Accordi parlamentari
La Francia impara cos'è il dialogo, e ha un interprete adatto
La politica francese deve superare il suo nichilismo, ci dice Simon Kuper. La strategia di Raphaël Glucksmann e le altre convergenze
Il Nuovo fronte popolare (Nfp) francese deve tendere la mano agli altri interlocutori dell’arco costituzionale repubblicano, hanno scritto sul Monde ieri 70 esponenti di sinistra, intellettuali, attivisti, ex deputati: il punto di partenza è il programma presentato alle legislative – il Nfp ha il numero più alto di rappresentanti all’Assemblée nationale – ma non sarà il punto di arrivo, per quello bisognerà negoziare. Simon Kuper, giornalista del Financial Times autore, tra gli altri, di un libro appassionato su Parigi, la città in cui vive, “Impossibile City”, dice al Foglio che questa è una fase delicata per la Francia “perché qui la politica non è fatta per trovare soluzioni, è nichilista, un gioco a somma zero, in cui i partiti che non sono il tuo sono il male, e ti auguri che falliscano”.
In più, dice Kuper con un occhio al Regno Unito, “a differenza di quel che è accaduto con la vittoria del Labour a Londra, che ha dimostrato che la fase populista e brexitara è finita e gli inglesi non ne vogliono sapere almeno per un po’, in Francia il populismo c’è eccome, a destra e a sinistra”, presso il Rassemblement national e presso la France insoumise (l’Rn è il primo partito in Parlamento, gli insoumis sono la forza maggiore nel Fronte popolare). Bisogna farci i conti, perché se il loro elettorato si sente tradito poi alzerà la voce ai prossimi appuntamenti elettorali. Ma come si fa?
La politica francese è in un subbuglio che può portare da qualunque parte, anche all’implosione, ma c’è una predisposizione condivisa a unire i partiti che condividono i valori repubblicani, senza però fare l’errore di trascurare chi li ha votati. Un grande sostenitore di questa via è Raphaël Glucksmann, leader di Place publique, federato con il Partito socialista alle europee in un’alleanza di cui era capolista e che ha preso il 14 per cento dei voti, un successo considerando da dove si partiva. Glucksmann è spesso presente nelle liste dei possibili prossimi premier di Francia (pure in quelle dei possibili candidati alle presidenziali, come ha scritto non senza malizia il Figaro), ma ha scelto una strategia defilata e, come ha detto in un’intervista all’Obs, nessuno gli ha ancora proposto nulla. Glucksmann vorrebbe importare a Parigi le pratiche parlamentari che ha imparato al Parlamento europeo, costruire un dialogo che, come spiega Kuper, è ora culturalmente inimmaginabile, e resuscitare la socialdemocrazia, in collaborazione con tutte le altre forze moderate all’Assemblée nationale. Sembra un’utopia, messa così, ma il leader di Place publique è anche quello che ha partecipato – criticatissimo – al Nuovo fronte popolare con Jean-Luc Mélenchon (gli insoumis, durante la campagna per le europee, avevano attaccato più Glucksmann che i lepenisti) e che poi ha definito la politica delle desistenze – ritirare i candidati che al secondo turno avevano meno possibilità di battere il Rn – che si è rivelata efficacissima.
A Parigi si dice che i rapporti tra Glucksmann e il presidente Emmanuel Macron siano pessimi da molto tempo (sulle ragioni non c’è chiarezza), ma i loro progetti sono convergenti: formare un fronte di dialogo parlamentare che va dal centrosinistra al centrodestra, in grado di escludere i deputati dei gruppi estremisti – Kuper dice che l’estremismo francese è diverso da molti altri, “è antisemita, è razzista, è dal punto di vista economico utopico” – ma senza restare sordi alle richieste di chi li ha votati. E se questo fosse l’esito dell’azzardo macroniano, forse non sarebbe così propizio per il macronismo stesso, che aveva spopolato sinistra e destra, ma ricostituirebbe i due poli, con un perno centrista solido, non una catastrofe.