Il chip nella borsa. Così Pechino contrabbanda i prodotti Nvidia sotto restrizioni statunitensi

Priscilla Ruggiero

Il Wall Street Journal ha ricostruito la rete segreta dietro i chip più avanzati e vietati dagli Stati Uniti all’esportazione in Cina. Uno studente cinese ha raccontato di essere stato pagato 600 dollari per trasportare nel suo bagaglio sei chip dal valore di migliaia di dollari

Roma. Sei chip dal valore di migliaia di dollari in una valigia. Il Wall Street Journal ha ricostruito la rete dietro il contrabbando di chip Nvidia vietati dagli Stati Uniti  all’esportazione   in Cina:  si è messo in contatto con uno studente cinese di 26 anni, che  racconta di essere stato pagato 600 dollari per contrabbandare chip Nvidia di alto livello da Singapore in Cina:  “Sono contento di essere stato in grado di fare qualcosa per il mio paese”, ha detto, “e di  guadagnare un po’ di soldi in più”. 

 

Il ragazzo  è solo l’ultimo anello  di una rete che aggira le restrizioni dell’Amministrazione Biden per negare alla Cina l’accesso ai chip   avanzati e destinati all’intelligenza artificiale prodotti da  Nvidia, il primo chipmaker al mondo della Silicon Valley. Le restrizioni sono state annunciate per la prima volta  nell’autunno del 2022, e già pochi mesi dopo  la Reuters aveva  ricostruito   il giro clandestino di semiconduttori   vietati: dietro vi erano entità militari cinesi, centri di ricerca sull’intelligenza artificiale sponsorizzati dallo stato e le università più prestigiose della Cina. Ora il Wall Street Journal ha individuato più di 70 distributori che pubblicizzano online chip Nvidia vietati: è entrato in contatto diretto con 25 di loro, e molti hanno affermato di avere scorte di decine di chip di fascia alta ogni mese, accettano preordini e promettono la consegna in poche settimane.

 

 I chip di Jensen Huang, l’amministratore delegato di Nvidia, sono i più ambiti per addestrare i sistemi di intelligenza artificiale e sono fondamentali per Pechino: i chip di aziende tecnologiche cinesi come Huawei non riescono a stare al passo con il livello di Nvidia, e prima dei divieti, l’azienda statunitense aveva una   quota del 90 per cento   del mercato cinese dei chip AI – la Cina rappresentava più di un quarto dei suoi ricavi totali.   La società con sede a Santa Clara si è trovata  quindi dalla decisione dell’Amministrazione americana a fare i conti tra le restrizioni   e il grande mercato cinese: Nvidia spedisce a ancora in Cina semiconduttori conformi alle ultime restrizioni (sempre più stringenti) e il Financial Times prevede che quest’anno la società  sia  “sulla buona strada per vendere chip di intelligenza artificiale per un valore di 12 miliardi di dollari in Cina, nonostante i controlli sulle esportazioni degli Stati Uniti”. Secondo il Financial Times, Nvidia consegnerà nei prossimi mesi oltre un milione dei suoi nuovi chip H20, progettati per eludere le restrizioni sulla vendita di processori AI –  una cifra che è quasi il doppio di quella che Huawei prevede di vendere del suo prodotto concorrente cinese, l’Ascend 910B.

 

Ma sui  suoi chip avanzati, quelli “tra i più off-limits”, Jensen Huang afferma di non venderli alla Cina e di rispettare i controlli sulle esportazioni. Il contrabbando tramite distributori o intermediari, come nel caso dello studente di Singapore, nonostante sia una parte minima del mercato complessivo,    potrebbe  soddisfare le esigenze di istituti di ricerca più piccoli, università o startup. Il broker dietro i chip del 26enne noto come “Fratello Jiang”, ha detto al Wall Street Journal di contattare i canali di distribuzione e gli integratori di sistema nel sud-est asiatico per aiutare i clienti cinesi a ottenere chip e server: tra i suoi clienti, dice, ci sono aziende di intelligenza artificiale, istituti di ricerca e rivenditori di chip, alcuni dei quali hanno utilizzato entità costituite a Singapore, Malesia, Vietnam e Taiwan per aggirare le restrizioni statunitensi. 

 

Secondo i documenti ufficiali di approvvigionamento,   tra i principali acquirenti dei chip AI avanzati di Nvidia ci sarebbero  la prestigiosa Università di Pechino Tsinghua e  l’Accademia della ricerca statale, l’Accademia cinese delle scienze.     Sulla missione della Repubblica popolare cinese, un distributore di Pechino ha raccontato  senza filtri  di aver ricevuto negli ultimi mesi una spedizione ogni mese: decine di chip ciascuno.   E quando il giornalista del Wsj gli ha chiesto come fosse riuscito a ottenere i chip ha detto: “Diventa sempre più difficile, ma non siate sciocchi, c’è sempre un modo”. 
 

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