Prima il partito, poi il governo
Lezioni politiche dal sistema francese, per gli scettici del doppio turno
Mentre il primo turno esalta la volontà di ciascun elettore di scegliere il partito da cui si sente meglio rappresentato, il ballottaggio privilegia la consapevolezza che una maggioranza può essere più facilmente formata proprio con i partiti meno distanti: un'analisi
I risultati delle elezioni parlamentari francesi hanno suscitato riflessioni preoccupate o apertamente critiche. Vi è chi segnala la difficoltà di formare un governo, dimenticando l’esistenza di governi di minoranza in rispettabili democrazie. Vi è chi, come il ministro degli esteri russo, afferma che le elezioni a doppio turno distorcono la democrazia, manipolando la volontà degli elettori. Ma ciò conferma la sua scarsa dimestichezza con i meccanismi della democrazia. Infatti, il sistema francese, a doppio turno di collegio, ha due importanti pregi. Mentre nel primo turno esso esalta la volontà di ciascun elettore di scegliere il partito da cui si sente meglio rappresentato, anche enfatizzando le differenze rispetto alle forze politiche più vicine, nel secondo turno viene privilegiata la consapevolezza che una maggioranza può essere più facilmente formata proprio con i partiti meno distanti. Come osservava Giovanni Sartori, il nostro maggior esperto di sistemi politici, mentre il meccanismo inglese del “primo che piglia tutto” comporta una drastica limitazione del numero di seggi ottenuti da partiti che ottengono milioni di voti, il sistema francese è meno distorsivo.
D’altra parte, se la maggioranza degli elettori avesse ritenuto inaccettabili gli accordi di desistenza, li avrebbe rifiutati, astenendosi dal votare candidati diversi rispetto a quelli preferiti. È accaduto il contrario. L’altro pregio è collegato con il collegio elettorale. Diversamente dall’attuale legge elettorale italiana, consente ai cittadini di dare il proprio voto ai candidati che si sono confrontati nel singolo collegio, anziché fornire una delega in bianco alle segreterie dei partiti. Non sottrae i parlamentari alle loro responsabilità di fronte all’opinione pubblica. Dalle vicende francesi possono trarsi due ulteriori spunti di riflessione per l’Italia. Nel contesto nazionale, le vicende degli ultimi hanno confermato l’esattezza delle critiche mosse da Sartori ad alcune “stramberie”, come il mantenimento di due camere pressoché uguali (diversamente dalla Francia e dal Regno Unito) ed entrambe spesso disoccupate. Nel contesto locale, ci si può chiedere perché si debba emendare la legge che prevede il doppio turno. Ed è paradossale che una parte della classe politica voglia cambiare un sistema meno imperfetto di molti altri. Come si suole dire in inglese, “if it ain’t broke, don’t fix it”, cioè se non è rotto, non aggiustarlo.