Donald Trump - foto via Getty Images

Verso le presidenziali

La Corte suprema fa un altro favore a Trump sul 6 gennaio

Marco Bardazzi

I giudici dell'alta corte hanno concesso a Trump una parziale immunità per l'assalto a Capitol Hill. Una scelta che riflette la divisione tra conservatori e progressisti. Ora il processo sarà complicato e non si andrà in aula prima delle elezioni

Se ancora restava qualche dubbio, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha chiarito che non saranno i giudici a bloccare il cammino di Donald Trump verso la Casa Bianca. Tocca agli elettori decidere e sembra sempre più probabile che l’anti Trump che i democratici schiereranno al voto del 5 novembre sarà il presidente Joe Biden, nonostante il disastroso dibattito della scorsa settimana. È l’effetto combinato di due notizie che sono arrivate quasi in contemporanea da Washington. La prima è una sentenza che il massimo organo giudiziario della capitale ha tenuto per l’ultimo giorno dell’anno giudiziario, prima della pausa estiva. Con una decisione di 6-3 che riflette la divisione tra conservatori e progressisti, i giudici hanno concesso una parziale immunità a Trump e in generale ai presidenti degli Stati Uniti per gli atti “ufficiali” commessi mentre sono in carica. Non è lo scudo totale che l’ex presidente chiedeva, ma è quanto basta per rendere adesso complicatissimo il percorso del processo federale contro di lui per l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Quasi sicuramente la vicenda non andrà in aula prima delle elezioni e, se vince Trump, non ci andrà mai.
 

  
L’altra notizia è un’intervista che la First Lady Jill Biden ha dato a Vogue, per un servizio di copertina che era in preparazione da tempo, ma che è stato integrato all’ultimo minuto con alcune frasi che la moglie del presidente ha dettato da Camp David, dove la famiglia si è riunita nel fine settimana per valutare gli effetti del dibattito di Atlanta. Jill è la persona di cui Biden si fida di più, assieme a sua sorella Valerie, e le frasi che la first lady ha affidato a Vogue sono un sostanziale grido di battaglia della famiglia e del team presidenziale, in risposta a chi chiede all’ottantunenne presidente di ritirarsi dalla corsa: “Non lasceremo che quei novanta minuti definiscano i quattro anni della sua presidenza. Continueremo a combattere”. L’ondata di malumore nel partito però continua a crescere e ci sono ancora molte settimane prima di ufficializzare la candidatura alla convention di Chicago ad agosto. Resta da vedere se la controffensiva in cui è impegnata da giorni la Casa Bianca basterà a placare chi chiede a Biden un passo indietro.
 

A Trump le cose sembrano tutte girare per il verso giusto in questi giorni e nel suo staff adesso c’è meno preoccupazione anche per la sentenza di New York in arrivo l’11 luglio. L’ex presidente è stato ritenuto colpevole nel processo per i soldi alla pornostar nascosti in campagna elettorale e ora un giudice deve decidere quali libertà toglierli. C’è il rischio anche di una condanna al carcere o agli arresti domiciliari, ma è ormai evidente che le vicende giudiziarie del candidato repubblicano non hanno il potere di spostare i sondaggi.
 

La sentenza della Corte Suprema ora rimanda a una corte d’appello federale il processo per l’insurrezione del gennaio 2021 e i giudici dovranno fare un lungo e complesso iter di analisi di quali fatti vanno ritenuti ascrivibili a Trump come presidente e quali come privato cittadino, per decidere su quali è immune. La decisione dei giudici conservatori ha scatenato reazioni durissime anche tra i loro colleghi progressisti, per i quali si è creato un precedente pericoloso per il futuro, dando in pratica carta bianca ai presidenti per tutto quello che fanno, “incluso uccidere un avversario politico”, ha scritto la giudice Sonia Sotomayor nel parere di minoranza.