La Francia post elettorale

Il terzo turno di Macron alla prova del nuovo governo

Paola Peduzzi

Nelle bombe russe a Kyiv si vede quanto è decisivo disinnescare i lepenisti. La Francia della cosiddetta instabilità ha il premier di prima e nuovi interlocutori con cui dialogare. La nuova coabitazione (a tre)

Parigi, dalla nostra inviata. Sono tutti pronti a governare la Francia delle sorprese, ma per ora a Matignon, il palazzo del primo ministro, resta l’unico che non ci voleva stare, Gabriel Attal, il delfino di Emmanuel Macron che ha annunciato le sue dimissioni ma poi, di fronte alla richiesta presidenziale di continuare il mandato ancora per un po’, ha accettato. E’ una questione di stabilità, dopo lo scossone elettorale che ha fatto cadere frutti diversi da quelli attesi.

Da quando sono state indette le legislative anticipate all’inizio di giugno, si parla del deterioramento del rapporto tra presidente e premier  – “deleterio”, lo definisce Louis Hausalter del Figaro, sintetizzando un’opinione diffusa – dell’investitura e poi del tradimento, e del futuro dell’esperimento macroniano, perché è di questo che stiamo parlando. La storia del presidente e del premier si intreccia con quella al di là della barriera repubblicana, dentro al Rassemblement national dei musi lunghi (e dei diti medi: tanti a vedere i video delle reazioni ai risultati del secondo turno delle legislative, domenica), Marine Le Pen e Jordan Bardella, arrivati terzi. Nelle conversazioni elettorali il rapporto tra il delfino e l’aspirante presidente è il più citato e discusso: lo era quando tutti si aspettavano una vittoria decisa del Rn, figurarsi ora che bisogna già raccogliere i cocci, e sì che questa sembrava proprio la volta buona. Che ne sarà di Bardella, verrà stritolato dalla famiglia Le Pen, considerato il testimonial giusto di una de-diabolizzazione sbagliata o il contrario? Per ora non ci sono indizi chiari, il Rn è il primo partito all’Assemblea nazionale e dice che questo deve essere riconosciuto, ma si sente in ogni parola la delusione dell’occasione persa.

 

C’è da tirare un grande sospiro di sollievo di fronte al pericolo scampato: è impossibile non sovrapporre alla sorpresa francese le immagini dell’attacco terroristico di Vladimir Putin ieri a Kyiv contro l’ospedale pediatrico più conosciuto della capitale ucraina: la ricerca dei corpi tra le macerie, i bambini ammalati di tumore per strada da trasferire, uno strazio disumano voluto dal presidente russo.

Intanto i francesi hanno respinto il  Rn, che ha preso prestiti dalla Russia, che ammira Putin, che è contrario al sostegno duraturo alla difesa ucraina. La politica estera è di competenza del presidente e le decisioni sono di Macron, ma ma questo giugno di elezioni europee perse il 9 giugno e di primo turno delle legislative volute in tutta fretta e perse di nuovo aveva  infragilito la percezione della leadership dell’Eliseo, in un momento in cui la fragilità dell’occidente, per via del collegamento che si fa tra l’anziano presidente americano, Joe Biden, e lo stato di salute dei paesi liberali, era sulla bocca di tutt.

E’ difficile tirare linee dritte senza sbagliare quando si paragonano paesi differenti, ma se a farlo sono la saggista Anne Applebaum e lo storico Simon Schama, ci fermiamo a guardare. Applebaum scrive su X: “Alla fine Francia e Regno Unito votano contro l’estrema destra. La minaccia non si esaurisce, ma facciamo attenzione al centro, al centrosinistra, ai verdi, al centrodestra che sono ancora la maggioranza in Europa, dappertutto tranne in Ungheria”. Schama scrive: “Ieri la Francia, Modi che non ha trionfato, gli elettori contro Orban alle europee, Ankara e Istanbul all’opposizione di Erdogan, il PiS polacco sconfitto: non è tempo per i commentatori di rivedere i loro noiosi canovacci sull’inesorabilità del populismo nazionalista?”. Ecco, non si può sottostimare nulla, ma il sollievo della non-maggioranza del Rn, dopo che i francesi si sono contati nelle urne tre volte in trenta giorni, riguarda tutta l’Europa, ancor più in un giorno tragico come quello di Kyiv ieri.

Riguarda poi la scommessa di Macron, che è stata considerata una catastrofe e che invece per ora ha avuto l’esito di respingere l’assalto a Matignon dell’estrema destra. Ora si tratta di governare il nuovo assetto parlamentare tripartito che è certamente più instabile rispetto alla solida maggioranza parlamentare di Ensemble, il partito di Macron, che c’era prima. Ma questo governo ha già delle coordinate, come dicono fonti dell’Eliseo: la volontà è quella di costruire dialogo, alleanze di scopo, collaborazione con tutti i parlamentari che vanno dal Partito socialista+Place publique, quindi il centrosinistra, fino ai Républicains, cioè il centrodestra. Resterebbe fuori, oltre al Rn, anche la France insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Questo prima di tutto vuol dire che il Nuovo fronte popolare è stato un efficace strumento elettorale ma non è destinato a durare a causa delle incompatibilità interne considerate insormontabili: è una volontà di molti, ma non di tutti dentro al Partito socialista e agli insoumis che vogliono proporre un primo ministro entro la settimana. Nelle conversazioni dei deputati in arrivo ieri all’Assemblea nazionale freschi di elezioni, si intuisce la disponibilità a creare alleanze nuove rispetto a quelle del Nuovo fronte popolare, il che potrebbe portare il centro di gravità decisionale del Parlamento francese dov’era, cioè dai macroniani, ma con una legittimazione popolare nuova.

Non è un percorso semplice, ma è innovativo: la formula “né di destra né di sinistra” di Macron ora diventa “con la destra e con la sinistra”. Il fatto che Attal, che è notoriamente furibondo con il presidente perché non era stato consultato sull’azzardo elettorale e perché si è ritrovato delegittimato da questa scelta, abbia scelto di non rompere subito (molti danno per inevitabile la separazione in casa) con Macron è una buona soluzione. La Francia ha il premier di prima, un arco costituzionale cui attingere i voti delle riforme che va dal centrosinistra al centrodestra e una regia nel mezzo che può aumentare la sua influenza – ci sono instabilità peggiori.
 

Di più su questi argomenti:
  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi