Alleanze ideali

Nigel Farage piazza nel dibattito la retorica russa sulla Nato e quella trumpiana sull'immigrazione

Paola Peduzzi

Le ingerenze russe nella politica del Regno Unito e il declinismo caro agli eversivi. Il ritorno del leader di Reform Uk, indipendentista e architetto della Brexit, ai suoi grandi classici: gli uomini forti, l’occidente debole

Dopo aver tentato di far passare per credibile il suo piano economico, senza riuscirci, Nigel Farage è tornato ai suoi grandi classici: gli uomini forti, l’occidente debole. Il leader di Reform Uk, indipendentista e architetto della Brexit, ha presentato il manifesto elettorale in vista del voto britannico del 4 luglio la settimana scorsa e non ha avuto i riscontri che sperava: non ha un programma per il Regno Unito, ma soltanto slogan efficaci,  un tormentone, cioè l’invasione degli immigrati, e ispirazioni internazionali ben avviate. Così in un’intervista di cui si è parlato per tutto il fine settimana, Farage ha detto che è stata la Nato a indurre la Russia a invadere l’Ucraina e poi, avendo catturato l’attenzione, ha rielaborato in altre interviste questa sua idea, che in sintesi è: lo dico da quando è caduto il Muro di Berlino che la politica espansionistica dell’Alleanza atlantica avrebbe finito per mettere in pericolo gli ex paesi del blocco sovietico e provocare la Russia. Nel dibattito continentale questa posizione non è certo originale, ma nel Regno Unito un po’ lo è, perché i tre grandi partiti del paese, Labour, Tory e Libdem, sono a favore del sostegno dell’Ucraina, militare, finanziario e umanitario. Il fatto che Farage abbia dato tanta visibilità alla propaganda del Cremlino e filorussa ha riportato la memoria al suo grande capolavoro, cioè la vittoria della Brexit al referendum di otto anni fa, al contributo russo a quella campagna, in termini di fondi e di disinformazione, e ovviamente all’avvento di Donald Trump, sempre otto anni fa, nel 2016 degli sconvolgimenti.  

 

In realtà Farage si è molto offeso con il Daily Mail (lo ha querelato) che lo ha definito, nei suoi titoloni da tabloid, un alleato di Vladimir Putin: non sono un alleato del presidente russo che ho spesso criticato e che non avrebbe mai dovuto invadere l’Ucraina, ha detto il leader di Reform Uk, sostengo soltanto l’idea, da sempre, che l’allargamento verso est dell’Alleanza atlantica avrebbe causato una inevitabile reazione russa. La differenza è talmente sottile da essere quasi invisibile, ma in questo pertugio  Farage infila la sua spiegazione: il Daily Mail è un giornale conservatore “che collabora con il Cremlino per proteggere i Tory”. L’obiettivo dichiarato di Farage è il Partito conservatore, che vorrebbe annichilire a tal punto da poi proporsi come salvatore, e non è un caso che ieri, nell’ultimo rovescio di questa vicenda non edificante, il leader di Reform Uk se la sia  presa in particolare con l’ex premier Boris Johnson, il più “ipocrita” di tutti. Non sfuggirà a nessuno che Johnson è considerato l’ultimo conservatore con un seguito – la maggioranza di 80 parlamentari conservatori l’ha portata lui con la sua vittoria nel 2019 – e un possibile leader di ritorno se i Tory, come sembra, perderanno le elezioni del 4 luglio. Un bersaglio ideale per Farage, che ha accusato Johnson di aver tradito gli inglesi sulla Brexit e anche sul suo rapporto con la Russia e l’Ucraina, cosa un po’ difficile da sostenere con convinzione visto che l’ex premier è forse il politico occidentale più amato di Kyiv. 

 

A seguire questo filo di accuse e riaccuse, si rischia di perdersi, ma il format utilizzato da Farage è chiaro: l’occidente è allo stesso tempo aggressivo e provocatorio ma anche in declino, fragile, in attesa di un uomo forte che sappia dire la verità ai cittadini e cambi il sistema. Putin è un accidente di questa storia, Trump invece ne è il fulcro, e la corrispondenza transatlantica, con le foto di famiglia tra gli ori e gli specchi, si è saldata più volte. Farage ha detto ieri, nell’ennesima intervista, che Trump si è studiato tutti i suoi discorsi al Parlamento europeo (Farage non è mai stato parlamentare a Londra) e si è ispirato a lui. Trump che impara da Farage e non viceversa, chissà se l’ex presidente americano la prende bene.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi