L'editoriale dell'elefantino
Perché Mélenchon è solo un bluff
Il leader della France Insoumise conferma la regola: i trotzkisti perdono pure se vincono. II black bloc senza cappuccio ha più dissidenti interni che voti
I trotzkisti perdono anche quando vincono. La Francia nelle mani di Mélenchon è un titolo da dementi, da travaglisti. L’apparenza che inganna, tipico miraggio estremista, come si è visto a sorpresa per il suo dirimpettaio Bardella. Ha parlato per primo ieri sera e ha cercato di afferrare per la coda una vittoria per lui inesistente, facendo il bullo con Macron e Attal che lo hanno sovrastato in seggi all’Assemblea nazionale e come sempre citando scolasticamente un poeta d’occasione. Un tribuno bolso, duro nel respingere la calunnia sul suo antisemitismo, che però è “un fenomeno residuale” per lui, impegnato a sbandierare i colori della Palestina in segno di liberazione della terra irredenta dagli ebrei genocidi, “dal fiume al mare”. Mélenchon è una specie di black bloc senza cappuccio, uno spauracchio di mestiere, un omaccio autoritario che ha fatto eleggere da indipendenti o dissidenti quelli che lo hanno mandato a quel paese e hanno subìto la purga del trotzkista, una contraddizione in termini vista la storia della Rivoluzione sovietica e di Stalin, i Ruffin e gli Alexis Corbière, con i voti degli odiati liberali o neoliberali alleati ai resti del proletariato di banlieue, liberali naturalmente sfrenati, che affamano la Francia, smantellano i servizi, fanno gravare le tasse sui piccoli e le tolgono ai grandi, eccetera.
Il precedente nobile, molto nobile, è Lionel Jospin, un socialista protestante a molti carati, che governò bene in coabitazione con Chirac, ma essendo trotzkista di tendenza Lambertista, così è in Francia, finì terzo alle presidenziali dietro Chirac e Jean-Marie Le Pen, dico Jean-Marie, non Marine. Mélenchon, quando ha tradito i socialisti francesi, ha inventato un brand di successo, Lfi, La France insoumise, i disobbedienti, per la gioia del Cretino Collettivo di sinistra, ha talento per il marketing più che per la politica, e qui si ferma. Ora ha praticamente tanti deputati quanti i socialisti traditi, molti meno della somma di socialisti comunisti e verdi, che risorgono in uno sforzo di serietà non demagogica e già dicono che non bisogna ostentare bambinismi e primitivismi come quelli di Jean-Luc, teorico di un Nouveau Front Populaire duro e puro, ci si deve comportare da adulti, segnale chiaro di Hollande, Glucksmann e perfino Marine Tondelier, verde centrista. Mélenchon vuole indicare il nome del primo ministro e attuare il programma ridicolo presentato agli elettori, non avrà il beneficio dell’una e dell’altra cosa. Cercherà di nuovo di trasformare il Parlamento in un bordello per i suoi manipoli, nei prossimi mesi e anni, nella speranza di ingannare il paese e di ingaggiare alla fine un duello presidenziale con Marine Le Pen o Jordan Bardella. Vaste programme, visto che anche nel suo partito sono sempre meno a sopportarlo, e il rischio sarebbe un ministro per la Pari opportunità come Adrien Quatennens, il suo pupillo beccato a picchiare la moglie e non ripresentato per il rotto della cuffia. A paragone di Mélenchon, Bertinotti è un genio della politica che neanche Machiavelli, per non dire di Fratoianni e Bonelli e Schlein e Conte.
Tempo al tempo, il bluff sarà chiamato. Liberarsi di Mélenchon diventerà lo sport più praticato nella gauche francese, più ancora che dannare la Macronie, e sputtanare il ritorno agli investimenti e all’industria, le nuove leve del lavoro mai così numerose e attive nella start up nation. Poi Macron sta lì, eletto dal popolo, anche da quel testone di Mélenchon, un altro come Marine che apprezza Lavrov e Putin, ricambiato, e Jupiter ha due anni e mezzo per evitare un altro duello tra le estreme. Questo lo ha scommesso a sorpresa, con gesto mitterrandiano o gollista classico, e lo ha vinto contro i bolsi tribuni della plebe, jupiterianamente, ma il postino suona sempre due volte, e aver cancellato le sciocchezze su di sé non vuol dire che verranno dimenticate, a meno che non riesca a dare al suo paese un programma e un governo che tengono conto della verità di questi sette anni straordinari sotto il suo regno e anche della grande bugia sociologica sulla Francia d’en bas oppressa dagli ex Rothschild attraverso il presidente dei ricchi, altra scemenza madornale, alla quale i francesi hanno in parte deciso di credere, fino a gonfiare lo scontro melodrammatico tra le estreme che però quello scontro hanno perso, con Jordan e Jean-Luc.