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a bruxelles

Il messaggio di Ursula a Meloni: scegli un commissario che non si faccia bocciare

Pietro Guastamacchia

La battaglia sulle nomine europee imperversa. Quelli bravi intorno alla premier sono pochi: Fitto è il nome che preferiscono a Bruxelles

La battaglia sulle nomine europee imperversa ma Meloni deve ancora trovare (e presto) un nome per il futuro commissario italiano. Nel negoziare le posizioni chiave in Ue, la premier ha dichiarato di volere “un commissario di peso, possibilmente vicepresidente della Commissione” ma non ha ancora le idee chiare né sui nomi né sui portfolio. 

Dal team di von der Leyen aspettano di capire cosa voglia davvero Meloni: “Il commissario italiano è uno dei pezzi mancanti più importanti del puzzle a cui stiamo lavorando”, spiegano. “Ci deve solo far sapere il nome, certo sarebbe meglio che non ci mandi un esaltato”. Quello che preoccupa, infatti, sono le audizioni parlamentari all’Eurocamera, previste in autunno, durante le quali i 720 eurodeputati potranno testare la preparazione, la conoscenza dell’inglese ma soprattutto il carattere dei futuri commissari Ue. L’esame è ritenuto troppo ostico per alcuni dei ministri troppo eccentrici dell’attuale squadra di governo.

Oltre al nome, però, bisogna anche trattare per un portfolio, e con la partita del Recovery ancora aperta, l’ideale per il governo sarebbe piazzare un commissario economico, addetto all’economia, alla finanza o alla concorrenza, capace di difendere il governo sull’assegnazione dei fondi o su dossier spinosi come Ita-Lufthansa.  

“Se uno dovesse seguire la logica, l’unica ipotesi possibile è quella di spedire a Bruxelles Raffaele Fitto, ma non sempre la logica vince”, racconta un eurodeputato forzista di lunga data. Raffaele Fitto è infatti il nome che Bruxelles si aspetta; le delegazioni socialiste e popolari lo conoscono come un meloniano sempre pronto al negoziato, forte sui temi economici e profondo conoscitore dell’Ue. “Con un democristiano di lunga data come Fitto, potremmo essere sicuri che gli interessi dell’Italia sono al sicuro”, continua il forzista. Ma il mantra del governo è “no rimpasti”, nessun ministro in partenza dunque e soprattutto non Fitto, considerato fondamentale per la tenuta del governo e uomo di fiducia di cui la premier non intende privarsi.

Esclusa l’opzione Fitto, Meloni potrebbe puntare nuovamente sulla strada dei tecnici, con nomi come Elisabetta Belloni, la regista del G7 da mesi vicinissima alla premier, o l’ex ministro draghiano Daniele Franco, da scegliere a seconda del portfolio ottenuto. Un grande tema della prossima legislatura sarà quello della difesa e, infatti, è intenzione di von der Leyen, se confermata, proporre un Commissario alla difesa. Un commissario il cui portfolio, però, in mancanza di un esercito europeo, sarà principalmente relativo al coordinamento degli appalti delle industrie europee della difesa, un ruolo tecnicamente perfetto per Guido Crosetto. Rimane poi l’opzione di puntare sui temi identitari come migrazione, interni o agricoltura, e provare a portare in Europa nomi che possano fare da cassa di risonanza alle scelte del governo. Tuttavia, su questi temi mancano nomi accettabili per l’Ue. Il dossier migrazione, inoltre, rischia di essere un boomerang: intestarsi le scelte in politica migratoria europea e potrebbe infatti costare caro al governo, considerando che qualsiasi risultato dovrà essere concertato con tutte le famiglie politiche a Bruxelles.

Rischioso anche il dossier agricoltura che è quasi costato il posto all’attuale commissario polacco, il conservatore Wojciechowski, che si è trovato nel mirino della rabbia degli agricoltori e della marcia dei trattori su Bruxelles. Tuttavia, i temi agricoli potrebbero trasformarsi in una fabbrica di consensi a destra se Meloni riuscisse a trasformare il suo Commissario in una sorta di argine al Green Deal, tornato di moda con il probabile ingresso in maggioranza a Bruxelles dei Verdi. Ruolo che tecnicamente toccherebbe a Lollobrigida, che però rischia di rientrare proprio in quella categoria di persone che il Ppe vorrebbe evitare. Si ritorna dunque all’ipotesi più logica, utilizzabile su qualsiasi dossier, ferma ai box fino a quando la premier non deciderà di lasciarlo partire.