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Verso le legislative

Le molte incognite elettorali nella Francia che va al voto

Jean-Pierre Darnis

La confusione a sinistra e l’ipotesi di un governo tecnico. Guida alle elezioni d'oltralpe, tra popolarità locale come fattore di consenso e candidature dissidenti
 

Se proiettiamo la tendenza alle elezioni europee in Francia sulle elezioni politiche che si tengono a distanza molto ravvicinata, il Rassemblement national sembra in grado di imporsi nello scenario nazionale. Un’ipotesi che rimane molto forte, ma esistono anche variabili difficili da calcolare. Il primo parametro risiede nella differenza tra i due scrutini: mentre le elezioni europee si svolgono al proporzionale di lista su basi nazionali, le politiche (legislative) francesi sono uno scrutinio uninominale maggioritario a doppio turno, una competizione diversa per ogni collegio con un sistema di ballottaggio fra i due turni per i candidati che superano i 12,5 per cento degli iscritti, il che nella maggior parte dei casi crea al secondo turno dei duelli ma a volte può portare anche a scontrarsi tre candidati.

Alle legislative entra quindi in gioco la popolarità locale come fattore di consenso nel collegio, il che può contrastare la tendenza nazionale e rappresenta la potenziale differenza fra un voto di protesta espresso alle europee e un voto di gestione alle politiche. In un certo numero di collegi ci sono poi le candidature “dissidenti”, deputati della precedente legislatura  che non sono stati riconfermati dalla loro formazione politica, e che si presentano contro il candidato del loro stesso campo al primo turno, aumentando la dispersione dei voti. E’ ad esempio il caso di alcune personalità della  France insoumise (Lfi), come Alexis Corbière, che in opposizione alla linea espressa da Jean-Luc Mélenchon non è stato ricandidato nella suo collegio della Seine-Saint-Denis e ha deciso di correre contro il candidato Lfi, creando confusione a sinistra. Lo stesso accade con la candidatura del macronista Gilles Le Gendre nella seconda circoscrizione di Parigi. A sinistra  ci sono ben 16 candidature “dissidenti” del Nuovo fronte popolare (Nfp), ma anche una trentina di candidati del Nuovo partito anticapitalista, formazione fuori del perimetro del Nfp.  
 

A seguito dell’accordo tra l’ex presidente del partito Les Républicains, Éric Ciotti, e il Rassemblement National,  c’è poi una spaccatura fra i candidati che si presentano nelle liste “Gli amici di Ciotti” e i candidati “Les Républicains”, che si contendono lo stesso elettorato. Inoltre ci sono dei collegi dove il partito di Macron non presenta candidati già al primo turno per favorire la logica dell’“arco repubblicano” e contrastare l’elezione di candidati del Rn. I sondaggi più recenti indicano una partecipazione alta, attorno al 64  per cento – alle ultime politiche era del 48 per cento e alle europee del  51,8 per cento. Questa potenziale mobilitazione potrebbe  far variare la tendenza registrata alle  europee.  
Alle ultime politiche del 2022 il partito di Macron, Ensemble, ottenne  245 deputati. Nel contesto attuale una delle poche certezze è che il risultato dovrebbe essere nettamente inferiore, data la crescita sia del Rassemblement national, sia della sinistra unita nel Nuovo fronte popolare. Ma anche qui  ci sono margini che vanno da una disfatta pressoché totale a una capacità di mantenimento se il campo centrista si  dovesse mobilitare – anche turandosi il naso, tanto è grande ormai la diffidenza nei  confronti di Macron. La maggioranza che Macron aveva creato nel 2017 sparirà, ma non è ancora dato capire se si andrà verso un “monocolore Rn”, oppure se la sinistra e il centro-destra riusciranno a impedire al partito di Le Pen di raggiungere la maggioranza assoluta a quota 289 deputati.  Quest’ipotesi  creerebbe un’inedita situazione di stallo, nella quale alcuni stanno già  evocando l’italianissima ipotesi di un “governo tecnico” di unità nazionale.