Le elezioni francesi

La strategia di Macron ha più di due turni

Paola Peduzzi

Gli accordi di "desistenza" per il 7 luglio sono necessari per evitare che i lepenisti abbiano la maggioranza, e si stanno realizzando. L'obiettivo ultimo del presidente francese è di togliere il trucco al Rassemblement nationa e ha un orizzonte più lungo di questi giorni di mappe spaventose colorate di nero

Il primo turno delle legislative francesi è andato come ci si aspettava, con la conferma del Rassemblement national come primo partito del paese. Al secondo turno, se i candidati che hanno meno possibilità di battere i lepenisti si ritireranno aderendo a un Fronte repubblicano dell’ultimo minuto, ci sono buone probabilità che il Rn non abbia la maggioranza e che il premier non sia il suo delfino Jordan Bardella. I mercati, che sono nervosi e cinici ma hanno la capacità di metabolizzare le previsioni più tragiche meglio dei politici e dei commentatori, ieri mattina hanno aperto al rialzo: gli investitori puntano sul fatto che l’estrema destra non avrà la maggioranza nel prossimo Parlamento francese.

 

Ci sono molte incognite sia sull’esito elettorale sia sulla coabitazione – i negoziati di queste ore per togliere dalla corsa i candidati arrivati al secondo e al terzo posto che hanno meno possibilità di battere i lepenisti in modo da compattare, per quel che è possibile, i voti anti Rn saranno decisivi – e sarà una settimana accidentata, ma per molti il giudizio sul regista di questa tornata elettorale rapida e spaventosa, il presidente Emmanuel Macron, è già dato: ha sbagliato i suoi calcoli e la sua presunzione trascinerà Francia, Europa e occidente nel caos.

  
Macron ha deciso dopo la sconfitta del suo partito alle europee di inizio giugno – anche quello un esito previsto – di sciogliere l’Assemblea nazionale e indire le legislative di questi giorni. Fin da subito, è stato considerato in modo quasi unanime un piromane, uno disposto a far saltare tutti i codici di convivenza della Francia e dell’Europa aprendo alla possibilità di un governo dell’estrema destra. L’azzardo scriteriato di Macron – e questa è una delle definizioni meno ostili: le elucubrazioni sull’arroganza e l’isolamento del presidente francese sono solitamente ben più perfide – porterà se non a un governo Bardella a una instabilità pericolosa, con evidenti ripercussioni su tutto l’occidente, visto che  l’Europa è in balìa di un nuovo blocco di minoranza di estrema destra e visto che a novembre si vota in America, dove le chance di vincere di Donald Trump non sono affatto poche. Insomma Macron ha acceso una miccia che poteva invece tenere bagnata, continuando a ignorare l’ascesa lepenista. Ma poteva davvero farlo, era ed è plausibile fare come se nulla fosse, forte del fatto che per due volte, nello scontro diretto delle presidenziali, Macron ha battuto Marine Le Pen? Il presidente è convinto di no, lo ripete ma nessuno lo ascolta, e anzi questo primo turno sembra la conferma dell’errore madornale che ha fatto.

  

La strategia di Macron ha un orizzonte più lungo di questo mese di paura e delirio: può certamente rivelarsi sbagliata, ma non la possiamo capire oggi disperandoci davanti a una mappa elettorale tutta colorata di nero. Che il Rassemblement national fosse il primo partito non è una sorpresa, è soltanto la certificazione di una realtà. Se il meccanismo che si è attivato domenica sera (sì, poteva succedere prima, Macron pensava che succedesse prima, ma i partiti di sinistra avrebbero dovuto rimangiarsi  anni di campagna anti macroniana) si rivelerà vincente, al secondo turno non ci sarà la maggioranza dei lepenisti. I candidati del partito dell’estrema destra sono in testa in 297 circoscrizioni su 577, 39  sono già eletti, tra cui Marine Le Pen, e in tutto hanno conquistato 10,6 milioni di voti a proprio favore (c’è stata un’affluenza record, anche i voti per i macroniani sono in termini assoluti superiori a quelli del 2022, ma per i lepenisti sono due volte e mezzo quelli di due anni fa). La prevalenza lepenista nella composizione finale dell’Assemblea nazionale può essere un pochino ridimensionata. Ma quel che conta è che l’obiettivo dichiarato di Macron va oltre l’esito delle legislative e riguarda i prossimi tre anni, prima delle presidenziali del 2027: il presidente francese non vuole più ignorare l’ascesa lepenista, ma vuole toglierle la maschera. Il Monde cita una fonte anonima (“tra coloro che hanno visto Macron in questi giorni”) in un articolo su come il presidente si stia preparando alla coabitazione che dice: “Pensa che dare la metà del potere oggi ai lepenisti eviterà che abbiano tutto il potere tra tre anni”. Una volta che il Rassemblement national dovrà gestire il potere e le attese dei suoi elettori il suo fascino antisistema potrebbe scendere: è già successo altrove, anche in Italia con la Lega, apparentata ai lepenisti al Parlamento europeo. Meglio un test di governo di un logorio esterno fatto di slogan popolari ma impraticabili, insomma. Per molti si tratta comunque di una scommessa presuntuosa ed egoista, visto che in ogni caso frana il cordone sanitario attorno all’estremismo xenofobo, antieuropeista e sovranista, ma è un gioco a lungo termine il cui esito non si può stimare oggi: la progressiva predilezione dei francesi per gli estremi non è una sorpresa, anche se resta spaventosa.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi