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il reportage

A tu per tu con la guerra dei droni. Ecco come si difende Kharkiv

Cecilia Sala

La potenza di fuoco della Russia si sente di più nella città sotto attacco e gli ucraini hanno inventato nuove tecniche per resistere senza le munizioni occidentali. Un viaggio nella 92° brigata, dentro alle incursioni del battaglione Achille

Fronte di Liptsy, Kharkiv, dalla nostra inviata. La bestia pesa nove tonnellate, è alta due metri e mezzo e ha un cilindro sul tetto che serve a mandare nel pallone i droni russi se si avvicinano. E’ un veicolo con un jammer, un apparecchio che disturba le frequenze dei piccoli elicotteri senza pilota quando tentano di lanciare cariche esplosive sulle teste degli ucraini. I soldati la chiamano proprio così: la bestia. Se provi a incendiarla con un proiettile non ci riesci perché il sistema impiega tre millisecondi a rilevare il fuoco e poco più di duecento millisecondi a spegnerlo, grazie a una versione molto sofisticata di un estintore automatico che rilascia un gas calibrato per catturare l’ossigeno senza disturbare troppo la respirazione umana. Per questo dentro la bestia non si può fumare.

 

La bestia è un blindato ucraino fatto di acciaio montato su un telaio Ford, il suo nome tecnico è Sba Novator, l’innovatore. E’ il mezzo su cui si spostano gli uomini della 92° brigata, che combatté contro la Wehrmacht nazista nella Seconda guerra mondiale, che difese Kharkiv dal primo tentativo russo di conquistarla nel 2022 e che poi liberò la regione per intero nei mesi successivi costringendo i soldati di Putin a trascinare indietro i loro cannoni fino in Russia, da dove non hanno più la città nel loro raggio d’azione. Fu un successo importante. 

Il grande quartiere residenziale di Saltivka, settore nord di Kharkiv, nel 2022 era stato devastato dall’artiglieria e Vladimir Putin, quando ha ordinato di cominciare una nuova avanzata in questa regione il 10 maggio, voleva riportare le cose a com’erano allora. Ai mesi in cui poteva mettere in ginocchio la seconda città dell’Ucraina con un fuoco battente di migliaia di proiettili d’artiglieria, che sono molto più economici delle bombe guidate o dei missili e la Russia ne ha a disposizione una quantità immensa. Quando è partita l’invasione totale, Mosca aveva quindici milioni di munizioni per i cannoni nei suoi magazzini. Oggi spetta di nuovo alla 92° brigata tenere a distanza quei cannoni. 

E’ un compito che viene spontaneo ai soldati dell’unità con cui ci stiamo muovendo, che sono tutti nati a Kharkiv e in tempo di pace facevano uno il camionista, uno il capo cantiere e uno il dj: le case da proteggere dai cannoni sono quelle dei loro genitori e dei loro figli. Kharkiv è tornata ad avere un numero di abitanti simile a quello antecedente alla guerra. 

 

All’inizio dell’invasione totale si era ridotto di tre quarti ed era sceso a trecentomila persone. I negozi e le scuole ora sono aperti mentre nel 2022 erano chiusi oppure si erano dovuti trasferire nella metropolitana che funzionava come un grande bunker per tutta la città. La 92° deve proteggere le condizioni per come sono oggi ed evitare che tornino ad assomigliare a quelle di due anni fa.

E’ una brigata molto rispettata per i suoi successi e anche perché fa parte della fanteria, l’arma dell’esercito in cui è più pericoloso lavorare, quella che da sola sostiene più del 60 per cento delle perdite in questa guerra, che è assieme vecchissima e futuristica. Una guerra del 1914, condotta nelle trincee, e una guerra dove i protagonisti delle battaglie sono piccoli droni fabbricati con stampanti 3D da seicento euro, alimentati con le batterie delle sigarette elettroniche iQos, che trasportano bombe. Si chiamano droni Fpv – “First person view”, con la visuale in prima persona – e si manovrano con un visore sulla faccia e un joystick quasi uguale a quello della Playstation. Gli Fpv li hanno inventati gli ucraini e li hanno introdotti sul campo per sopperire alla disparità di munizioni rispetto ai russi, poi i russi li hanno copiati e anche loro sono diventati bravi a usarli. Il battaglione Achille della 92° brigata, quello che manovra i droni, ha accettato di portarci con sé a bordo della bestia in direzione della Russia. 

