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dietrofront

Dalla Silicon Valley a Hollywood, tutti i donatori che stanno abbandonando Biden

Giulio Silvano

Da Abigail Disney al cofondatore di Netflix Reed Hastings, numerosi storici finanziatori chiedono a gran voce che il presidente uscente venga sostituito in corsa con Kamala Harris. In gioco ci sono circa 200 milioni

“Solo Dio onnipotente può convincermi a ritirarmi”, ha detto Joe Biden. Dal disastroso dibattito presidenziale contro Donald  Trump, il presidente americano sta passando il tempo dimostrare a elettorato ed establishment del suo partito che è più vigoroso di come è apparso in quei 90 minuti. La first lady Jill cerca in ogni modo di rassicurare il pubblico ai comizi, così come il senatore della Pennsylvania John Fetterman che scrive: “Mi rifiuto di unirmi agli avvoltoi, Joe è il mio candidato”, e se la prende con gli editorialisti del New York Times. A porte chiuse, i fedeli bideniani parlano invece con i deputati per tranquillizzarli, mentre le voci di dissenso aumentato ogni giorno di più.  

Ma elettorato e Capitol Hill non sono gli unici travolti da questo panico. Per quella che è già stata definita “la campagna elettorale più costosa della storia” chi ha bisogno di conforto sono i donatori, che iniziano a dire la loro sull’eventuale ritiro di Biden. La prima a distaccarsi con intransigenza dal presidente è stata Abigail Disney. “Ho intenzione di bloccare ogni contributo al partito fino a che Biden non verrà rimpiazzato nel ticket presidenziale. E’ una questione di realismo, non di mancanza di rispetto. Biden è una brava persona e ha servito egregiamente questo paese, ma la posta in gioco è troppo alta”, ha detto l’erede della fortuna Disney, che da sempre aiuta finanziariamente i dem con assegni da mezzo milione alla volta. “Se Biden non si fa da parte, i democratici perderanno. Di questo ne sono completamente certa. Le conseguenze di una sconfitta sarebbero davvero tragiche”. Secondo la signora Disney un’alternativa è la vicepresidente Kamala Harris, e ha invitato i dem a tollerare i suoi difetti, così come nel tempo sono stati accettati quelli di Biden: “Se i dem trovano un modo per smettere di litigare e si uniscono intorno a Kamala, possiamo vincere queste elezioni”. Miss Disney non è l’unica a volere un ritiro del presidente. L’imprenditore e filantropo Gideon Stein aveva in programma di donare 3 milioni e mezzo di dollari a organizzazioni dedicate alla rielezione di Biden, ma ha detto che ha deciso di non dare un centesimo a meno di un ritiro. “Praticamente tutti i grandi donatori con cui ho parlato”, ha aggiunto, “credono che sia necessario un nuovo candidato per poter sconfiggere Trump”. La preoccupazione dei miliardari inizia ad avere un effetto valanga, e anche storici donatori del partito, come Karla Jurvetson – che a questo giro ha già dato 200 mila dollari a Biden – pensano di chiudere il portafogli. Uno dei cofondatori di Netflix, Reed Hastings, che negli ultimi anni ha dato ai dem più di 20 milioni, si è unito al coro: “Ci serve un leader vigoroso per battere Trump e proteggerci”.  

Il produttore di Hollywood Damon Lindelof ha scritto un articolo per chiedere un “DEMbargo”, un embargo dei democratici, se Biden non molla. Ha scritto che prima del dibattito “ero come addormentato alla guida, cazzo, è ora di svegliarsi. Alcuni dicono che è troppo tardi, ma avete mai visto un film sullo sport?”. Il mega agente delle star Ari Emanuel, fratello dell’obamiano sindaco di Chicago Rahm, ha detto in una conferenza ad Aspen che la chiave per assicurarsi un’uscita di scena del presidente sia chiudere il borsello.  Questo, oltre a spaventare Biden, terrorizza tutti i candidati a ogni livello, tutti quelli che vogliono essere eletti o confermati a novembre, tra membri del congresso e governatori, amministratori locali e sceriffi. E quest’agitazione potrebbe scatenare una reazione a catena. James Carville, lo stratega di Bill Clinton, ha detto che tutto questo è inusuale, che le rivolte dei donatori nel passato poi finivano con gli assegni firmati e, al massimo, con qualche borbottio. Ma questa volta la rivolta sembra seria, e anche se non tutti sembrano distanziarsi dal presidente, iniziano a nascere gruppi che raccolgono soldi da destinare a “chiunque ma non Biden”. Il regista Andrew Jarecki e il miliardario delle crypto Mike Novogratz avrebbero creato un comitato di raccolta fondi che ha l’obiettivo di mettere da parte 100 milioni da dare a un candidato democratico che sostituisca il vecchio Joe. La spinta a mandare a casa Biden sembra arrivare soprattutto dai ricconi della Silicon Valley e di Hollywood, che non vedono più in lui un sicuro argine alle politiche Maga. E alcuni sono anche pronti a farsi andare bene la vicepresidente Harris, che in casi di ritiro di Biden erediterebbe i soldi nel forziere della campagna, intorno ai 200 milioni. Se l’eventuale candidato sostituto fosse un altro, il passaggio di quel cash sarebbe più complicato. Dio onnipotente no, ma forse il dio danaro sì. 

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