seguire la linea khamenei
Nasrallah minaccia Cipro e fa leva su chi nell'isola teme di essere coinvolto nella guerra
Il leader di Hezbollah fomenta chi a Nicosia scende in strada da mesi contro il governo per chiedere di restare fuori dal conflitto di Gaza. In ballo ci sono tanti soldi promessi dall'Ue a Beirut
Per la prima volta il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha minacciato Cipro, un paese dell’Ue, di avere preso parte attiva nel conflitto a Gaza. “Il governo cipriota è avvisato. Aprire basi e aeroporti al nemico israeliano per colpire il Libano significa che Cipro è diventato parte della guerra e che la Resistenza (Hezbollah, ndr) lo tratterà come attore in guerra”. “Ogni minaccia contro uno stato membro dell’Ue è una minaccia all’Ue”, ha risposto ieri il portavoce della Commissione, Peter Stano.
Le parole del leader del Partito di Dio hanno indotto il governo di Nicosia a smentire qualsiasi partecipazione attiva nel conflitto a Gaza. “Non siamo parte del problema, siamo parte della soluzione”, ha replicato mercoledì sera il presidente cipriota Nikos Christodoulides, che ha rivendicato l’apertura del corridoio umanitario marittimo fra Cipro e Gaza.
Dall’inizio della guerra, non risulta che Israele abbia mai usato le basi militari sull’isola del Mediterraneo orientale. Piuttosto, le parole di Nasrallah fanno riferimento alla partecipazione delle Forze armate di Nicosia a diverse esercitazioni congiunte con quelle israeliane. Queste attività di addestramento sono andate avanti negli anni, anche con il dispiegamento di militari israeliani sull’isola, per esempio a maggio dello scorso anno nel corso dell’esercitazione denominata “Blue Sun”. Dal 7 ottobre in poi queste attività militari sono diminuite e l’unica nota è quella organizzata lo scorso aprile, in cui i caccia israeliani, in collaborazione con le Forze armate americane, hanno usato lo spazio aereo cipriota per simulare un’operazione di attacco su larga scala contro l’Iran. In quell’occasione, una fonte militare israeliana aveva confermato a Doron Kadosh, un giornalista israeliano, che “siamo preparati ad agire in qualsiasi area, anche in grado di colpire in modo autonomo, per conto nostro. Non contiamo su nessuno”.
Le minacce di Nasrallah, che tiene i fili del precario governo libanese, hanno incontrato anche qualche tiepida critica da parte dell’opposizione libanese. Riad Yazbek, deputato delle Forze libanesi, il partito cristiano-maronita di Samir Geagea, ha detto che “Nasrallah minaccia la guerra contro Cipro e intensifica la sua retorica umiliando così il ministero degli Esteri libanese, il governo, lo stato, Cipro e perfino l’Ue”. Ventilare una guerra contro un paese europeo in un momento in cui l’economia libanese dipende per buona parte dai prestiti del Fondo monetario internazionale – l’ultimo accordo del 2022 prevede un esborso da circa 3 miliardi di dollari a beneficio di Beirut – e da quelli promessi di recente proprio dall’Ue, spaventa molto i libanesi. A maggio, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, è volata in Libano accompagnata proprio dal presidente cipriota Christodoulides per concludere un accordo da circa un miliardo di euro fino al 2027. “Vogliamo contribuire ad assicurare sicurezza e stabilità al Libano”, aveva detto von der Leyen. A margine dell’accordo ci sarebbero anche delle discussioni in corso per risolvere il problema dei rifugiati siriani, quasi 800 mila quelli accolti finora in Libano, molti dei quali si riversano sempre più numerosi proprio a Cipro.
Tutte queste trattative con l’Ue sono ora messe in discussione, almeno a parole, dal leader di Hezbollah. Ma il suo messaggio era più verosimilmente diretto alla nutrita comunità filopalestinese di Cipro, quella che da mesi protesta contro ogni coinvolgimento nella guerra a Gaza. A gennaio, quando gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno lanciato i raid punitivi contro gli houthi dello Yemen e le milizie in Siria e Iraq, i Typhoon britannici sono decollati dalla base di Akrotiri gestita dalla Royal Air Force e che, anche dopo l’indipendenza di Cipro del 1960, è ancora a pieno titolo territorio britannico, insieme all’altra base di Dhekelia. Si tratta di grandi distese di territorio su cui il Regno Unito è sovrano e il governo di Cipro non può intervenire. Questa situazione di subalternità irrita alcuni partiti di sinistra e attivisti ciprioti, che a gennaio erano scesi in strada a protestare, nel timore che Cipro sia considerata parte attiva nella guerra a Gaza, rischiando di diventare a sua volta un obiettivo. Le proteste hanno messo in difficoltà il governo, al punto che era dovuto intervenire Grant Shapps, il ministro della Difesa britannico, per tentare di minimizzare il coinvolgimento di Cipro nelle operazioni militari: “Vogliamo fare tutto il possibile per assicurare la sicurezza dell’isola, è nell’interesse di tutti”, aveva detto, ricordando che gli houthi “non rappresentano una minaccia imminente per Cipro”. Difficile placare la rabbia dell’isola, soprattutto dopo le minacce degli houthi. Le milizie yemenite hanno già detto di potere colpire il Mediterraneo orientale con i loro missili. In effetti, i loro missili hanno la capacità di coprire distanze così grandi, ma la società di consulenza Ambrey specializzata in sicurezza ha specificato in un report che difficilmente un missile degli houthi riuscirebbe a sfuggire all’intercettazione delle navi militari occidentali e dei sistemi di difesa egiziani e israeliani.
“Sappiamo bene cosa significhi restare divisi per la guerra e non vogliamo avere nulla a che farci”, contestano gli attivisti a Cipro, divisa dalla “linea verde” fra l’autoproclamata Repubblica del nord, riconosciuta dalla Turchia, e il sud a maggioranza greco-cipriota, riconosciuto dalla comunità internazionale. E’ a queste sacche di resistenza che Nasrallah si è rivolto, incoraggiandole a occupare di nuovo le strade e a fare da strumento di pressione nei confronti del governo. Una strategia simile a quella dell’ayatollah Ali Khamenei, quando ha elogiato gli studenti che occupavano i campus e le università occidentali.