 

Tra i dronisti c’è un ragazzo con i segni di ferite profonde che vanno dalla mano destra fin su alla guancia, lui si occupa dei collegamenti: di fare in modo che il drone, mentre va a caccia del suo obiettivo, non perda mai il contatto con il visore che ha sugli occhi il suo pilota. Siamo a dieci minuti di auto dai russi che a maggio hanno varcato di nuovo i confini di questa regione a un anno dalla sua completa liberazione. I soldati di Putin sono partiti dalla zona di Belgorod, sono avanzati di otto chilometri scendendo verso sud e poi sono stati fermati all’altezza della cittadina di Lipsty, che è a quaranta minuti di auto dal centro di Kharkiv e vicina al punto in mezzo alla campagna dove ci troviamo.

Davanti alla squadra di dronisti del battaglione Achille ci sono quattro schermi: uno collegato alla telecamerina sul petto del drone Fpv che andrà all’attacco, uno per comunicare su Zoom con un’altra squadra che si occupa della ricognizione (non di colpire ma di raccogliere informazioni) e con cui si fa un lavoro congiunto, e poi uno – collegato a una telecamera a infrarossi piazzata a pochi metri da noi – per guardarsi le spalle. 

Si parte in volo. L’obiettivo è un capannone appena oltre la linea zero con dentro un po’ di russi, magari a manovrare droni con due chili e mezzo di esplosivo nel buio come noi. Gli Fpv di Mosca hanno fatto fallire la controffensiva d’estate ucraina un anno fa perché hanno trasformato i cieli sopra il campo di battaglia e hanno reso meno efficaci i carri armati spediti dall’occidente a Kyiv. Con un drone che non costa nemmeno mille dollari puoi mettere in crisi mezzi militari che valgono centinaia di migliaia di dollari e anche di più. E questo spiega perché oggi attorno a Lipsty si combatte a piedi e con gli elicotterini-robot di plastica. 

Su un iPad vediamo quello che vede il drone: attraversa un fiume, scruta i movimenti attorno, arriva sopra il tetto del capannone, poi gli prende le misure e gli piomba addosso con la bomba. “Bene, ora un altro. Nello stesso punto”, commenta il comandante Anatolii – nome di battaglia “Augusto”. Dmytro, il dj detto “il gatto”, va a prendere le bombe. Non ci si ferma a festeggiare la missione andata a segno perché c’è un effetto assuefazione. “Quando i russi hanno provato a marciare verso casa nostra un’altra volta, un mese e mezzo fa, da questa campagna lanciavamo contro di loro settanta droni al giorno. Poi siamo scesi a quaranta”. E questa è soltanto una squadra di cinque persone in un battaglione di centinaia di uomini. Sopra le nostre teste in questo settore del fronte ci sono un numero di droni in volo che Anatolii stima in almeno cinquemila. Se il pilota è esperto, non li senti ronzare finché non sono troppo vicini perché tu possa scappare. 

Caricate le batterie e l’esplosivo altri due Fpv partono nella stessa direzione, fanno un altro buco nel tetto del capannone e sfondano una delle quattro pareti. “Qui all’alba devono entrare i nostri ragazzi. E noi ci teniamo alle vite umane. Sui manuali c’è scritto di lanciare una granata dentro a una trincea quando vai all’assalto, ma io ne lancio due o tre. Perché un russo ferito può ancora uccidermi mentre un russo morto non può farlo”.

E dopo quelli partono ancora altri Fpv, a dare il tormento alle postazioni russe. E’ un’idea da cartone animato, il piccolo drone che ti viene addosso con una granata, ma applicata su una scala di massa è una tecnica di combattimento brutale. Perché prima di morire, quando ti accorgi di avere un drone sulla testa che ti insegue, hai molti secondi per capire cosa sta succedendo e infatti alcuni soldati si inginocchiano a pregare. Con le cannonate questo non succede. Per adesso non ci sono contromisure efficaci, anche se naturalmente ci sono studi frenetici per scoprire come fermare gli Fpv. 

E’ stata un’evoluzione a sorpresa della guerra ordinata da Putin. E gli ucraini dicono che è stata prodotta anche – in parte – dalla riluttanza dei governi occidentali alleati di Kyiv, che da più di due anni non riescono a fornire il numero di proiettili d’artiglieria che servirebbe a tenere distanti le truppe russe quando fanno irruzione attraverso il confine.

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