I problemi di bilancio della Russia

Luciano Capone

Il Cremlino prepara il nuovo budget. Il pil russo cresce, ma le spese militari corrono di più e il governo ci mette una toppa aumentando le tasse. Il complesso militare-industriale è il motore dell'economia, ma anche la sua principale vulnerabilità

In Russia la Duma sta discutendo il nuovo bilancio federale, per dare forma alle indicazioni di Vladimir Putin. Il quadro dell’economia è apparentemente positivo: per il 2024 il tasso di crescita del pil è previsto in aumento dal 2,3 al 2,8 per cento, per via di una crescita sopra le aspettative nella prima parte dell’anno. Questa dinamicità, però, a sua volta spinge all’insù l’inflazione che è prevista crescere dal 4,5 al 5,1 per cento. Il deficit, invece, è previsto in crescita dallo 0,9 all’1,1 per cento a causa dell’aumento delle spese.

Il quadro, insomma, è buono soprattutto se si considera l’impegno nella guerra e il regime di sanzioni occidentali. Ma, in realtà, sotto questi dati ci sono molte criticità. La prima è appunto l’aumento delle spese connesse alla guerra, che hanno costretto la Russia a un incremento strutturale delle tasse con l’abbandono della flat tax, sostituita da un regime progressivo a cinque aliquote, e l’aumento delle imposte sulle imprese dal 20 al 25 per cento. Inoltre, per frenare l’inflazione ora all’8,3 per cento e con aspettative a breve e medio termine in aumento, la Banca centrale russa potrebbe essere costretta ad alzare i tassi (ora al 16 per cento), in linea con la politica monetaria storicamente attenta della governatrice Elvira Nabiullina.

Ma il tema fondamentale resta la spesa. Quando lo scorso anno il Cremlino approvò il bilancio per il 2024 prevedeva un’esplosione della spesa per la difesa al 6 per cento del pil (livelli che non si vedevano dai tempi della Guerra fredda) e, allo stesso tempo, un ritorno alla normalità nel biennio successivo, con le spese militari che si sarebbero ridotte di un terzo. In realtà sta accadendo il contrario. E, secondo l’analisi del giornale specialistico sull’economia russa The Bell, lo sforzo bellico è destinato ad aumentare per vari motivi, interni ed esterni.

Il primo è che le spese militari stanno aumentando in tutto il mondo, in particolare nella Nato (che per la prima volta dopo decenni vedrà 23 paesi su 31 superare la soglia del 2 per cento del pil), e pertanto è improbabile che Putin riduca le spese mentre il suo nemico strategico si rafforza. Il secondo, collegato al primo, è che l’Ucraina ha ricevuto un pacchetto di aiuto da 60 miliardi di dollari dagli Stati Uniti e questo costringe la Russia a continuare ad armarsi. Il terzo motivo è che i costi saranno gonfiati dall’inflazione, a sua volta trainata dall’aumento del costo del lavoro, che in Russia aumenta in generale per la scarsità di lavoratori e, nello specifico, nel settore della difesa ancora di più.

Il quarto è che, dopo l’invasione dell’Ucraina, c’è stato un cambiamento strutturale nell’economia russa: il complesso militare industriale è diventato il principale motore di sviluppo del paese, ciò che guida gli obiettivi politici del regime e traina il resto dell’economia: tutto ciò che cresce nell’industria è legato al settore della difesa, e quindi alle spese del Cremlino. Al recente forum di San Pietroburgo, il consigliere economico di Putin, Maxim Oreshkin, ha espresso chiaramente questo concetto dicendo che “non può esserci un’economia di successo senza un esercito di successo”.

L’Occidente potrebbe trasformare l’enorme spesa militare in una vulnerabilità del regime, colpendo le entrate. Ma, come mostra l’analisi della Kyiv School of Economics, Stati Uniti ed Europa hanno smesso di fare enforcement sulle sanzioni e in particolare sul price cap sul petrolio, che nel frattempo la Russia ha imparato ad aggirare costruendo una flotta ombra.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali