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Iraniani nei campus

Così l'Iran fomenta le proteste universitarie su Gaza per spezzare l'occidente

Giulio Meotti

L’accusa americana: "Elementi di Teheran si spacciano per attivisti e forniscono persino sostegno finanziario ai manifestanti"

Il regime di Teheran ha cercato in questi mesi di fomentare le proteste contro Israele negli Stati Uniti e in Europa. In alcuni casi si è spinto fino a fornire sostegno finanziario ai manifestanti propalestinesi. Lo ha denunciato la Casa Bianca, spiegando come Teheran da mesi cerchi di approfittare delle contestazioni alla guerra a Gaza per creare disordini nelle società occidentali. La strada preferita per questa campagna d’istigazione sono le piattaforme social. “Abbiamo osservato elementi legati al governo iraniano che si spacciano per attivisti online, cercando di incoraggiare le proteste e fornendo persino sostegno finanziario ai manifestanti”, ha denunciato la direttrice della National Intelligence, Avril Haines. Secondo Lorenzo Vidino, direttore del Programma sull’Estremismo della George Washington University, la maggior parte delle manifestazioni non è influenzata dall’esterno. Ma “alcune  organizzazioni che hanno avuto un ruolo nelle proteste dei campus hanno legami con Hamas”. Il regime dell’ayatollah non si è lasciato sfuggire che il  pubblico occidentale è critico di Israele. Da qui la lettera di encomio di Khamenei agli studenti americani.

“L’Iran utilizza gruppi politicizzati di sinistra all’interno delle università per destabilizzare le democrazie europee”, scrive Emmanuel Razavi, un importante reporter franco-iraniano autore del libro “La face cachée des mollahs”. Un professore dell’Università di Teheran, Foad Izadi, che ha conseguito un master all’Università di Houston, ha parlato sulla tv iraniana delle proteste negli Stati Uniti. “Prima o poi, questo tipo di sostegno al regime sionista da parte del regime americano diminuirà. Ecco perché le manifestazioni sono importanti. Questi (gli studenti americani) sono il nostro popolo”. 

Un’inchiesta del Tablet dal titolo “The people setting America on fire” spiega: “Politicamente, le proteste hanno mostrato un mix incoerente di progressismo, islamismo, anarchismo e comunismo. Molti sono di estrema sinistra. Alcuni sono stranieri, o figli di stranieri, che hanno importato le cospirazioni e gli odi delle loro terre d’origine”. Ma gli studenti non sono l’unica, e forse nemmeno la più importante, fazione attiva nelle proteste. “Organizzatori professionisti,  black bloc, rivoluzionari marxisti e radicali palestinesi e islamici hanno svolto un ruolo centrale nell’organizzazione e nell’escalation delle proteste nei campus. Questa rete di agitatori in gran parte decentralizzata è, a sua volta, politicamente e finanziariamente sostenuta da una vasta rete di organizzazioni no-profit, ong, fondazioni e gruppi di denaro”. Un giorno forse si saprà anche da dove arrivava. 

Nel suo esilio parigino di Neauphle-le-Château, fuori Parigi, l’ayatollah Khomeini organizzò il quartier generale della rivoluzione islamica, trasformandolo nel suo centro stampa internazionale. Così gli ayatollah al tempo raccolsero il favore della sinistra occidentale in odio verso lo Scià, Israele e gli Stati Uniti, mentre in Iran usavano la sinistra nelle università. Oggi la Repubblica Islamica apre il fronte interno all’occidente.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.