L'editoriale dell'elefantino

Solo Michelle Obama ci salverà

Giuliano Ferrara

Biden doveva provarci, ma ora è urgente il cambio di cavallo e l’investitura di una donna universalmente conosciuta che può scatenare una riscossa di cui l’America e il mondo hanno bisogno

La vecchiaia è una condizione speciale e meravigliosa, con tutti i suoi acciacchi e le sue vaghezze mentali. Anche ridotto così come lo abbiamo visto a Atlanta, Biden vale cento volte Trump, losco bugiardo che incanta l’America peggiore, a bunch of deplorables, un’immensa plaga di reietti che aspirano al potere per un delinquente insurrezionista in nome dei loro incubi complottisti, strong and wrong come diceva Bill Clinton. Ma questo è un giudizio morale, quasi una sentenza religiosa, però gli stati non si conducono con i paternoster, lo sappiamo dal Cinquecento. Le bugie e le pose forti, che promettono un futuro inesistente e minaccioso, prevalgono sul bilancio eccellente di una presidenza al capolinea dell’età, e bisogna farsene una ragione.

 
Michelle Obama è stata alla Casa Bianca otto anni, quattro più di Trump, con il marito e con Biden. Donna, nera, energica, carismatica e molto più giovane del suo possibile competitor sessista, maschilista, razzista e corrotto fin nelle midolla. Sopra tutto Michelle può ricostituire un sogno democratico con basi realiste, erede del moderatismo anche eccessivo del marito pragmatico, degli ideali anche farlocchi ma produttivi che ha incarnato, del suo stile wokista che è ormai una componente fissa del panorama d’opinione americano. Se fosse investita per acclamazione alla convention di Chicago, la battaglia sarebbe riaperta con buone probabilità di vittoria, migliori che con qualunque candidato anche perfetto ma relativamente sconosciuto. Cadrebbe l’argomento del sorpasso bianco su Kamala Harris, la vicepresidente che non è in grado di battere Trump, secondo tutti i sondaggi. Trump invecchierebbe di colpo e prenderebbe di rancido in un batter di mani. Sarebbe una battaglia sul futuro, con in più per Michelle la capacità di articolare con furia femminile e di minoranza etnica i risultati del vecchio politico sopravanzato dai suoi anni. Solo un sogno, per quanto si farebbe volentieri a meno degli scontri onirici nel paese guida dell’occidente, potrebbe battere gli incubi su cui vive e prospera The Donald.

  

   

Sarebbe uno scontro tra la verisimiglianza sociologica cupa e anticostituzionale di un uomo autoritario per istinto e passione triste e la speranza nel rinnovamento e nel domani così tipica di una mentalità americana che forse sopravvive, se quella fiaccola non fosse nascosta sotto il moggio abusivo della manipolazione dovuta a una prepotenza ribalda schierata beffardamente contro una decadenza fisica.


Biden doveva provarci, è l’incumbent, ha un bilancio effettivo notevole, è un presidente di guerra impegnato su più fronti drammatici, è indizio di superficialità rimproverare a lui e ai suoi di averci provato. Eppure ora è urgente il cambio di cavallo, e l’investitura di una donna universalmente conosciuta, una star che non ha bisogno di presentazioni, che può scatenare, con tutti i suoi limiti, una riscossa di cui l’America e il mondo hanno bisogno. Con il team Biden e il suo endorsement alle spalle, Michelle può prendere Trump a calci in culo. Non si vedono alternative credibili. Deve solo provarci con amore e convinzione, e con l’unità dei democratici a sostegno.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.