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Il semestre ungherese

Dopo Mosca, Pechino. Così Orbán sta hackerando la politica europea

Giulia Pompili

Il presidente ungherese ha sottolineato la necessità di dialogare con la Cina come "importante stabilizzatore" nelle crisi globali, senza mai menzionare il sostegno politico e tecnologico che sta fornendo alla guerra della Russia contro l’Ucraina

Ieri, mentre incontrava a sorpresa il primo ministro ungherese Viktor Orbán a Pechino, il leader cinese Xi Jinping ha detto che “un rapido cessate il fuoco” in Ucraina e “una soluzione politica sono nell’interesse di tutte le parti”, come riportato da Xinhua. Nelle stesse ore, Putin ordinava l’attacco contro Kyiv e altre maggiori città ucraine che ha colpito anche un ospedale pediatrico. Per rendere nota la sua visita a Pechino, il leader ungherese ha pubblicato sui  social la foto dell’atterraggio nella capitale cinese con un solo commento, “Missione di pace 3.0”, soltanto pochi giorni dopo aver sorpreso l’Europa con un viaggio molto più inatteso e provocatorio a Mosca, dove ieri è arrivato anche il primo ministro indiano Narendra Modi. Le due missioni, una dietro l’altra, mostrano più di ogni dichiarazione il posizionamento di Orbán in Europa e nel mondo.
 

A Pechino, Orbán è stato accolto da Hua Chunying, da poco nominata viceministra degli Esteri cinese, nome noto in Europa soprattutto perché, molto attiva su X (l’ex Twitter), si è distinta spesso come propalatrice di fake news e disinformazione antioccidentale. Poi, accolto da Xi Jinping, il primo ministro ungherese ha sottolineato la necessità di dialogare con la Cina come “importante forza stabilizzatrice” nelle crisi globali, senza mai menzionare il sostegno politico e tecnologico che Pechino sta fornendo alla guerra della Russia contro l’Ucraina. Pur cercando di far passare il suo attivismo diplomatico come parte di una più ampia strategia politica europea in occasione del semestre di turno di presidenza ungherese, già la scorsa settimana il capo della diplomazia dell’Ue Josep Borrell era stato costretto a sottolineare che la presidenza orbaniana “non comporta alcuna rappresentanza esterna dell’Unione”.
 

Ma le missioni non coordinate con l’Ue del primo ministro ungherese non sono così trascurabili, perché sono una prova ai leader autoritari sull’indipendenza della politica estera ungherese, e sono il perfetto hackeraggio a opera di Putin e Xi della politica europea. Non a caso da mesi ormai Pechino sottolinea la strategica importanza del semestre ungherese, e la visita in Cina di Orbán di ieri, sebbene meno grave di quella a Mosca, rappresenta una gigantesca rottura del protocollo diplomatico: del resto Xi era stato a Budapest solo due mesi fa, nell’ambito della missione europea che lo aveva portato anche in Francia e Serbia.
 

Tutti gli europei che hanno incontrato il leader cinese negli ultimi mesi hanno portato solo due messaggi coordinati a Pechino: fermare il sostegno a Mosca e le pratiche commerciali sleali contro l’Ue. Al contrario, Orbán ieri ha firmato accordi commerciali con Xi, dopo aver già trasformato l’Ungheria nel maggiore hub commerciale della Cina in Europa, e gli ha ufficialmente conferito il titolo di leader stabilizzatore. In un aumento delle tensioni con l’Europa, due giorni fa Budapest ha fatto saltare una missione della ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock che avrebbe dovuto tenersi ieri senza dare spiegazioni: la sua controparte ungherese, Péter Szijjártó, era con Orbán a Pechino. Daniel Hegedüs del German Marshall Fund ha scritto ieri su X che queste visite di Orbán potrebbero essere solo l’inizio di una serie di iniziative “scoordinate e indesiderate” da parte del primo ministro ungherese: “Il suo trollaggio può sembrare una politica di disturbo ma in qualche modo superficiale, e invece è strategico e sostanziale”.
 

Dopo il patto di sicurezza firmato a maggio scorso, a breve l’Ungheria accoglierà forze dell’ordine cinesi sul suo territorio. E per definire ancora meglio i contorni delle alleanze, sono già arrivati in Bielorussia – il miglior alleato di Putin della regione – i primi soldati cinesi che partecipano alle massicce esercitazioni militari congiunte sul confine polacco e sul fianco est della Nato, iniziate ieri.
 

Non a caso la destabilizzazione della politica estera europea da parte di Orbán, sempre più dalla parte dei regimi, arriva mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ieri a Varsavia, firmava insieme al presidente del Consiglio polacco Donald Tusk uno dei molti patti di sicurezza definiti negli scorsi mesi e in vista del summit della Nato che si apre oggi a Washington. Tra le novità più importanti dell’accordo Ucraina-Polonia ci sono “disposizioni per lo sviluppo di un meccanismo di intercettazione di missili e droni russi lanciati verso la Polonia all’interno dello spazio aereo ucraino”, ha detto ieri Zelensky. La pace che Orbán cerca in Cina è la stessa che vuole Putin, quella della resa ucraina e del conflitto permanente

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.