IL PASTONE TEDESCO – GIORNO 28

Verso la finale di Euro 2024: Inghilterra e Spagna a caccia del titolo

Fulvio Paglialunga

Domani, l’Europa avrà un nuovo campione. Rodri e Pickford, le stelle della finale. L'Italia, lontana dai successi di tre anni fa, guarda da spettatrice. Intanto, il giovane talento Yamal conquista milioni di follower su Instagram dopo un gol capolavoro

Il pastone, nel linguaggio giornalistico, è – dice la Treccani – un “servizio che riporta i fatti politici del giorno insieme con dichiarazioni e informazioni”. Per ogni giorno dell’Europeo di Germania, dall’esordio fino alla finale, qui ci saranno i fatti del giorno. Quelli seri e quelli no. Quelli del campo, quelli degli spalti, quello che c’è intorno. Questo, insomma, è il Pastone Tedesco.

  

Il punto. Un altro giorno, poi sapremo chi è campione d’Europa tra Inghilterra e Spagna, se gli spagnoli si sono ripresi il dominio del calcio europeo o se gli inglesi finalmente sono riusciti a portare a casa il trofeo che non hanno mai vinto. Domani si saprà chi succede all’Italia e sembra che si stia parlando di ere geologiche fa, perché l’Italia derelitta che poi non ha giocato il Mondiale in Qatar e a questo Europeo ha fatto una figuraccia sembra così lontana da non ricordarci più niente. Invece sono passati tre anni. Vabbé, concentriamoci sul presente e sulle due squadra che ora vogliono vincere

 

Troppe partite? Le nazionali incidono per il tre per cento

Questo è l’Europeo della stanchezza. Si vedono squadre che non osano, con i calciatori arrivati in fondo a una stagione lunghissima e provati, quindi al risparmio anche perché finito il torneo comincia già la prossima. Il raffronto con l’ultimo Mondiale, qualitativamente altissimo, ha portato quasi a una conclusione: giocare a stagione in corso alza il livello, giocare ora vuol dire fare quel che si può. Non troppo, vista la stagione. Ma il Cies ha analizzato gli ultimi dodici anni di quaranta dei maggiori campionati del mondo e ha tirato fuori un numero, incontestabile come tutti i numeri: gli impegni con i club a livello nazionale (campionato e coppe) rappresentano il 91,4 per cento, le coppe internazionali il 5,5 per cento e le Nazionali (comprese under 23, 21 e 20) solo il 3,1 per cento. Nei prossimi quattro anni, secondo la proiezione, le squadre giocheranno l’1,4 per cento in più di partite per effetto dei nuovi format delle coppe, ma i minuti giocati dai calciatori resteranno più o meno gli stessi, tenendo conto delle cinque sostituzioni e l’allargamento delle rose. Teniamo questo dato da parte, per la prossima volta che le società si lamentano per le partite delle Nazionali.

 

Yamal e la fila su Instagram

La speranza è che Yamal abbia le notifiche del cellulare silenziate. Perché martedì sera ha segnato il suo gol capolavoro contro la Francia e mercoledì mattina ha trovato una coda virtuale al casello del suo account Instagram. Dice il sito Social Blade, che analizza i social media, che tra mercoledì mattina e giovedì mattina ha conquistato 2,5 milioni di nuovi follower. Gente che forse colpevolmente non lo conosceva, o che giustamente voleva conoscerlo meglio o che comprensibilmente, colpita dalla foto diventa virale del piccolo Yamal che fa il bagnetto aiutato da Messi ha pensato di trovarne altre così. Sempre secondo Social Blade nessun calciatore aveva mai ottenuto un risultato del genere in un giorno solo. Se si vuol fare un paragone, nello stesso lasso di tempo Cristiano Ronaldo, che vanta 634 milioni di follower, ne ha conquistato altri 85mila. Lionel Messi, con una tribù di 504 milioni di followers, 70mila. Al momento in cui scrivo i follower di Yamal sono 11,6 milioni. Ma, ricordiamolo, compie 17 anni oggi.

