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le trattative

Ursula von der Leyen è stretta tra i Verdi e una Meloni ora libera da Vox

Pietro Guastamacchia

La presidente della Commissione Ue è in cerca di un equilibrio impossibile. La prossima settimana incontrerà, oltre agli alleati socialisti e liberali, anche i vertici degli ambientalisti e di Ecr in vista del voto dell’aula di Strasburgo sul suo bis. Ma i margini sono strettissimi

Bruxelles. Von der Leyen, alla ricerca di un equilibrio impossibile, rallenta sui Verdi e tiene uno spiraglio aperto per Meloni. Durante il ritiro del Ppe a Cascais, in Portogallo, la presidente della Commissione Ue fa sapere che la settimana prossima incontrerà, oltre agli alleati socialisti e liberali, anche i vertici degli ambientalisti e di Ecr nella ricerca di consensi in vista del voto dell’aula di Strasburgo sul suo bis alla guida dell’Ue. Gli spazi di manovra di von der Leyen, però, sono strettissimi: per non far saltare la sua coalizione, infatti, può solo offrire rassicurazioni sui temi chiave del suo programma, ma niente che faccia presagire un’alleanza strutturata né con i Verdi né con Meloni.

Si fa più difficile infatti un ingresso del gruppo dei Verdi come membri a tutti gli effetti della maggioranza di governo a Bruxelles, ipotizzato nei giorni scorsi. Durante il ritiro portoghese dei popolari si è formata una fronda anti-Verdi, capitanata da Forza Italia e sostenuta dalle delegazioni croate e francesi del Ppe, pronte a levare la fiducia a von der Leyen se il prossimo programma politico della coalizione dovesse sbilanciarsi troppo verso le posizioni degli ambientalisti. 

Ma dalla dirigenza dei popolari hanno messo in guardia gli italiani: “Un conto è non ammettere i Verdi in coalizione, un altro è attaccarli”, è il messaggio recapitato ai forzisti, raccontano al Foglio fonti presenti alla riunione. Il capogruppo Manfred Weber avrebbe infatti chiesto a tutti i delegati del Ppe di “astenersi dal criticare il Green Deal” da qui fino al voto di Strasburgo per permettere a von der Leyen di tentare una trattativa silenziosa per provare ad attirare qualche voto ambientalista in cambio di concessioni specifiche.

Ancor più sottotraccia, ma vivo, è il dialogo con Meloni. La voragine che si aprirebbe nella coalizione von der Leyen se la tedesca dovesse offrire a Ecr una presenza stabile nella sua maggioranza, infatti, è molto più ampia di qualche delegazione. Socialisti e liberali hanno già fatto sapere che una presenza del gruppo europeo guidato da Giorgia Meloni al tavolo dell’alleanza determinerebbe la loro uscita immediata e quindi la fine automatica della partita di von der Leyen.

Ma scartata l’ipotesi di un patto con Ecr, la presidente della Commissione Ue non dà ancora per morta però la possibilità di un sostegno esterno da Fratelli d’Italia. La premier italiana è infatti spinta sempre più verso il centro dell’emiciclo di Strasburgo dalla nascita del nuovo maxi gruppo delle destre Ue, i Patrioti per l’Europa. La nuova formazione, per cui gli spagnoli di Vox dell’“amico” Abascal hanno abbandonato ieri il gruppo di Meloni, vedrà la sua sessione costitutiva lunedì e dovrebbe racchiudere un ampio margine di forze politiche, da Orbán a Salvini passando per Le Pen. I Patrioti si intestano infatti il fronte “No Ursula” e il fatto che Meloni ne stia fuori per von der Leyen di per sé è un segnale su cui costruire.

Per quel che riguarda le garanzie da offrire a Meloni, sul tavolo dovrebbe esserci una vicepresidenza della Commissione Ue, magari da associare alla creazione di un commissario alle piccole e medie imprese con una delega alla “semplificazione normativa”, un salvagente da gettare verso Roma per offrire un risultato spendibile per Meloni da giocare internamente e cosi garantirsi l’appoggio di un paese chiave. Una mano tesa per Meloni che però va stretta subito. Da destra infatti rullano sempre più forti i tamburi dei Patrioti e lo spazio per un’opposizione morbida e riformista a Bruxelles, sperata da Meloni, si riduce sempre di più lasciando la premier davanti a un bivio: Ursula o Salvini e la sua compagnia.
 

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