La ricostruzione più in voga dei negoziati tra Ucraina e Russia del 2022 è inventata
L’occidente non costrinse Kyiv a ritirarsi dai colloqui per fermare la guerra. Gli ucraini avevano già rinunciato alla Nato e alla riconquista della Crimea con le armi quando Putin impose una clausola inaccettabile. La ricostruzione di Foreign Affairs più citata che letta
Roma. Vladimir Putin è il più bravo a smentire i suoi simpatizzanti in Europa. Venerdì ha formulato una “proposta di pace” a Kyiv in cui chiede agli ucraini di ritirarsi dall’Ucraina e non promette nulla in cambio – non promette, nemmeno a parole, di astenersi dal provare di nuovo a invadere il paese intero e a catturare la sua capitale. Putin dice: lasciatemi tutto quello che ho distrutto e occupato e poi regalatemi la città di Zaporizhzhia, a cui non sono nemmeno riuscito ad avvicinarmi (l’esercito russo non ha conquistato nessun capoluogo di regione), che ha più o meno lo stesso numero di abitanti di Torino.
E poi la città di Kherson, che ha più o meno lo stesso numero di abitanti di Catania, e un territorio tutto attorno con i suoi cittadini, le sue industrie, le sue infrastrutture, i suoi campi coltivati, che è grande come tutta la Toscana e metà del Lazio. Questo per dimostrare le vostre buone intenzioni, di quello che posso fare io per voi parleremo dopo. Ma ci vorrà la garanzia che non entrerete mai nella Nato e i vostri partner occidentali devono rimuovere tutte le sanzioni che hanno imposto contro la mia economia.
Fingiamo che un qualsiasi leader politico possa permettersi di sacrificare a tavolino milioni di cittadini, le loro case, le tombe dei loro parenti nei cimiteri, i loro luoghi di lavoro. Anche accettare la premessa significherebbe poi discutere la pace senza garanzie per l’Ucraina rimasta libera, da una posizione più debole sul campo, escludendo la possibilità di ricevere la protezione degli alleati in futuro e rinunciando per sempre soprattutto alla deterrenza che quella promessa di protezione eserciterebbe, con l’economia del vicino ingombrante e aggressivo rinvigorita dalla fine delle sanzioni e che si può permettere di sfornare ancora più missili ogni mese. Con un discorso durato un minuto Putin è riuscito a togliere gli argomenti a quelli secondo cui la Russia sarebbe genuinamente propensa a una soluzione diplomatica mentre l’Ucraina farebbe resistenza e sarebbe l’ostacolo alla pace. Questi argomenti avevano riempito il dibattito negli ultimi due mesi e ruotavano tutti attorno a un documento e a una serie di dichiarazioni rivelati (o rimessi in ordine) dalla rivista Foreign Affairs in un articolo di metà aprile dal titolo: “I colloqui che avrebbero potuto fermare la guerra in Ucraina”. In Italia il senso del pezzo è stato sintetizzato soprattutto così: nel 2022 gli ucraini avevano l’occasione e l’intenzione di fare un patto con Mosca che avrebbe risparmiato loro migliaia di bombe nei due anni successivi, ma l’intervento degli americani e dei britannici ha costretto Kyiv ad abbandonare il tavolo della pace. Eppure nell’articolo di Foreign Affairs gli autori scrivono: “La versione secondo cui l’occidente avrebbe costretto l’Ucraina a ritirarsi dai colloqui con la Russia è senza fondamento”. Il primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson, considerava le bozze discusse in quei giorni un pessimo accordo (un disarmo unilaterale), ma a far saltare i nervi alla delegazione diplomatica ucraina fu Putin, con una richiesta inaudita in un momento preciso, il 15 aprile 2022. Secondo un’esclusiva del New York Times pubblicata nel fine settimana, i colloqui a Istanbul naufragarono perché il Cremlino – dopo che Kyiv aveva accettato l’ipotesi di congelare lo status della Crimea per quindici anni (cioè di non provare a riprendersela con le armi) e aveva accettato di impegnarsi formalmente a rinunciare per sempre alla Nato per rimanere uno stato neutrale – chiese agli ucraini di rinunciare anche a dei patti bilaterali con gli alleati che l’avrebbero protetta nel caso di una nuova invasione russa. L’Ucraina era pronta a stare fuori dall’Alleanza atlantica purché questo servisse a fermare l’aggressione russa già in corso e a evitare una nuova invasione in futuro. A questo scopo Kyiv voleva la garanzia che qualcuno (anche la Cina o la Turchia) intervenisse in suo soccorso se la Russia avesse infranto la pace nel 2025 o nel 2028. Senza garanzie, disarmarsi e rinunciare alla Nato significava non conquistare la pace, ma creare le condizioni perfette per una conquista di Putin. La proposta di modifica russa che il 15 aprile fece saltare i negoziati era beffarda, diceva che i patti bilaterali andavano bene, ma che in caso di una nuova aggressione la Russia avrebba avuto potere di veto su quei patti. In sintesi: se Mosca avesse di nuovo puntato a Kyiv con i carri armati, gli Stati Uniti (o chi per loro) avrebbero difeso Kyiv, a meno che la Russia non avesse esercitato il suo diritto di veto per fermarli. A quel punto gli ucraini pensarono che i russi li stessero prendendo in giro.
Prima del New York Times, che i colloqui del 2022 fossero naufragati perché Kyiv considerava inaccettabile la clausola sul veto russo lo aveva già scritto Foreign Affairs, che per due mesi è stata molto citata e poco letta.