Jean Luc Melenchon - foto via getty Images

Domani il voto

Funzionerà il "tutti tranne Rn"? Astensioni e accozzaglie prima del voto in Francia

Mauro Zanon

Reggerà la diga repubblicana tra Ensemble di Emmanuel Macron e il Nuovo fronte popolare (Nfp), la coalizione guidata di Jean-Luc Mélenchon? Se lo chiedono tutti a Parigi, ma nessuno sa rispondere. Sondaggi

Parigi. Reggerà la diga repubblicana forzata tra Ensemble, la coalizione dei partiti che sostengono il capo dello stato Emmanuel Macron, e il Nuovo fronte popolare (Nfp), la coalizione delle sinistre guidata dalla gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon? È la domanda che si fanno tutti a Parigi ma a cui nessuno sa dare una risposta chiara, perché se è vero che gli ultimi sondaggi mostrano che le 224 desistenze anti Rassemblement national (Rn) potrebbero funzionare, privando il partito sovranista di Marine Le Pen e Jordan Bardella della maggioranza assoluta (almeno 289 seggi), è vero anche che dentro alla cabina elettorale i francesi potrebbero non seguire questo nuovo e bizzarro fronte repubblicano. Ieri, a due giorni dal secondo turno delle elezioni legislative francesi che determineranno il nuovo assetto dell’Assemblea nazionale, l’Agence France-Presse (Afp) ha evidenziato che una parte degli elettori che hanno espresso la loro preferenza in occasione del primo turno resteranno a casa domani o lasceranno in bianco la scheda di voto, nonostante gli appelli delle loro rispettive famiglie politiche che hanno esortato a seguire la strategia del “tutti tranne Rn”.
 

“Con le desistenze, la persona per cui gli elettori volevano votare è finita nel dimenticatoio e alcuni si diranno, ‘no, in queste condizioni non è possibile votare’”, ha spiegato all’Afp la politologa Janine Mossuz-Lavau, direttrice di ricerca emerita del Centre national de la recherche scientifique. Louise, studentessa di 23 anni sollecitata dall’Afp, ha dato il proprio voto alla candidata di Lutte ouvrière al primo turno. Qualificatasi al secondo turno, ma al terzo posto, la candidata ha deciso di seguire le direttive dei vertici del Nuovo fronte popolare di cui fa parte, dunque di desistere a favore dell’altro candidato “repubblicano”. “C’era un triangolare con Nfp, avrei votato per loro, ma hanno deciso di ritirarsi a favore del candidato della maggioranza”, ha detto dispiaciuta la studentessa. Già nel 2022, in occasione delle presidenziali, “avevo accettato di sbarrare la strada a Rn votando Macron con molta fatica”. Oggi, si rifiuta categoricamente di rieleggere un deputato della maggioranza presidenziale. “Non voterò per qualcuno che ha votato a favore della riforma delle pensioni”, ha detto Louise, riforma che il Nuovo fronte popolare vorrebbe abolire in caso di ascesa al governo. L’opinione di questa studentessa è ampiamente condivisa dal suo gruppo di amici: “Non so se conosco qualcuno che voterebbe per la maggioranza”. Come lei, potrebbero essere molti, difficilmente intercettabili dai sondaggi.
 

Secondo Janine Mossuz-Lavau, nella maggior parte dei casi, le indicazioni di voto dei partiti sono “assolutamente inutili”, perché gli elettori votano soprattutto in base alle loro “convinzioni, abitudini e tradizioni”, e non in base alle richieste di formare un fronte repubblicano. Per questo motivo, la politologa ritiene che “non sia possibile prevedere le proporzioni” dell’astensionismo in vista del secondo turno di domenica, dopo un primo turno segnato da una forte affluenza (66,71 per cento). C’è anche la variabile vacanze da tenere in considerazione. Molti preferiscono anticipare le loro ferie o comunque non annullare le vacanze già prenotate piuttosto che votare controvoglia per un candidato che non rispecchia la loro visione.  E c’è un ultimo aspetto, sottolineato ieri dal Figaro. Il “terribile paradosso” che questo fronte repubblicano improvvisato tra due coalizioni che, nelle ultime settimane, se ne sono dette di tutti i colori, possa far volare il Rassemblement national in vista delle presidenziali del 2027. “Raggruppare la sinistra, il centro e la destra rischia di fare del Rn e di Marine Le Pen – scrive il Figaro – l’unica alternativa in caso di fallimento”.