(foto EPA)

contraddizioni

Contrordine: niente fame a Gaza. Per gli esperti che avevano suonato l'allarme non ci sono prove

Giulio Meotti

Per mesi i giornali hanno raccontato di rischio carestia per milioni di persone. Ma ora ignorano un rapporto che dice esattamente il contrario

Fame a Gaza: famiglie mangiano foglie e resti di cibo per topi” (Save the Children). “La carestia nella Striscia di Gaza è imminente” (Internazionale). “A Gaza si muore di fame due volte” (l’Osservatore Romano). “Gaza, la fame dei bambini” (Unicef). “A Gaza un popolo allo stremo che muore di fame” (Rainews). “Israele usa la fame a Gaza come arma di guerra” (Josep Borrell). “Dentro Gaza restano solo fame e distruzione” (la7). “Presto per fame ci uccideremo l’un l’altro” (la Repubblica). “La fame è  un’arma di guerra” (Corriere della Sera). “Tra i profughi di Gaza che muoiono di fame” (la Stampa). “Gaza, la fame come arma” (Ispi). “A Gaza mezzo milione di persone rischia di morire” (Onu). Il blob collettivo di giornali, organismi mondiali e ong aveva suonato dallo stesso spartito: “Israele affama Gaza”. Sembrava l’Ucraina sotto Stalin e l’Etiopia sotto Menghistu. 

 

Il Famine Review Committee (Frc), un organismo composto da eminenti studiosi di sicurezza alimentare e nutrizione, l’8 giugno ha liquidato come non “plausibile” la conclusione che Gaza sia entrata in carestia. Si tratta dello stesso organismo che aveva detto a metà marzo che la carestia sarebbe stata “imminente” entro la fine di maggio, denuncia che aveva spinto le Nazioni Unite, i media e tutte le organizzazioni umanitarie ad avvertire che migliaia a Gaza sarebbero morti di fame se non si fosse arrivati immediatamente a un cessate il fuoco fra Israele e Hamas.   

 

La carestia è imminente per 1,1 milioni di persone, metà di Gaza”, aveva affermato l’Ipc in una nota pubblicata il 18 marzo. Dopo la pubblicazione, le principali testate giornalistiche avevano colto al volo l’opportunità di includere la parola “fame” nei loro titoli su Gaza. Il rapporto originale affermava che la disponibilità calorica a Gaza copriva solo “il 59-63 per cento del fabbisogno nel mese di aprile”. Il nuovo rapporto stima che la disponibilità calorica sia in realtà pari al 75-109 per cento. 

 

La Frc conduce analisi per conto dell’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), la principale iniziativa di monitoraggio della carestia globale strutturata come una partnership tra governi, organizzazioni internazionali e ong. Il comitato ha concluso che i flussi di aiuti e la disponibilità di cibo sono aumentati in modo significativo nei mesi di marzo e aprile e “che quasi il cento per cento del fabbisogno calorico giornaliero è disponibile per una popolazione stimata di 300 mila persone ad aprile, anche utilizzando calcoli prudenti”.  L’Ipc aveva concluso solo due volte dalla sua fondazione nel 2004 che c’erano prove di carestia: in Somalia nel 2011 e in Sud Sudan nel 2017. Eppure, la menzogna ha sempre le gambe lunghe. In un nuovo rapporto, la Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sui territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme est, e Israele istituita dal Consiglio Onu per i diritti umani, accusa Israele di crimini contro l’umanità, tra cui “genocidio” e “morte per fame”. La pubblicazione del rapporto ha fatto notizia su quasi tutti i media e  agenzie di stampa.

Il blackout dei giornali

E ora che lo stesso gruppo di esperti sulle carestie ha pubblicato un nuovo rapporto che conclude che la carestia a Gaza non c’è, è totalmente ignorato dai giornali. Il vasto esercito digitale dei martiri di X è silenzioso. I media occidentali (“A Gaza un popolo alla fame” di Avvenire a “Gaza, si muore di fame” di Wired fino “A Gaza non si muore solo per gli attacchi degli israeliani ma anche per fame” del Fatto) sono piombati in una sorta di blackout autoimposto. Come se la causa palestinese uscisse indebolita dalla notizia che i bambini di Gaza non moriranno di fame.  D’altronde, soltanto un giornale in Italia il 4 aprile aveva scritto che non c’era carestia a Gaza. Lo stesso che oggi qui riferisce della balla della fame orchestrata da Hamas, che prendeva di mira i camion di aiuti, e dai suoi corifei umanitari occidentali. 

 

Ma così è andata fin dall’8 ottobre nella guerra di Gaza: quello che era falso (dall’ospedale Al Ahli bombardato da Israele al “genocidio” al bilancio tra morti civili e terroristi che poi si è scoperto era di uno a uno) è diventato vero, mentre quello che era vero (stupri di donne israeliane e scudi umani di Hamas) è diventato falso. Complimenti, Doktor Goebbels!

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.