Foto LaPresse

L'editoriale del direttore

Godersi il momento Kallas e l'Ue che investe sull'alto rappresentante al trollaggio anti putiniano

Claudio Cerasa

L'estone Kaja Kallas potrebbe diventare la nuova rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri. In opposizione fin da principio all'invasione russa, dovrà affrontare anche il Green Deal e le politiche migratorie 

Non riusciamo ancora a credere ai nostri occhi, lo confessiamo, e per questo pensiamo che sia solo un magnifico sogno, un formidabile abbaglio estivo, una splendida visione generata dai primi caldi estivi, che a prescindere da quella che sarà la scelta finale resta l’immagine che simboleggia meglio, nel modo più profondo possibile, ciò che attende l’Europa nei prossimi cinque anni. Ogni cinque anni, lo sapete, l’Europa, al momento del dunque, quando ci sono i posti chiave da negoziare, deve fingere di avere quello che non ha, ovvero una politica estera, e deve trovare qualcosa di simile a un fantoccio politico per provare a dimostrare il contrario. Nel passato, il ruolo del fantoccio, il ruolo dell’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri, è stato affidato a figure che non a caso molti di voi faranno fatica a ricordare. Javier Solana, Catherine Ashton, Federica Mogherini, Josep Borrell. Oggi, salvo sorprese che speriamo non ci siano, quel ruolo potrebbe essere affidato a una figura diversa, che da sola incarnerebbe una direzione chiara, rotonda, forte, che è la stessa direzione inevitabile che imboccherà l’Europa nei prossimi anni quando si ritroverà a fare i conti con il suo corretto posizionamento nel mondo.

Parliamo naturalmente di Kaja Kallas, primo ministro estone, nemica giurata del putinismo, ricambiata, che nel corso degli ultimi anni è diventata uno dei simboli della lotta contro i nuovi totalitarismi che minacciano l’occidente. Lo è diventata per questioni famigliari, perché sua madre Kristi, insieme con sua nonna, durante le deportazioni sovietiche dell’Estonia fu deportata su un carro bestiame in Siberia, dove visse per vent’anni. E lo è diventata per tutto quello che il suo paese ha fatto in questi mesi, con i paesi baltici, per provare a indicare al resto dell’occidente, insieme con il presidente Zelensky, ieri a Bruxelles prima del Consiglio europeo, la strada giusta per difendere l’Europa. Pochi giorni dopo l’invasione dell’Ucraina è stata una delle prime leader in Europa a chiamare le cose con il loro nome, a dire che “se Putin non verrà punito per i suoi crimini, andrà avanti”, a dire che se Putin non verrà fermato presto “tornerà a fare quello che ha sempre fatto in modo ancora più duro di oggi” e a ricordare che ciò che l’occidente ha fatto in questi anni rispetto al regime putiniano non è aver fatto abbaiare la Nato alle porte della Russia (citazione nota) ma è aver commesso per due volte l’errore di chiudere gli occhi rispetto a ciò che la Russia aveva fatto prima in Georgia (2008) e poi in Crimea (nel 2014). L’Europa del futuro, quella che nascerà con la nuova maggioranza, una maggioranza che sarà molto simile a quella vecchia con in più una inevitabile grattuggiatina di melonismo, dovrà trovare una quadra su molti punti delicati, come la discontinuità dal Green deal, come le politiche sull’immigrazione, come l’evoluzione del mercato unico, ma su un punto non avrà bisogno di trovare una quadra, almeno si spera.

Perché quel punto è ciò che rappresenta il mastice dell’Europa del presente e del futuro e perché quel punto è rappresentato dalla signora Kallas, la cui presenza tra i vertici della nuova Europa aiuterà ad avere un magnifico alto rappresentante per il trollaggio russo e a ricordare anche agli smemorati che nei prossimi anni per difendere i confini della nostra democrazia, della nostra libertà e della nostra Europa sarà necessario sventolare meno le bandiere bianche e più le bandiere con i colori gialloblu dell’Ucraina.

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.