Bruxelles
Gli europeisti dell'Ue sono d'accordo sui nomi dei “top job”. I calcoli al Parlamento europeo e il tour di Orbán
Von der Leyen, Costa e Kallas. I tre nomi che erano stati presentati lunedì dovrebbero essere riproposti al Consiglio europeo della prossima settimana. Ieri tuttavia la “maggioranza Ursula” al Pe è scesa da 406 a 399. I sette deputati del partito ceco Ano hanno annunciato l’uscita dal gruppo liberale di Renew
Bruxelles. Giorgia Meloni può essere furiosa per non essere stata coinvolta nei negoziati tra popolari, socialisti e liberali, ma cinque giorni dopo la cena informale dei leader dell’Unione europea la situazione sulle nomine non si è spostata di un millimetro. I tre nomi che erano stati presentati lunedì dovrebbero essere riproposti al Consiglio europeo di giovedì e venerdì. Il Partito popolare europeo, il Partito socialista europeo e i liberali di Renew hanno la maggioranza sia al Consiglio europeo sia al Parlamento europeo. Il trio di papabili riempie tutte le caselle degli equilibri geografici e politici: Ursula von der Leyen, Spitzenkandidat tedesca del Ppe, confermata presidente della Commissione; António Costa, ex premier socialista del Portogallo che rappresenta il sud, nominato nuovo presidente del Consiglio europeo; Kaja Kallas, premier liberale dell’Estonia che rappresenta l’est e il nord, scelta come Alto rappresentante per la politica estera.
“Non è cambiato nulla”, dice al Foglio una fonte europea ben informata. Olaf Scholz, Emmanuel Macron e Donald Tusk – che negoziano a nome delle tre famiglie politiche – sono determinati ad approvare le nomine prima delle elezioni in Francia, anche con un voto a maggioranza qualificata se necessario. Von der Leyen dovrà poi ricevere la conferma del Parlamento europeo a metà luglio, dove ha bisogno di 361 voti. E’ lì che le cose potrebbero complicarsi.
Ieri la “maggioranza Ursula” al Pe è scesa da 406 a 399. I sette deputati del partito ceco Ano, dell’ex premier Andrej Babis, hanno annunciato l’uscita dal gruppo liberale di Renew. I sovranisti dell’Ecr, a cui appartiene Fratelli d’Italia, consolidano il vantaggio come terzo gruppo. La diserzione di Babis, critico del sostegno all’Ucraina, ha rilanciato le congetture sulla possibile creazione di un nuovo gruppo filorusso attorno al Fidesz dell’ungherese Viktor Orbán e allo Smer dello slovacco Robert Fico. Anche Geert Wilders e Marine Le Pen potrebbero essere interessati. Sulle nomine “l’accordo è fatto”, ha detto ieri Orbán, in partenza per Berlino. La maggioranza nell’Ue è una “coalizione pro guerra”, ha detto il premier ungherese. “Liberali, sinistra e Partito popolare europeo, guidato da Manfred Weber che ha un ruolo di Belzebù nel deterioramento della politica di Bruxelles, hanno concordato un programma che non va bene per l’Ungheria”, ha aggiunto Orbán, che lunedì sarà a Roma e mercoledì a Parigi. La minaccia è il veto sull’Agenda strategica, che fissa le priorità per i prossimi cinque anni e deve essere approvata dal Consiglio europeo. La strategia distruttiva di Orbán offre a Meloni una via d’uscita dall’isolamento, a condizione di non fare squadra con lui.