Il nuovo consenso dentro alla Nato sul ruolo della Cina nel caos globale

Giulia Pompili

Il Summit di Washington si conclude con un comunicato molto duro rispetto a quello dello scorso anno contro la minaccia rappresentata da Pechino. Che cosa è cambiato e che cosa cambierà nei rapporti – anche dell'Europa – con la leadership di Xi Jinping 

Se la Russia è il nemico, la Cina è una minaccia sempre più concreta non solo per la regione dell’Indo-Pacifico ma anche per i paesi occidentali e per l’intera Alleanza atlantica. Il comunicato finale del vertice della Nato di Washington, per la prima volta, parla della Repubblica popolare cinese senza usare frasi edulcorate e dialoganti, e con un linguaggio ben più diretto: “La Cina è  il facilitatore decisivo della guerra della Russia contro l’Ucraina attraverso il suo cosiddetto partenariato ‘senza limiti’ e il suo sostegno su larga scala all’industria di base della Difesa russa”, si legge. E poi: “Le ambizioni dichiarate e le politiche coercitive della Cina continuano a sfidare i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori”. Il cambiamento radicale di linguaggio, rispetto anche solo al comunicato dello scorso anno al Summit di Vilnius, corrisponde a un nuovo consenso tra i governi Nato sul ruolo della leadership di Xi Jinping nelle crisi globali.


Ieri tramite il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian, la Cina ha risposto parlando di parole cariche di “pregiudizi, diffamazioni e provocazioni”, ha dato la colpa della guerra in Ucraina alla Nato, e Lin ha aggiunto: “Non portate l’instabilità nell’Asia-Pacifico dopo averla portata in Europa”. Pechino teme non solo un allargamento della Nato, ma anche un’espansione dell’attenzione dell’Alleanza alle dinamiche dell’Indo-Pacifico, che fino a qualche anno fa era nel cono d’ombra di vicende considerate per lo più, da occidente, regionali. Da tre anni invece, sin dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, a partecipare ai summit della Nato ci sono anche i capi di stato e di governo di Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del sud.

 

La partnership fra Russia e Cina (e Iran) è minacciosa per il Giappone, che vede spesso nelle acque del suo arcipelago esercitazioni militari congiunte di Mosca e Pechino. Un anno fa, la proposta di inaugurare un ufficio di rappresentanza a Tokyo naufragò per l’opposizione della Francia. Ma nei giorni scorsi, ha scritto Politico, la proposta è stata rilanciata e ha trovato meno resistenze. A essere coinvolta direttamente nella guerra in Europa è pure Seul, dopo il patto fra il presidente della Federazione russa Vladimir Putin e il leader nordcoreano Kim Jong Un, a seguito del quale il regime nordcoreano ha iniziato a fornire armi e munizioni a Mosca in cambio di tecnologia militare. I partner dell’Indo-Pacifico hanno ben chiaro da tempo che la Russia di oggi è, molto probabilmente, la Cina di domani. Ciò che davvero ha cambiato la prospettiva dei paesi membri della Nato è il costante, quasi impercettibile aumento della minaccia cinese, che si fa sempre più concreta e diretta anche in Europa e non solo nella regione dell’Indo-Pacifico. Questa settimana l’Australia, insieme con gli altri paesi partner del Five Eyes più la Germania, ha pubblicato un rapporto che per la prima volta identifica gruppo di hacker  APT40 come direttamente collegato alla leadership cinese e responsabile di alcuni delle più gravi operazioni contro piattaforme istituzionali e private australiane. L’ultimo rapporto dell’Agenzia nazionale per la sicurezza informatica della Repubblica ceca, anticipato ieri da Euractiv, ha rilevato l’aumento delle attività di gruppi hacker sia cinesi sia russi nel rubare informazioni e più in generale nel tentare di penetrare nelle infrastrutture strategiche del paese. Il comunicato finale della Nato nel definire la Repubblica popolare una “sfida sistemica alla sicurezza euroatlantica” menziona non solo la guerra cibernetica, compresa la disinformazione, ma anche le attività spaziali cinesi e l’aumento degli armamenti, anche nucleari. 
A Washington ieri c’è stata per la prima volta una riunione tra i partner della regione dell’Indo-Pacifico con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, poi la riunione è stata allargata ai vertici Nato. Nelle stesse ore,  la Guardia costiera americana ha fatto sapere di aver individuato almeno tre navi da guerra cinesi pericolosamente vicine all’Alaska. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.