 

Pickford, una carriera grazie al cambio di cognome

Ha parato il rigore che ha permesso all’Inghilterra di arrivare in semifinale e poi qui, alla partita decisiva. E ha fatto discutere per la sua borraccia con i nomi dei calciatori della Svizzera e le istruzioni per parare i tiri dagli undici metri. Ma se Jordan Pickford è arrivato fin qui, senza passare un’infanzia infernale, è per merito del padre: il suo cognome originale era Pigford, infatti, e quel “Pig” all’inizio, che in inglese vuol dire maiale. E il padre stesso si era sentito, per molti anni, chiamare con il nomignolo “Piggy”, per prenderlo in giro, giocare con il cognome. Come fanno la maggior parte dei ragazzini, degli adolescenti. Allora il padre si è detto: perché anche mio figlio Jordan deve subire tutto questo, dopo che l’ho subito io? Così si è attivato e ha cambiato il cognome del figlio: via la “g”, dentro “ck”, ed ecco che adesso la porta dell’Inghilterra è difesa da Pickford e non da Piggy, da un fuoriclasse e non da uno che all’inizio del cognome ha “maiale” con tutto quello che può conseguirne.

 

Rodri non perde mai

È chiaro che Rodri sarà tra i titolari della Spagna in finale. Ma forse De la Fuente lo avrebbe schierato anche infortunato, ammalato, anche a costo di averlo in campo immobile, pur di poter contare su di lui. Su lui e sul suo stellone, ma nel calcio è difficile che si possa parlare di fortuna. Le squadre di Rodri vincono perché hanno lui, anche. Ma soprattutto lui non perde mai. Il dato è impressionante: dal 28 marzo 2023 ha giocato ottanta partite, diciotto nella stagione 2022/2023 e sessantadue in questa. Già il dato di sessantadue partite in una stagione è straordinario, tra Manchester City e Spagna, ma ancor di più lo è il fatto che di queste partite ne abbia persa solo una, la finale di FA Cup contro lo United. Il totale dice che ne ha giocate 66 con il City, 14 con la Spagna e di queste 63 sono state vittorie, 16 i pareggi e quell’unica sconfitta lì che macchia il percorso netto, ma che dice che lui non sa cosa vuol dire finire una partita con l’avversario che festeggia. Infatti è nella Spagna che è andata avanti finora vincendole tutte, dalla prima fino alla semifinale. E che, naturalmente, non vuole che il curriculum della sua stella si rovini domani.

 

La domanda in Inghilterra: lunedì indire o no un giorno di festa nazionale?

Di bello degli inglesi è che non imparano mai. Forse stanno cominciando a capire che cantare “It’s coming home” proprio bene non porta e quindi ci hanno provato all’inizio e ora non se ne sente più parlare. Chiaro che lo pensano, chiaro che si sentono i padroni del calcio (di cui sicuramente sono gli inventori) e che quindi sono pronti a dire che è tornato a casa. Ma un po’ di scaramanzia, diamine. Però se pensate che hanno capito la lezione, ecco direi di no. In Inghilterra, adesso, la questione è: lunedì è giusto o no dare un giorno di festività all’intera nazione? Il punto è proprio questo: c’è gente che parla (e la stampa riferisce) della necessità di un giorno di riposo per poter festeggiare la vittoria dell’Europeo. Prima di iniziare, prima di giocare, sapendo che partono da sfavoriti, ma loro si sentono inglesi (cioè, lo sono. Si sentono nel senso che credo di avere diritti maggiori in quanto tali). La decisione spetta al nuovo primo ministro Keir Starmer che ha silenziosamente fatto un cenno sulla questione al vertice Nato di Washington. Non dicendo che il giorno di festa potrebbe esserci anche in caso di sconfitta, ma lasciando intendere che in caso di vittoria in qualche maniera si festeggerà. Niente, non imparano mai.