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“No al masochismo suicida, sì a Israele”. Riscossa intellettuale a Parigi

Giulio Meotti

La manifestazione filo-palestinese a Parigi e l'obiettivo di distruggere la civiltà occidentale nelle parole di Mosab Hassan Yousef, figlio di uno dei leader fondatori di Hamas

Un giorno, Michel Houellebecq è andato a una manifestazione filo-palestinese a Parigi per vedere con i propri occhi se le immagini che apparivano sui canali di informazione fossero rappresentative. Si aspettava di incontrare tizi barbuti, fondamentalisti della sharia, che non sopportano la vista di una donna senza velo. Invece c’erano i “bobo”, borghesi-bohémien, amici di sinistra, progressisti, dice l’autore di “Sottomissione” e “Serotonina” dal palco della Maison de la Mutualité, a Parigi nel corso di un grande incontro organizzato dal collettivo Ensemble Agir, in compagnia di scrittori come Sylvain Tesson, dell’imam Hassen Chalghoumi, degli accademici Alain Finkielkraut e Yascha Mounk e dell’ex premier socialista Manuel Valls. Houellebecq non pensava di trovare i compagni di liceo e dell’università a sostenere Hamas dopo l’attacco del 7 ottobre. Racconta il Figaro che Houellebecq ha attaccato così il “masochismo suicida occidentale”, le cui cause profonde “sono da ricercare più in Freud che in Marx”. Sylvain Tesson, romanziere e viaggiatore, lo riassume così: “No alla confusione, all’odio e all’oblio, i tre precursori di un unico obiettivo: la scomparsa di Israele”. Hanno trasmesso lo straziante discorso di Ayelet Levy, madre di Naama Levy, ostaggio a Gaza. “Questa sorprendente recrudescenza della questione ebraica non è attribuibile all’estrema destra, per quanto preoccupante possa essere, ma piuttosto all’estrema sinistra”, ha detto Finkielkraut. Una realtà che “rende ridicolo e osceno il ‘no pasaran’ dell’antifascismo”. 

“Non saremmo qui se Hamas non avesse attaccato il 7 ottobre e liberato gli ostaggi” ha detto Tesson. “E Israele non sarebbe entrato a Gaza se Hamas non avesse lanciato il suo pogrom”. Tesson è un arrampicatore. “Due mesi fa, il giorno in cui, con un amico, ho scalato un pilastro alto cinquanta metri in mare aperto, il governo irlandese ha simbolicamente riconosciuto lo stato palestinese. Hamas può ringraziare i bevitori di Guinness. Secondo la tradizione degli alpinisti, che danno un nome alla parete  scalata, io l’ho chiamata Shani Louk”. E’ l’influencer tedesco-israeliana uccisa durante il massacro al festival  di Reim. Un modo, ha detto Tesson, per dire “no” al capovolgimento delle coscienze e a tutti questi discorsi “che equivalgono a dire freddamente che Shani  se l’è cercata”. 
C’era anche Mosab Hassan Youssef a Parigi. Nato a Ramallah, oggi Hassan Youssef vive in California. Si è avvicinato a Israele diventando, in prigione, informatore dello Shin Beth. Ha ricevuto il titolo di “Principe Verde” per aver aiutato Israele a sventare numerosi attacchi  durante la Seconda Intifada, per poi allontanarsi dall’islam e convertirsi alla fede cristiana. “Se Hamas avesse armi nucleari, le userebbe contro Israele, come l’Iran” ha detto Hassan Youssef. “Se il suo progetto avrà successo, la regione ripiomberà nel Medioevo per molto tempo. Le minacce contro Israele devono essere prese sul serio, l’obiettivo è distruggere la civiltà occidentale”. Attacca il riconoscimento della Palestina da parte di diversi paesi europei. “Un regalo a Hamas” ha detto Hassan Youssef. “Quanto più irresponsabili sono i palestinesi, tanto più i paesi europei sono tentati di ringraziarli. Decisione folle, che equivale a pugnalare alle spalle Israele in un momento in cui  è impegnato in una lotta esistenziale. Ciò che un paese come la Spagna non capisce è che è ancora considerato una terra dell’islam da riconquistare”.

Alla domanda finale su cosa sia la sua visione per il futuro dell’islam, il “principe verde” ha risposto: “Riguarda anche le terre d’Europa. L’islamismo è un fenomeno globale che avanza nascosto sotto una mentalità vittimistica, che invade l’Europa e di cui sarà molto difficile liberarsi”. Inizia con gli ebrei, ma non finisce con loro.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.