Pericolo franchi tiratori

Si schiarisce il cielo della riconferma di von der Leyen, senza passione

David Carretta

Con un voto segreto e un margine di appena quaranta voti per la maggioranza europeista, la riconferma della presidente della Commissione prevista il prossimo 18 luglio rimane incerta: si va a caccia di voti e i queenmaker della rielezione potrebbero essere i Verdi

Bruxelles. I Verdi sperano di resuscitare diventando i queenmaker di Ursula von der Leyen. Fratelli d’Italia dà un orientamento negativo, ma aspetta Giorgia Meloni. Nel Partito popolare europeo i franchi tiratori sono stati contenuti. Le telefonate ai capi dei partiti nazionali stanno stabilizzando i voti dei socialisti. I liberali di Renew sono troppo distratti dalla crisi che sta attraversando Emmanuel Macron per mettere in discussione la conferma. A una settimana dal voto del Parlamento europeo sull’elezione della presidente della Commissione, l’orizzonte di Ursula von der Leyen si sta schiarendo. Con un voto segreto e un margine di appena quaranta voti per la maggioranza europeista – Partito popolare europeo, Socialisti&Democratici e Renew – rimangono ancora delle incertezze. Tuttavia “dovrebbe farcela”, dicono al Foglio diverse fonti del Parlamento europeo, prima di aggiungere: “Nessuno è entusiasta”. Von der Leyen è poco amata. Il secondo mandato non genera grandi aspettative. Gli incontri che ha avuto finora con i gruppi politici sono stati segnati dall’impressione di una grande vacuità. Le promesse contraddittorie ai vari interlocutori sollevano sospetti. La sua probabile conferma sarà per difetto. Ma per lei l’importante è raggiungere il 18 luglio i 361 voti di cui ha bisogno per restare alla testa della Commissione per altri cinque anni. Poi sarà libera di fare ciò che vuole.
 

Sui 720 membri del Parlamento europeo, la maggioranza europeista conta 401 eletti. Quaranta voti non bastano a mettere von der Leyen al riparo dal rischio dei franchi tiratori dentro il Ppe, S&D e Renew. La sua squadra sta dando la caccia a una cinquantina di voti di sicurezza. Il momento chiave per la rielezione di von der Leyen probabilmente è stato mercoledì, durante l’incontro con il gruppo dei Verdi, che conta 53 eletti. Usciti sconfitti dalle elezioni europee del 9 giugno, fortemente ridimensionati in termini numerici e con un’agenda ambientale diventata impopolare, i Verdi vogliono usare la conferma di von der Leyen per rientrare nei giochi politici dell’Ue. Hanno proposto di entrare nella maggioranza. Hanno scritto un documento programmatico in cui si insiste più sulla competitività dell’industria e del green tech che su nuove regolamentazioni ambientali. “Abbiamo avuto uno scambio molto costruttivo”, ha detto la presidente dei Verdi, Terry Reintke, al termine dell’incontro. Con von der Leyen “ci sono molte cose in comune e su cui vogliamo andare nella stessa direzione”. Inoltre “c’è un interesse comune contro l’estrema destra”. La minaccia interna ed esterna costituita dall’estrema destra è una buona scusa per i Verdi per sostenere von der Leyen. “Sappiamo cosa accade in autunno con le elezioni negli Stati Uniti. Avere una maggioranza stabile, avere un’Ue stabile che lavora costruttivamente insieme, è nell’interesse comune e questo è qualcosa che è emerso chiaramente nell’incontro”, ha spiegato Reintke.
 

Il problema verde di von der Leyen è che non può permettersi di fare concessioni in pubblico, perché rischia di perdere decine di voti dentro il Ppe. A partire dai deputati della sua Cdu, che esigono una marcia indietro sul Green deal e in particolare sulla fine delle auto a benzina e diesel  nel 2035. “Von der Leyen sta facendo promesse a tutti, spesso contraddittorie. Ma solo due persone sanno quali sono. Von der Leyen e il suo capogabinetto”, spiega un funzionario. È l’arte dell’equilibrismo per non scontentare nessuno. Dentro il Ppe ci saranno defezioni, ma per il momento sono limitate. Si stanno facendo pressioni sui Républicains francesi perché cambino idea sul loro voto contrario. Tra i socialisti ci sono altri malumori e ci saranno franchi tiratori, ma le due delegazioni chiave – il Pd italiano e il Psoe spagnolo – sembrano acquisite. Nei liberali solo sei membri irlandesi hanno annunciato un voto negativo per la posizione pro Israele di von der Leyen. Gli altri nel gruppo Renew sembrano accontentarsi dell’impegno a non avere una cooperazione “strutturale” con il gruppo dei Conservatori e riformisti europei (Ecr), dove siede Fratelli d’Italia, perché considerato di estrema destra. Nell’Ecr, che incontrerà martedì, von der Leyen può contare su una decina di voti di partiti di governo – i belgi della la N-VA e i cechi di Petr Fiala – in attesa di sapere cosa farà Fratelli d’Italia. Nicola Procaccini ieri ha detto che per ora l’orientamento è “negativo”, ma anche che seguirà le “indicazioni” di Giorgia Meloni.