L'unione delle sinistre al lavoro
Scenari dalla tripartizione imperfetta del panorama politico francese
In Francia ora serve un accordo tra vincitori. Al Foglio il sociologo Wieviorka spiega i possibili prossimi passi del Nuovo fronte popolare: "A guidare la coalizione? Un tecnico à l'italienne o qualcuno di centro-sinistra accettabile, come Hollande. Mélenchon non ha la forza per imporre un candidato che gli assomiglia"
Parigi. “Come la maggior parte degli osservatori, penso che tra i partiti che formano il Nuovo fronte popolare (Nfp), il Partito socialista, i Verdi, il Partito comunista e la France insoumise, ci saranno molte tensioni in questi giorni. Ma non hanno altra scelta se vogliono mettere a frutto il risultato ottenuto al secondo turno delle elezioni legislative: devono restare uniti e mettersi d’accordo per proporre un primo ministro a Emmanuel Macron”. Michel Wieviorka è uno dei massimi sociologi francesi e fine osservatore delle dinamiche politiche della Quinta Repubblica. Autore di diversi saggi sul Front national, oggi Rassemblement national, e la gauche, Wieviorka analizza in un colloquio con il Foglio il day after delle legislative francesi, da cui è emersa una tripartizione imperfetta del panorama politico: il Nfp ha ottenuto il maggior numero di deputati, 176, Ensemble, la coalizione dei partiti che sostiene Macron, ha fatto meglio del previsto, conquistando 150 seggi, e il Rn e i suoi alleati, a sorpresa, sono arrivati terzi, con 143 scranni.
“Per le sinistre è un’occasione unica, ma se non troveranno un accordo il fronte esploderà e ci si potrebbe allora ritrovare in una situazione di ‘macronismo senza Macron’, ossia con un’alleanza che va dal centro-sinistra riformista fino alla destra. Una situazione che assomiglia molto all’en même temps del presidente della Repubblica, ma con un Macron non più padrone del gioco”, dice al Foglio Wieviorka, prima di aggiungere: “Siamo in una situazione complicata, ma non impossibile. Penso che lo scenario più verosimile sia un governo molto fragile ma che riuscirà comunque a evitare il peggio, o perché sarà presieduto da un tecnico, à l’italienne – il deputato centrista Charles De Courson è un nome che circola con insistenza per questo ruolo – o che sarà presieduto da un esponente politico di centro-sinistra accettabile. Le farò un nome che può sorprendere, ma attenzione a François Hollande. Non dico nell’immediato, ma a medio termine potrebbe tornare in pista per un ruolo di alto livello”.
Domenica sera, l’ex presidente della Repubblica è stato eletto deputato nella prima circoscrizione della Corrèze, il suo feudo, dove ha costruito la sua carriera nel Partito socialista. Ma difficilmente la sua figura potrà trovare i favori delle altre forze politiche di Nfp. Oliver Faure, l’attuale primo segretario del Partito socialista (Ps), ha dichiarato ieri mattina che Nfp “presenterà una candidatura per Matignon entro questa settimana”. Dal canto suo, la France insoumise (Lfi), la formazione della sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, sta facendo passare l’idea che, in quanto partito con il maggior numero dei deputati all’interno del Nfp, la scelta del candidato a Matignon sia una sua prerogativa. Mélenchon non ha chiuso definitivamente le porte a una salita al governo, ma i suoi toni incendiari contro Macron non piacciono neppure ad alcuni membri di Lfi, che infatti hanno deciso di abbandonarlo.
François Ruffin e Clémentine Autain, ex scudieri di Mélenchon ed entrambi rieletti deputati, hanno annunciato che non siederanno nel gruppo Lfi all’Assemblea nazionale. Ruffin, pochi giorni fa, ha definito Mélenchon una “palla a piede” per il partito, sulla scia delle critiche provenienti dagli altri deputati dissidenti Alexis Corbière, Raquel Garrido, Danielle Simonnet e Hendrik Davi. La demélenchonizzazione di Lfi è en marche? “Lfi è in crisi da molto tempo. Il discorso radicale di Mélenchon e dei suoi fedelissimi sulla questione israelo-palestinese ha fatto perdere al partito molti elettori. Per quanto riguarda il tema del primo ministro, Mélenchon non ha la forza per imporre un candidato che gli assomiglia”, secondo Wieviorka. Alcuni fanno il nome di Raphaël Glucksmann, artefice del successo dei socialisti alle elezioni europee di giugno, come potenziale candidato del rassemblement della gauche, del fronte della responsabilità. “Non credo possa essere la figura che farà uscire la sinistra dall’impasse della ricerca di un primo ministro. Anzitutto non è parlamentare in Francia, ma a Bruxelles: non ha l’esperienza per gestire una situazione di questo tipo. Siamo entrati in un periodo di trattative complicate, di tattiche politiche e di logiche d’apparato. Non può essere lui, a mio avviso, l’uomo della gestione di equilibri così sofisticati, dove bisogna passare molto tempo a negoziare in maniera segreta e discreta”, spiega Wieviorka: “In compenso, penso sia riuscito a imporre un’immagine molto forte di ciò che incarna, ossia una sinistra riformista, ragionevole e determinata allo stesso tempo”.
Per il sociologo francese, in ogni caso, siamo entrati “in una nuova èra politica”. “Uno scenario da non escludere da qui ai prossimi tre anni è una ricomposizione della sinistra e delle destre classiche”, con la prima che ruota attorno a Glucksmann, nuovo astro del socialismo, e la seconda attorno a Édouard Philippe, Gérald Darmanin e agli altri gollisti della maggioranza che già ora, “non sono più sotto la dipendenza di Macron”.
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