavallo di battaglia, come anche la re-indicizzazione degli assegni all’inflazione per i redditi più alti (che oggi in Francia, come in Italia, è solo parziale). Il conto da pagare per queste sole due misure sarebbe di oltre 12 miliardi di spesa pubblica in più all’anno, invertendo la rotta che porterà la Francia ad aumentare l’età pensionabile a 64 anni entro il 2030. Si tratta di una promessa talmente irrealistica che Jordan Bardella ha dovuto ammettere negli ultimi giorni che difficilmente sarà realizzata fin da subito. Il segretario generale del Rassemblement National, Renaud Labaye, ha proposto di posticipare la riforma delle pensioni al 2026. È la via francese al “programma di legislatura” italiano, la frase ripetuta da Meloni, Salvini e Tajani quando gli si chiede conto delle promesse lanciate in campagna elettorale.
Ma Le Pen non può rimangiarsi la parola su tutto, almeno non fino a quando è ancora in campagna elettorale. Non per esempio la proposta di tagliare l’Iva dal 20 al 5,5% su benzina e bollette. Una misura che costerebbe più di 10 miliardi di euro all’anno. O la rinazionalizzazione delle concessioni autostradali (ricorda qualcosa?), dal modico prezzo di 40 miliardi per il bilancio pubblico.
Volgere lo sguardo a sinistra non tranquillizza i risparmiatori. Il manifesto comune firmato da socialisti, comunisti e verdi costa senza dubbio ancor più di quella della destra. Prevede di bloccare i prezzi dei prodotti di prima necessità (come non si sa), abrogare l’aumento dell’età pensionabile (già tra le più basse dell’area Ocse) e aumentare il salario minimo mensile a 1.600€ netti e del 10% gli stipendi di tutti i dipendenti pubblici. Il tutto condito dall’obiettivo di far saltare il Patto di Stabilità europeo appena riformato, se non fosse già stato chiaro.
Con una maggioranza dell’Assemblea nazionale eletta su questi programmi elettorali, la Francia sarebbe destinata a un’accelerazione del proprio indebitamento pubblico. A giorni arriverà la procedura di infrazione per deficit eccessivo da parte della Commissione europea, dopo il downgrade subito da S&P. Parigi sarà infatti la seconda peggior capitale dell’Eurozona per deficit nel 2024, peggio di Roma. Tanto da aver costretto il governo ora dimissionario a tagli alla spesa per oltre 25 miliardi di euro. Senza una chiara volontà di rispettare le regole europee, la Francia non potrebbe nemmeno essere soccorsa da Christine Lagarde e dal suo scudo anti-speculazione, il Tpi. Si sente puzza di bruciato sui titoli di Stato europei, gli investitori se ne sono già accorti. E, così come per la Francia, la pazienza benevola sui conti pubblici italiani potrebbe venir presto meno.