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La fake news su Zelenska e la Bugatti nasconde una verità inquietante
Chi è John Mark Dougan, l'ex vicesceriffo che ora fa il lavoro sporco della disinformazione per Putin. L'evoluzione della tattica del caos
L’uomo che ha inventato di sana pianta la storia di Olena Zelenska, la first lady ucraina, che in visita a Parigi va a comprarsi una Bugatti da quattro milioni e mezzo di euro con i soldi degli aiuti all’Ucraina è probabilmente un americano. Si chiama John Mark Dougan, ed è un ex marine ed ex vicesceriffo della contea di Palm Beach, in Florida. Chiunque abbia un po’ di dimestichezza con il mondo degli odiatori e dei propalatori di fake news online lo conosce, perché di John Mark Dougan si parla almeno dal 2016: è l’anno in cui le autorità della Florida emisero un mandato d’arresto contro di lui, ritenuto responsabile di ventuno reati tra i quali l’estorsione, l’intercettazione illegale e la diffusione di materiale sensibile. Allora Dougan era già noto da tempo all’Fbi come un “agente russo specializzato nel produrre alcune delle più elaborate campagne di disinformazione dei russi e nel raccontarle come se fosse un giornalista americano indipendente”, ha scritto Steven Brill, ceo dell’azienda di analisi delle informazioni NewsGuard, che da anni segue le gesta di Dougan. Prima di essere arrestato, l’ex vicesceriffo chiese e ottenne asilo in Russia, senza però cambiare mestiere. Oggi, secondo un’analisi pubblicata la settimana scorsa da NewsGuard e rilanciata da New York Times e dalla Bbc, Dougan è uno dei protagonisti – finalmente non più sotto copertura – del programma di disinformazione del Cremlino, con almeno 167 siti web “d’informazione” che diffondono notizie false e mirano a celebrare la Russia e a propagandare un’immagine distorta della sua guerra contro l’Ucraina.
Secondo la Bbc, c’è una lunga serie di prove digitali che dimostrano i collegamenti fra Dougan e la proprietà dei siti web, con sede in Russia, che per primi hanno diffuso la notizia della Bugatti di Zelenska. Sono siti fatti per confondere, perché sembrano siti d’informazione, con nomi evocativi come The Houston Post oppure DC Weekly, ma nessuno ne ha mai sentito parlare: qualche giorno fa, quando è stata pubblicata, su un finto sito di news francese, la ricevuta d’acquisto dell’automobile extralusso destinata a Olena Zelenska, in molti hanno notato gli errori macroscopici di ortografia, l’azienda Bugatti ha subito smentito che fosse vera, la “fonte anonima” intervistata “nell’articolo” era chiaramente creata con l’intelligenza artificiale. Insomma: si capiva subito che era una fake news, eppure nel frattempo la notizia ha fatto il giro del mondo, rilanciata anche da Jackson Hinkle, celebre sostenitore di Trump che si definisce un “MAGA comunista” con 2,6 milioni di follower su X, l’ex Twitter. Nei mesi scorsi la stessa rete di propalatori aveva rilanciato – offrendo nuove “prove”, sempre maldestre e pacchiane – la vecchia fake news della first lady francese Brigitte Macron che in realtà sarebbe un uomo, e che Emmanuel Macron, suo marito, sarebbe un omosessuale non dichiarato. L’obiettivo è quello di minare la credibilità della coppia presidenziale francese, con una teoria strampalata ma che arriva in luoghi inaspettati – basti ricordare quando in Parlamento, a marzo scorso, il senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia definì Macron “uno che di solito, invero, si dimostra piuttosto femmineo”.
Il problema delle fake news contemporanee è che non hanno più nemmeno bisogno di essere verosimili. Quando la notizia (falsa) si diffonde, il suo obiettivo è quello di creare confusione, lasciare intendere, manipolare l’opinione pubblica offrendo non verità alternative, come succedeva fino a qualche tempo fa, ma dubbi e sospetti. E’ un’evoluzione della strategia della disinformazione che hanno notato ormai da tempo quasi tutte le agenzie d’intelligence che si occupano del problema, e corrisponde a una capacità di adattamento tipica degli obiettivi politici dei paesi ostili che si affidano molto alla guerra ibrida di cui fa parte la disinformazione, vale a dire paesi come Russia e Cina. A febbraio Citizen Lab, laboratorio sui media dell’Università di Toronto, ha scoperto una gigantesca rete di finti siti d’informazione cinese tradotti in diverse lingue e aggiornati con articoli di fake news generati dall’intelligenza artificiale.
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