l'incontro

La bromance fra Putin e Kim è un problema di tutti

Giulia Pompili

Nel suo viaggio in Corea del nord il presidente della Federazione russa dimostra al dittatore nordcoreano la sua superiorità, ma con Pyongyang firma un accordo cruciale di mutua difesa. L'accordo sull'opposizione alle sanzioni internazionali 

Al di là della parata, dei tappeti rossi, degli accordi fatti sotto banco, l’aspetto più rilevante della visita di ieri del presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, a Pyongyang, in Corea del nord, è la firma di un “partenariato strategico globale” con il dittatore Kim Jong Un. A ventiquattro anni dall’ultima visita di Putin (e la prima di un presidente russo) nel paese più sanzionato e tra i più impenetrabili del mondo, Mosca si lega a Pyongyang anche per il sostegno militare più concreto. Secondo quanto riportato dalla stampa russa e nordcoreana, Putin e Kim hanno siglato un trattato che prevede la “fornitura di assistenza in caso di aggressione contro una delle due parti”. Significa che la fornitura di munizioni e armamenti da parte della Corea del nord alla Russia per rinforzare la sua guerra contro l’Ucraina è ora pienamente legittimata, ma non solo. Sebbene il testo dell’accordo, con i suoi dettagli, non sia stato pubblicato, gli analisti e gli osservatori non escludono che possa riguardare anche l’invio di truppe nordcoreane al confine con l’Ucraina.

 

 

L’ipotesi varrebbe anche per la Russia nel caso in cui la Corea del nord dovesse denunciare un attacco da parte americano o sudcoreano – cosa che succede di frequente, anche riguardo, per esempio, alle esercitazioni militari congiunte fra America e Corea del sud nella regione. Ma quest’ultima circostanza sembra più remota, considerato, come ha detto a NkNews Andrei Lankov, docente alla Kookmin University e uno dei massimi esperti di politica nordcoreana, che il regime di Pyongyang ha già le bombe nucleari per sentirsi al sicuro. A Mosca, invece, uomini nelle regioni ucraine dove ancora si combatte centimetro dopo centimetro farebbero comodo. Ma molto probabilmente si tratta di una politicizzazione, a uso di propaganda esterna, di accordi che in realtà fra Cremlino e Pyongyang esistono già. Non a caso, nel revanscismo putiniano, il trattato somiglia in modo inquietante a quello firmato tra l’Unione sovietica e la Repubblica popolare democratica di Corea nel 1961, quando l’armistizio della guerra di Corea era stato firmato solo otto anni prima. Ma c’è anche un altro messaggio che Putin e Kim vogliono mandare al resto del mondo, soprattutto all’America: le sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu e le sanzioni economiche individuali dei paesi occidentali non hanno più alcun valore per noi. 

 

L’altra notte Kim Jong Un ha aspettato l’arrivo di Putin fino alle 3 del mattino, un esercizio di potere tipico del capo del Cremlino (che si era “attardato” nella sua precedente sosta in Yakutia, una delle regioni dell’estremo oriente russo) e che dimostra anche il fatto che la Russia consideri la Corea del nord come il suo junior partner, e non l’alleato della necessità. Ieri Putin, a un certo punto della cerimonia, è salito sulla limousine Aurus, la seconda che regala al dittatore (in violazione delle sanzioni economiche) sul posto di guida, e Kim è salito sul lato del passeggero. Dopo la visita di ieri, le relazioni fra Mosca e Pyongyang sono state elevate a un rango superiore rispetto a quelle fra Mosca e Seul. Oggi la gigantesca delegazione russa è in missione in Vietnam, paese simbolo della cosiddetta “diplomazia del bambù”, che si flette a seconda dell’interlocutore.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.