corsi e ricorsi
Il passato fra Tokyo e Seul che torna e mette in mezzo la nostra Stintino
La manipolazione politica sulla tragedia delle donne vittime dei conflitti si concretizza in pieno nella statua delle “comfort women” inaugurata in Sardegna sabato scorso
Una statua non è mai soltanto una statua, soprattutto in Asia orientale. Perché è lì che il passato torna sempre, e diventa attualità, manipolazione politica, quella che rischia di mettere in discussione anche le alleanze rafforzate di oggi, con il mondo capovolto, aree di tensione e di conflitti, e un ordine del mondo minacciato dagli autoritarismi.
Quando sabato scorso al Faro di Stintino, su una delle coste più belle d’Italia (azzardiamo: d’Europa), è stata inaugurata la “Statua della Pace”, come anticipato nella newsletter Katane del Foglio, a seguire l’evento c’erano più giornalisti asiatici che italiani. E pensare che la sindaca di Stintino, Rita Limbania Vallebella, avvocata, eletta con una lista civica due anni fa dopo un’esperienza da consulente al Parlamento europeo e da sempre molto attenta ai temi che riguardano le donne e la violenza sulle donne, avrebbe voluto soltanto inaugurare una statua “per tenere alta l’attenzione sulla violenza contro le donne durante tutti i conflitti, anche quelli attuali”, ha spiegato al Foglio. L’opera è fatta così: una bambina seduta su una sedia, e un'altra sedia vuota accanto a lei. Gliel’aveva offerta alla fine dell’anno scorso una fondazione sudcoreana con un nome articolato: la Korean Council for Justice and Remembrance for the Issues of Military Sexual Slavery by Japan, che sin dagli anni Novanta si occupa di tenere in vita la memoria delle donne coreane chiamate “donne di conforto dell’esercito giapponese”: sono le donne che furono offerte come schiave sessuali all’Impero nipponico durante la sua occupazione della penisola coreana, ma che secondo la versione giapponese sarebbero state delle prostitute, regolarmente retribuite per i loro servizi. Gli storici a una verità assoluta non ci sono mai arrivati. Chi si sposta su una posizione, oppure su un’altra, è sistematicamente accusato di essere dalla parte dei giapponesi oppure dei coreani.
Da decenni i governi di Seul e Tokyo cercano di risolvere la questione, mettere un punto e andare oltre, e ci erano quasi riusciti nel 2015, in un accordo che era stato considerato storico e che prevedeva il riconoscimento delle responsabilità da parte del Giappone e la formazione di una nuova fondazione indipendente che avrebbe ricevuto le compensazioni per le vittime. L’accordo durò pochissimo, e fu cancellato definitivamente nel 2019 dall’Amministrazione sudcoreana del democratico Moon Jae-in, anche per via delle pressioni ricevute dai gruppi d’interesse come quello della fondazione. La Korean Council è molto nota a chi si occupa di questioni asiatiche anche per via della sua vicinanza ai movimenti di sinistra sudcoreani, e a una certa lobby antigiapponese che si estende anche fuori dai confini nazionali, spesso criticata per un uso un po’ disinvolto dei soldi delle donazioni e per avere obiettivi politici, piuttosto che etici e morali. Sono loro a promuovere la Statua della Pace, opera della coppia di scultori sudcoreani Kim Seo-kyung e Kim Eun-sung, istallata per la prima volta nel 2011 sul marciapiede davanti all’edificio che ospita l’ambasciata giapponese a Seul, nella capitale sudcoreana.
La statua di Stintino è la quattordicesima fuori dai confini sudcoreani e la seconda in tutta Europa: l’altra si trova a Berlino, e pure lì, dopo l’istallazione nel settembre del 2020, ci sono state diverse polemiche. Il sindaco della capitale tedesca, Kai Wegner, il mese scorso ha fatto sapere di essere in difficoltà, perché vuole che sia “un monumento contro la violenza sulle donne, ma non dovrebbe più esserci una rappresentazione unilaterale”.
Il caso Stintino rappresenta soprattutto lo scontro politico fra Corea del sud e Giappone che riaffiora prepotentemente ogni volta che c’è aria di cambiamento politico: giovedì scorso l’ambasciatore giapponese in Italia, Satoshi Suzuki, si è recato fisicamente nella città sarda per parlare con la sindaca Vallebella, ed esporle le sue perplessità, e spiegare perché il suo governo “si oppone a quella statua”. Ieri Lee Jae-myeong, leader del Partito Democratico sudcoreano e dell’opposizione al governo, ha tirato fuori la vicenda di Stintino durante un dibattito in Parlamento a Seul, e ha detto che il presidente Yoon Suk-yeol dovrebbe “reagire al tentativo di sabotaggio” da parte di Tokyo. “Mai avrei pensato di potermi ritrovare nel mezzo di una crisi diplomatica”, dice Vallabella. Che però rivendica la decisione: lei voleva solo una statua che rappresentasse la violenza contro le donne durante i conflitti. Sono gli altri che ne fanno materia di scontro.