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Senza OpenAI, Pechino promuove le (più scarse) aziende cinesi di IA

Priscilla Ruggiero

L'azienda americana ha bloccato definitivamente i suoi servizi, fondamentali per gli sviluppatori di intelligenza artificiale nella Repubblica popolare cinese. Ora i media statali spostano l'attenzione sul mercato interno, che però manca "gravemente di autonomia"  

Roma. Prima bloccato dal Great Firewall cinese, poi dall’azienda stessa, OpenAI da martedì  scorso  non è più disponibile in Cina nemmeno tramite l’utilizzo di Vpn. Non è più disponibile soprattutto agli sviluppatori cinesi, che avevano accesso all’interfaccia di programmazione dell’applicazione (Api) dell’azienda americana e che attingevano alla sua  tecnologia per  sviluppare i propri servizi d’intelligenza artificiale. Ma la decisione da parte di OpenAI di chiudere anche all’accesso indiretto (l’azienda non ha specificato i motivi), al contrario di quanto stanno affermando i media statali cinesi, ha causato non poca preoccupazione dentro alle aziende della Repubblica popolare: il motivo è che  Pechino fa affidamento quasi interamente sui  modelli linguistici americani per sviluppare e migliorare i propri. 

 

Anche la scorsa settimana, alla conferenza mondiale sull’intelligenza artificiale di Shanghai, l’elefante nella stanza era l’imminente sospensione del servizio IA: il titolo della conferenza era “Governare l’intelligenza artificiale per il bene di tutti” ed era  incentrata sulla presentazione degli ultimi aggiornamenti di modelli nazionali in contrapposizione a GPT-4 per “l’autosufficienza tecnologica”, come SenseNova 5.5 sviluppato dall’azienda cinese SenseTime. Ma soltanto pochi mesi fa era stata la stessa Accademia di intelligenza artificiale di Pechino ad avvertire il premier cinese Li Qiang che la Cina mancasse “gravemente di autonomia” nel settore, e che la maggior parte dei modelli di intelligenza artificiale  sviluppati internamente fossero stati  in realtà   costruiti utilizzando quelli della statunitense Meta. 

 

Dopo le restrizioni americane sui chip – lo sviluppo nazionale dell’IA senza i chip avanzati  Nvidia è già in difficoltà – gli Stati Uniti aumentano i controlli su un altro accesso fondamentale allo sviluppo dell’intelligenza artificiale cinese. Tra i rischi c’è sempre l’interferenza di Pechino e i tentativi di aggirare le limitazioni, come per i chip, che nonostante le  restrizioni  sulle esportazioni  vengono contrabbandati e venduti sul mercato nero cinese  anche senza troppa difficoltà. Soltanto un mese fa  OpenAI ha affermato  di aver eliminato cinque  operazioni di influenza segreta, tra cui una  proveniente dalla Cina, che utilizzavano i suoi modelli di intelligenza artificiale per diffondere disinformazione online, mentre  l’anno scorso un hacker  avrebbe ottenuto l’accesso ai sistemi di messaggistica interna  dell’azienda per rubare  dettagli sulla progettazione delle tecnologie IA: sarebbe questo uno degli episodi che avrebbe fatto ipotizzare alla società un furto di segreti tecnologici interni da attori stranieri, come la Cina. 

 

Ora la  Repubblica popolare cinese  sta cercando di abbassare l’attenzione sul blocco di OpenAI  spostando il dibattito sulla promozione e sull’occasione fiorente che si sarebbe creata per   il mercato interno: la rivista finanziaria Yicai, in un editoriale, ha definito  la sospensione   una “piacevole sorpresa” per le società   nazionali che sono spesso trascurate dagli sviluppatori a favore di OpenAI, e le principali aziende cinesi stanno lanciando programmi di “migrazione” sulle loro piattaforme gratuiti, come il bot Ernie di Baidu, Qwen-plus di Alibaba, SenseNova 5.5 di SenseTime, GLM-4 di Zhipu Ai.     Così tante   che i  media statali  hanno chiamato questa corsa all’IA interna “la battaglia ai cento modelli”, ma gli  sviluppatori   cinesi sanno già che senza più l’accesso a OpenAI  sarà difficile tenere il passo. Su WeChat un utente ha espresso il timore che  l’uscita di OpenAI   possa rendere la Cina “isolata”, tagliandola fuori   dagli sviluppi tecnologici: poche ore dopo il post era già censurato.
 

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