Contro la letteratura
Le bombe su Kharkiv bruciano la cultura ucraina: è lo schema russo, da Mariupol a Chernihiv
La Faktor Drunk è una delle principali tipografia ucraine e a maggio è stata colpita da un bombardamento: sono morte sette persone, 22 feriti. Sono stati bruciati e distrutti macchinari e libri. Il direttore dell'azienda al Foglio: "Spariti ottantamila libri, per Putin sono un'ossessione"
Kharkiv, dalla nostra inviata. Un po’ più dell’ottanta per cento dei libri ucraini viene stampato nella zona di Kharkiv, e circa un libro su tre appoggiato sui comodini o sugli scaffali delle librerie in tutto il paese lo ha prodotto la Faktor Druk. Il 25 maggio i russi hanno lanciato due bombe contro il grande stabilimento della Faktor a Kharkiv, hanno ammazzato sette persone, cinque lavoratrici e due lavoratori, hanno distrutto i macchinari italiani e tedeschi e hanno appiccato il fuoco ai grandi rotoli di carta e ai volumi. “In un giorno sono bruciati ottantatremila libri”, dice al Foglio Serhii Polituchniy, il direttore della Faktor. All’ora del bombardamento c’erano cinquanta operai dentro la fabbrica. La prima bomba è esplosa a mezz’aria in tanti pezzettini di metallo che sono volati contro i lavoratori alla velocità dei proiettili, oltre ai sette morti ci sono ventidue feriti e alcuni sono ancora in ospedale in condizioni gravi; la seconda bomba si è schiantata contro una parete e l’ha fatta crollare. Kharkiv è la capitale letteraria dell’Ucraina: “Non ho mai creduto che tutti i libri distrutti in questa guerra fossero un effetto collaterale, mi sembra che per l’esercito di Putin siano piuttosto un’ossessione”, prosegue Serhii.
Una delle prime azioni dei soldati russi all’inizio dell’invasione totale era stata un bombardamento mirato contro un archivio nella città di Chernihiv. Un archivio famoso per essere il posto dove venivano custoditi i documenti sulla repressione del Kgb contro i dissidenti ucraini, oltre a quelli prodotti dall’Unione sovietica di Stalin e che riguardavano l’Holodomor. A cento chilometri da qui, a Kupyansk, subito dopo la liberazione, le maestre raccontavano che i russi avevano ammassato e distrutto tutti i libri di storia delle scuole medie. A Mariupol, dopo la conquista russa della città, si è creata una montagna di libri sul marciapiede di fronte all’ingresso dell’Università Pryazovskyi. Le finestre al piano della biblioteca non esistevano più, le bombe si erano portate via i vetri mesi prima, e i soldati russi avevano buttano tutti libri sulla strada direttamente da quei buchi nelle pareti. Nel primo anno di guerra, la Biblioteca nazionale ucraina aveva contato oltre trecento biblioteche regionali e migliaia di biblioteche scolastiche distrutte, e la presidente dell’Associazione bibliotecaria, Oksana Bruy, disse: “È decisamente un numero troppo alto perché questo tipo di distruzione possa rientrare nella casistica dei danni involontari, questa è una distruzione sistematica”.
Serhii Polituchniy crede che il bombardamento contro il suo stabilimento faccia parte della stessa campagna e dice: “I russi sono fascisti. Io sono un russo nato sul Volga, ho vissuto metà della mia vita in Russia, ma non sono un fascista e loro lì lo sanno bene. Però non mi sopportano più perché per buona parte dei miei ex concittadini esiste soltanto la grande patria – più grande delle altre e che ha il diritto di schiacciare le altre – e il suo leader. E io non sono né un patriota nel senso perverso in cui lo intendono loro, nel senso fascista, né un putinista. Vorrei soltanto stampare i miei libri in pace”.
Andriy Kalanchuk, il direttore della produzione alla Faktor Druk, il 25 maggio ha lasciato la fabbrica venticinque secondi prima dell’impatto delle bombe. “Quando si è sentita l’esplosione, tutti sono scappati e io invece sono corso dentro. Non so perché, probabilmente perché io ero vivo, ma tutti gli altri, tutte queste persone che ho messo io a lavorare, non sapevo se fossero vive anche loro. Ho trascinato due corpi fuori dal fumo, uno è ancora in terapia intensiva”.
A Kharkiv è partita una colletta, gli italiani e i tedeschi hanno detto che per i macchinari per la stampa e per la rilegatura non c’è da preoccuparsi, che una soluzione la si trova. Gli organizzatori della colletta dicono che si sono mossi subito perché la risposta ucraina alla distruzione sistematica dei propri libri è stata chiara e non si deve fermare: l’anno scorso a Kyiv hanno aperto cento nuove librerie. Secondo la Camera di commercio per l’editoria ucraina, la diffusione dei libri è più che raddoppiata nel 2023 rispetto al primo anno di guerra, da undici milioni di copie nel 2022 a ventiquattro milioni l’anno successivo. I titoli che si possono leggere in ucraino oggi sono più di quindicimila, quando è cominciata l’invasione erano novemila. “Contiamo di rimettere in piedi la fabbrica in sei mesi. Il quaranta per cento dei libri scolastici di questo paese lo facciamo noi alla Faktor Druk, e non ci possiamo permettere di stare fermi perché non possiamo permettere a Vladimir Putin di fermare le scuole dei nostri figli un’altra volta”.