Negoziati a ostacoli
Su tutte le iniziative dell'Ue per l'Ucraina pesa la minaccia di Orbán. Tre risultati importanti
Bruxelles approva un pacchetto da 1,4 miliardi per armare Kyiv e avvia i negoziati di adesione, ma il veto ungherese minaccia l'accordo sulle garanzie di sicurezza
Bruxelles. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, potrà rivendicare tre risultati importanti sul fronte europeo alla fine di questa settimana. I ministri degli Esteri dell’Unione europea lunedì hanno dato il via libera definitivo al trasferimento di 1,4 miliardi di euro di proventi straordinari degli attivi russi congelati dalle sanzioni per finanziare gli acquisti di armi per l’Ucraina. “Vladimir Putin si sta preparando a una lunga guerra, il percorso diplomatico deve andare avanti ma dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina”, ha detto l’Alto rappresentante, Josep Borrell, che ha usato diversi espedienti giuridici per aggirare un potenziale veto dell’Ungheria.
Ieri si è tenuta la prima Conferenza intergovernativa tra l’Unione europea e l’Ucraina per avviare formalmente i negoziati di adesione. “Quando abbiamo firmato la richiesta di adesione all’Ue al quinto giorno della guerra, molti avevano detto che non era nient’altro che un sogno”, ha ricordato ieri Zelensky. L’avvio dei negoziati “dimostra che tutti gli ucraini insieme, tutti gli europei insieme, sono capaci di realizzare perfino i sogni più grandi, capaci di vincere”, ha detto il presidente ucraino.
Domani lo stesso Zelensky dovrebbe arrivare a Bruxelles per firmare l’accordo sulle garanzie di sicurezza fornite dall’Ue all’Ucraina. Il testo ha ricevuto l’avallo definitivo ieri dai ministri per gli Affari europei dei ventisette stati membri.
Altri tre pezzi europei del complesso puzzle per rafforzare la posizione dell’Ucraina stanno andando in ordine. Si aggiungono al pacchetto di aiuti finanziari da 50 miliardi di euro per i prossimi tre anni concordato a febbraio e al prestito da circa 50 miliardi di dollari a Kyiv che il G7 si è impegnato a fornire alla fine dell’anno. Eppure l’eccesso di ottimismo sarebbe ingiustificato. Su tutte le iniziative lanciate dall’Ue a favore dell’Ucraina pesa la minaccia di Viktor Orbán che, grazie al potere di veto, conserva tutto il suo potenziale dirompente. Lo stesso Zelensky lo ha imparato nel corso degli ultimi 28 mesi. Il primo ministro ungherese è riuscito costantemente a sabotare, ostacolare e rallentare l’azione dell’Ue a favore dell’Ucraina. L’Ungheria continua a bloccare quasi 7 miliardi di euro della European Peace Facility per finanziare le forniture di armi per Kyiv: 2 miliardi servono a rimborsare gli stati membri che hanno già trasferito equipaggiamento dai loro stock; altri 5 miliardi sono stati stanziati per gli acquisti di materiale militare solo quest’anno. Sull’adesione all’Ue, prima ancora della Conferenza intergovernativa, l’Ungheria ha fatto sapere che impedirà l’apertura dei singoli capitoli negoziali, paralizzando tutto il processo. Il veto garantisce a Orbán la possibilità di far saltare anche l’attuazione dell’accordo sulle garanzie di sicurezza dell’Ue e il prestito del G7. I diplomatici dell’Ue sono al lavoro per cercare altri espedienti giuridici, ma una soluzione definitiva non è stata trovata.
L’accordo sulle garanzie di sicurezza prevede che l’Ue fornisca 5 miliardi di euro l’anno fino al 2027 per gli acquisti di armi attraverso la European Peace Facility. Il documento impegna l’Ue a sostenere Kyiv sul piano civile e militare — compreso il rafforzamento dell’industria militare ucraina — e a continuare ad applicare le sanzioni contro la Russia. Il processo di adesione fa parte delle garanzie di sicurezza, anche se per il momento limitato all’integrazione dell’Ucraina al mercato unico europeo. Per parte sua l’Ucraina si impegna al rispetto dei princìpi democratici e dello stato di diritto, a proseguire il percorso delle riforme, a rafforzare la trasparenza e i controlli sugli aiuti ricevuti dall’Ue. Kyiv dovrà anche “contribuire positivamente” alla sicurezza dell’Ue, fornendo informazioni di intelligence e condividendo le lezioni apprese sul campo di battaglia.
L’accordo è vantaggioso per tutti. Ma le garanzie di sicurezza dell’Ue – contrariamente a quelle fornite dai singoli stati membri in via bilaterale – sono soggette ai sabotaggi di Orbán. Sia sui 5 miliardi di euro l’anno per le armi, sia sul proseguimento delle sanzioni, il premier ungherese può ricorrere al veto. Il rinnovo costante delle sanzioni è anche essenziale per mantenere la promessa del G7 sul prestito da 50 miliardi. Per la parte europea, il rimborso dovrebbe essere effettuato utilizzando i proventi straordinari degli attivi russi congelati dalle sanzioni. Ma le misure restrittive devono essere rinnovate ogni sei mesi. Basta il veto di un solo paese per scongelare i quasi 200 miliardi di asset della Russia bloccati nell’Ue.
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