Macron ha vinto la sua scommessa per salvare la tenuta repubblicana

Vittorio Emanuele Parsi

Il piano B del presidente francese per recuperare i cittadini che hanno votato i progetti estremisti di Mélenchon e Bardella

La marea nera in Francia si ferma, bloccata dalla scelta coraggiosa di Emmanuel Macron e dalla tenuta della diga repubblicana, nella quale la disciplina di tutti i partiti che si opponevano al duo Le Pen-Bardella ha tenuto nonostante le oggettive e profonde divisioni che lo attraversano e la decisione della maggioranza degli elettori francesi di acconciarsi alla scelta del male minore pur di sbarrare la strada ai sodali di Salvini e Putin.


Con buona pace di tutte le Cassandre, il presidente francese ha vinto la sua scommessa, volta a impedire che dagli scranni europei, e sull’onda di un’avanzata che si voleva inarrestabile, avrebbe potuto continuare a taglieggiare i cittadini francesi, con proposte tanto incredibili quanto ignobili (tipo la nascita di una cittadinanza di serie B per i figli di immigrati variamente scuri o musulmani). Il “piano A” di Macron partiva dallo scenario peggiore, quello di un Rassemblement national capace di ottenere la maggioranza dei seggi dell’Assemblea nazionale, per volgerlo contro gli stessi lepenisti: un triennio di logoramento dei nuovi populisti di destra, in cui ne sarebbe emersa la plateale incapacità di governare e con la prospettiva di poter comunque convocare nuove elezioni parlamentari prima delle presidenziali del 2027.

  
Nel frattempo, le forze di sinistra, per iniziativa principalmente di Jean-Luc Mélenchon, che è l’altro vincitore del turno di ballottaggio, avevano dato vita al Nuovo fronte popolare, il cui contributo è stato ovviamente decisivo per il risultato di domenica scorsa. La tenuta complessiva degli accordi di desistenza ha fatto sì che le previsioni catastrofiche della vigilia siano state ribaltate, assegnando alle sinistre unite 182 seggi, ai macroniani 168 e all’estrema destra solo 143. A completare il quadro il buon risultato dei Repubblicani, con 45 seggi. 

 
E ora? Si apre una stagione di ingovernabilità? E’ presto per dirlo ma, ancora una volta, è ragionevole escluderlo e immaginare che Macron abbia un piano B, peraltro già piuttosto delineato. Un patto repubblicano per governare la Francia della V Repubblica e metterne in sicurezza le istituzioni, l’economia e il ruolo internazionale è possibile, raccogliendo intorno al centro macroniano, la sinistra riformista e i repubblicani, ed escludendo il partito di Mélenchon. O, per meglio dire, prendendo atto dell’autoesclusione dalle maggioranze possibili, de La France insoumise, per via del suo programma radicale in termini economici e di politica estera e di sicurezza (a cominciare da Ucraina e medio oriente). 

  
Sarebbe uno scandalo o un tradimento, come vanno da noi sbraitando gli amici di Putin? Assolutamente no. Il patto di desistenza elettorale non c’entra nulla con un’alleanza governativa. Nessuno degli elettori di La France insoumise ha del resto mai pensato di poter stare al governo insieme agli ex gollisti e ai macroniani e vale ovviamente il reciproco. Destra moderata, centro e sinistra moderata hanno i numeri e le compatibilità per dare vita a un governo stabile, che non serva semplicemente a tirare fino al termine del mandato di Macron, ma per attuare politiche pubbliche che recuperino ai valori della V Repubblica la più larga parte possibile tra i cittadini che hanno votato per Mélenchon e per Bardella. Hanno tre anni a loro disposizione per lavorare su questa sfida che è propriamente politica, molto più che mettere su coalizioni in grado di sbarrare il passo a una crisi di sistema. Hanno tutto il tempo e tutto l’interesse a farlo, dovendo faticosamente trovare e attuare le politiche necessarie a un nuovo patto di inclusione non con Le Pen o Mélenchon, ma con i cittadini francesi che in questi anni si sono sentiti esclusi, e inascoltati: a quanti in queste elezioni hanno votato per i due partiti antisistema e a quanti non sono comunque andati a votare. Se non lo vorranno o non lo sapranno fare, sprecheranno il tempo che la coraggiosa mossa di Emmanuel Macron ha consentito di guadagnare per salvare la Repubblica fondata dal generale De Gaulle negli spasmi conclusivi della guerra d’Algeria.

 
Contemplando la crescita delle formazioni radicali e populiste di destra, di sinistra o di impossibile collocazione (come i 5 Stelle) che in questi anni ha riguardato tanto l’Italia quanto altri paesi occidentali, dovremmo ricordare che i successi (spesso effimeri e comunque sempre instabili) dell’uno o dell’altro non derivano dall’adesione profonda dei cittadini-elettori a questo o quel progetto ideologico (ma quale? Ma quando mai?), bensì dalla disperata ricerca di un soggetto politico capace di rappresentare il loro disagio, dare voce ai loro interessi e fornire delle rassicurazioni alle loro paure. I cittadini europei non sono affascinati da progetti fascistoidi, neocomunisti o identitari, sono semplicemente stufi di non essere ascoltati e di non poter contare. A queste legittime preoccupazioni, si risponde con politiche concrete, possibili e riformatrici, e non certo con parole d’ordine pseudo-rivoluzionarie, di destra, di sinistra o del nulla che siano. E’ un’impresa ardua, senza dubbio, ma che da domenica, almeno in Francia, diventa possibile.