Jean-Philippe Tanguy (foto Telmo Pinto/NurPhoto via Getty Images)

"Per il Rn, Vannacci non può fare il vicepresidente dei Patrioti", ci dice il braccio destro di Le Pen

Mauro Zanon

Jean-Philippe Tanguy conferma il veto del partito sovranista francese alla nomina del generale salviniano a numero due del nuovo eurogruppo, per via delle sue uscite omofobe e xenofobe. "E quello di Giorgia Meloni non è il nostro modello"

Parigi. “Il Rassemblement national (Rn) non vuole che Vannacci sia vicepresidente dei Patrioti per l’Europa”. Jean-Philippe Tanguy, braccio destro di Marine Le Pen e “Monsieur Economie” di Rn, ha confermato oggi in un’intervista al Foglio il veto del partito sovranista francese alla nomina di Roberto Vannacci come vice presidente del nuovo gruppo all’Europarlamento, che sarà guidato da Jordan Bardella. All’Afp, due giorni fa, Tanguy aveva detto che la nomina di Vannacci era “frutto di un annuncio unilaterale della Lega”, e Rn, ormai in una fase di “dédiabolisation” avanzata, lo considerava impresentabile: “Ci opponiamo”. Il giorno dopo, in un colloquio con La Stampa, era arrivato anche un intervento a gamba tesa del deputato Rn Laurent Jacobelli. “Non conosco personalmente Vannacci ma da quello che ho letto ha fatto delle dichiarazioni che non corrispondono ai valori del Rassemblement national. Per essere chiari, penso che questo signore non sarà vicepresidente. Mi sembra impossibile”, aveva sottolineato Jacobelli. Il riferimento era a certe riflessioni omofobe e xenofobe che Vannacci ha distillato qua e là nel suo libro-manifesto, “Il mondo al contrario”, e in occasione dei suoi interventi pubblici.

 

Per Tanguy, oltre a Vannacci, “è evidente che ci sono stati degli errori di selezione dei candidati in varie circoscrizioni”. “Ma siamo comunque il primo gruppo all’Assemblea nazionale e votiamo come un blocco unito a differenza degli altri. E saremo ancora più numerosi grazie ai nostri alleati Républicains con Éric Ciotti”, dice al Foglio Jean-Pierre Tanguy, il cui nome, prima del voto delle legislative, quando per Rn esisteva la possibilità di una maggioranza assoluta, circolava come possibile ministro dell’Economia di un governo Bardella.

 

Macron, per Tanguy, “non ha più il controllo della situazione” e il Nuovo fronte popolare, l’alleanza delle sinistre guidata dalla gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon, “ha i giorni contati”. “I socialisti sono pronti a tradire gli altri, è una questione di giorni o al massimo di settimane”. Tanguy, nato a Boulogne-sur-Mer (dipartimento del Pas-de-Calais), grandes écoles alle spalle (Essec e Sciences Po), e una carriera politica iniziata nelle fila di Debout la France di Nicolas Dupont-Aignan, è lontano dall’archetipo del militante della destra lepenista. Mentre Vannacci, durante la campagna per le europee, ha continuato a rivendicare la sua idea sull’“anormalità” degli omosessuali, il giovane deputato Rn, apertamente omosessuale, ha criticato Marion Maréchal, ex vicepresidente di Reconquête, il partito della destra radicale di Éric Zemmour, per aver “mancato di rispetto” a una coppia di genitori dello stesso sesso in un messaggio su X sulla maternità surrogata.

 

Quando gli chiediamo se la leader di Fratelli d’Italia e presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, è un modello da seguire per Rn la risposta è secca: “No”. “Ogni paese ha le sue tradizioni culturali, ogni paese ha la sua realtà politica. Abbiamo delle culture sorelle, ma abbiamo due sistemi diversi: non credo all’importazione di un modello straniero in un altro paese”, dice al Foglio Tanguy, prima di lanciare una frecciata al partito concorrente alla destra della destra. “Reconquête ha cercato di copiare il celebre discorso di Meloni ‘Sono una donna, sono una madre, sono cristiana’ e non ha per niente funzionato”. Tuttavia, conclude Tanguy, “come Rassemblement national riteniamo che la partnership con l’Italia debba essere importante almeno tanto quanto quella con la Germania. È questa la differenza tra noi e gli altri partiti in Francia, che considerano l’Italia un partner secondario rispetto alla Germania. Parigi e Roma dovrebbero avere un rapporto estremamente forte in virtù dei loro legami economici e culturali profondi”.

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