crisi boliviana

Un tentato golpe in Bolivia è fallito. Arrestato il generale Zúñiga

Maurizio Stefanini

Il generale dice che voleva solo far cambiare i ministri, sostituendoli con militari, e di avere avuto il sostegno del presidente Arce. Accordo smentito da fonti vicine al presidente, che ha denunciato il colpo di stato. La situazione

È stato un golpe dagli aspetti indubbiamente curiosi, quello che il presidente boliviano Luis Arce dice di aver sventato con la destituzione e arresto del comandante dell’esercito Juan José Zúñiga, e che Zúñiga dice che invece era stato concordato con lui. Più precisamente il generale dice che voleva solo far cambiare i ministri e non il presidente, sostituendoli anche con militari. Prima di essere arrestato dalla polizia ha infatti rilasciato una rapida conferenza stampa (nel video qui sopra) in cui ha raccontato: “Domenica mi sono riunito con il Presidente e lui mi ha detto che la situazione è molto ‘jodida’”. La più corrente traduzione italiana di questo termine sarebbe “fottuta”, ma forse qua andrebbe meglio “incasinata”. Dunque, “mi ha detto che la situazione è molto incasinata, che questa settimana sarebbe stata critica e che era necessario preparare qualcosa per risollevare la sua popolarità. Io gli ho chiesto: ‘tiriamo fuori i blindati?’ ‘Tira’”. In concreto, ne ha “tirati fuori” 26, che hanno occupato la Plaza Murillo, di fronte alla sede del governo. Uno ha forzato il portone dello stesso Palacio de Gobierno, dove alcuni militari sono entrati. Ma poi dopo qualche ora hanno ripiegato.

 

 

L’accordo è stato smentito da fonti vicine al presidente, che ha denunciato il “colpo di stato”, ha appunto destituito i vertici militari, ha detto che “resisterà” ed ha chiamato a “mobilitazioni” per difendere la democrazia. Zuñiga nella sua ultima conferenza stampa ha anche detto che il suo obiettivo era stabilire una “vera democrazia” e liberare “tutti i prigionieri politici”. Tra loro Jeanine Añez: presidente a interim dal 12 novembre 2019, dopo la fuga di Evo Morales in seguito ai disordini seguiti a elezioni cui si era presentato pur con un divieto costituzionale; e l’8 novembre 2020, dopo le elezioni che avevano visto la vittoria di Luis Arce. Già efficiente ministro dell’Economia di Morales, e suo delfino. Una volta eletto ha in effetti mandato la Añez in prigione e non solo lei. Zuñiga tra i prigionieri da liberare ha citato Luis Fernando Camacho: governatore del dipartimento di Santa Cruz e leader di destra che alle elezioni del 18 ottobre 2020 prese il 14 per cento, contro il 55,11 di Arce e il 28,83 del centrista e a sua volta ex-presidente Carlos Mesa. E anche “tutti i militari detenuti”, appunto per non aver risposto alle richieste di Morales di intervenire contro le proteste.

   

Il presidente boliviano Luis Arce circondato da sostenitori e media, fuori dal palazzo del governo a La Paz (AP Photo/Juan Karita) 

 

Però dopo un po’ Arce e Morales hanno rotto nel modo più clamoroso, appunto perché il presidente non ha voluto fare da mero prestanome. Il partito Movimento al Socialismo (Mas) si è spaccato in due ali, ognuna delle quali ha espulso i rivali. La magistratura ha vietato a Morales di ricandidarsi alle prossime presidenziali con una manovra dietro cui è stato vista l’evidente “manina” di Arce. I seguaci di Morales hanno risposto con mobilitazioni che si aggiungono a quelle di chi si oppone a tutti e due, come quelle recenti degli autotrasportatori. Insomma, dopo il triello alla messicana dei film, un triello alla boliviana, anche se forse per la divisione tra Mesa e Camacho potremmo parlare addirittura di quadriello.

  

Comunque, a livello internazionale era subito arrivata una condanna unanime del possibile golpe. Non solo Onu, Ue, Osa o governi di sinistra come quelli di Lula, Boric, Petro o Sánchez, ma anche il leader dei popolari spagnoli Alberto Núñez Feijóo o la ministro degli Esteri di Milei Diana Mondino. Anche Jeanine Añez dal carcere lo ha criticato duramente.

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