La furia di Hamas
Manifesto contro l'oblio sul 7 ottobre, "il crimine più pubblicizzato della storia"
In Francia è uscito il libro "7 ottobre. Manifesto contro la cancellazione di un crimine", un lavoro collettivo che sulla copertina di ogni copia ha un nome diverso delle 1.160 vittime del massacro. A sostenere la memoria delle atrocità ottanta tra politici e intellettuali di destra e sinistra
Michel Houellebecq, l’iraniana Abnousse Shalmani, Bernard-Henri Lévy, Elie Barnavi, Anne Hidalgo... Sono ottanta, di destra e di sinistra, e si oppongono alla cancellazione di un crimine già praticamente evaporato. Lungi dall’essere inteso come un crimine contro l’umanità, secondo la tradizione di Srebrenica o del Darfur, il 7 ottobre, secondo questi autori, ha cessato di esistere come evento. Sarah Fainberg dell’Università di Tel Aviv ha curato il lavoro collettivo di questi ottanta nel libro “7 ottobre. Manifesto contro la cancellazione di un crimine” uscito in Francia. Un giorno e mezzo dopo il 7 ottobre, mentre in Israele non avevano ancora compreso la portata del massacro, a Parigi, a Milano, a Washington e a Londra era stato già elaborato un quadro interpretativo. Poi è apparsa una parola, la parola chiave sul 7 ottobre: “contesto”. Ogni copia di questo libro porta in copertina il nome diverso di una delle 1.160 vittime. Scrive Fainberg: “È il primo ‘pogrom TikTok’ della storia. Il desiderio dei terroristi era di trasmetterlo immediatamente, istantaneamente e in diretta”. Da qui la domanda del libro: com’è possibile che il crimine più pubblicizzato del XXI secolo sia stato così rapidamente annacquato e cancellato?”.
La seconda innovazione è che abbiamo assistito a una combinazione di metodi utilizzati dalle Einsatzgruppen naziste e dall’Isis. “Come durante l’‘Olocausto dei proiettili’, abbiamo visto la partecipazione dei civili al massacro. Anche la parte attiva dei civili di Gaza in questo crimine è circondata da un immenso tabù in occidente. E come durante i raid dell’Isis, i corpi delle vittime furono fatti a pezzi, smembrati, le donne violentate, pratiche che non erano quelle dei nazisti”. Ci sono volute sei settimane per identificare le ceneri della bambina Liel Hetzroni, bruciata viva nel kibbutz Be’eri. “Non si trattava solo di uccidere, ma di creare una profanazione genocida nella terra-rifugio di Israele. Ci sono voluti quattro mesi e mezzo perché gli stupri di massa venissero riconosciuti da UN Women”.
Ultima cancellazione: gli ostaggi. “Non se ne parla quasi più. Il silenzio è assordante. Alla fine, Gaza ha cancellato gli ostaggi”. Uno degli autori del libro è il romanziere algerino Boualem Sansal. Attacca le “camicie nere che coltivano l’odio contro l’ebreo sotto la nobile terra di Gaza, e altrove nei territori perduti del mondo, in preparazione alla ‘Madre delle Battaglie’ che aspetta solo che la bomba atomica cada su Israele”. I piani aberranti hanno questo a loro favore: più sono grandi, più è probabile che si realizzino. “La prova, il 7 ottobre, impensabile il giorno prima”. Un’altra prova? “Il fervente sostegno dell’opinione occidentale ai nazisti di Hamas. Da qui lo straordinario assioma: la distruzione di Israele porterà pace e prosperità al mondo e i paesi musulmani svezzati dall’odio e guariti dalla peste diventeranno finalmente delle belle democrazie”. Nell’opinione pubblica c’è un sentimento diffuso, avverte Sansal: “Non vogliamo che l’ebreo muoia, ma non arriviamo a impedire che altri lo facciano”. Scrive che i morti di Israele sono i nostri morti: “Sono i nostri figli, le nostre sorelle, i nostri fratelli, hanno nomi e volti bellissimi, torturati, sgozzati, smembrati, bruciati. È a loro che penso, non all’umanità che può aspettare”. Infine l’ultima, terribile, frase: “È come negli anni ’40: ‘Dammi i tuoi ebrei e ti darò la vita’. Qua e là siamo pronti allo scambio”. Molte le offerte in giro.
L'editoriale dell'elefantino