Nella storia
Gli attentati ai presidenti americani, falliti e riusciti
La superstizione della "maledizione dell'anno zero", le armi e gli attentatori, dal 1835 a oggi
Donald Trump se la è cavata con un buco nell'orecchio, ma sono rimasti uccisi sia l'attentatore sia uno di coloro che stava assistendo al comizio a Butler, in Pennsylvania. E altri due tra il pubblico sono feriti in condizioni critiche.
La storia politica americana è piena di attentati e omicidi a un punto tale che era nata addirittura una superstizione sul fatto che i presidenti eletti negli anni terminanti per zero erano destinati a morire in carica. In effetti, questa “maledizione dell'anno zero” si ripetè con sinistra regolarità per ben sette volte di fila, tra 1840 e 1960. William Henry Harrison, che iniziò questa macabra lista, morì il 4 aprile 1841 a un mese esatto dall'insediamento. All'epoca si disse per una polmonite provocata proprio dal clima umido del giorno dell'inaugurazione, ma una analisi del 2014 ha concluso piuttosto per l'esito di una febbre enterica pregressa. Warren Harding morì poi il 2 agosto 1923 di apoplessia, e Franklin Delano Roosevelt il 12 aprile 1945 di emorragia cerebrale, ma ben quattro furono assassinati.
Il primo e l'ultimo tra di loro furono i più noti: Abraham Lincoln, ucciso il 15 aprile 1865 dall'attore e fanatico sudista John Wilkes Booth; John Fitzgerald Kennedy, ucciso il 22 novembre 1963 da Lee Harvey Oswald, ex-marine e simpatizzante comunista che era andato addirittura in esilio in Urss e vi era tornato con una moglie russa. Anche sulla vicinanza tra la loro sorte le leggende metropolitane si sprecarono, anche perchè di coincidenze ve ne era in effetti una quantità. Eletti a un secolo esatto di distanza, entrambi dopo aver lottato in favore dei neri, uccisi vicino a mogli incinte che persero il figlio. Lincon aveva un segretario che si chiamava Kennedy e fu ucciso nel Teatro Ford; Kennedy aveva una segretaria che si chiamava Lincoln e fu ucciso su una Ford Lincoln. Ed entrambi gli assassini furono uccisi prima del processo.
Ci sono però anche alcune differenze. Wilkes Booth, che aveva sparato alla nuca di Lincoln con una pistola Derringer calibro 44 ed era poi riuscito a fuggire, una volta individuato fu ferito a morte durante l'arresto. E i contorni della cospirazione di sudisti per vendicare la sconfitta nella Guerra Civile sono piuttosto chiari. Oswald fu invece ucciso due giorni dopo l'arresto, mentre veniva trasferito dalla Centrale della polizia di Dallas alla prigione della contea. L'uccisore fu Jack Ruby: un gestore di un night club apparentemente affetto da turbe psichiche e grande estimatore di Kennedy ma, secondo alcuni, collegato a potenti mafiosi e indagato per cospirazione dalla Commissione d'inchiesta presieduta da Earl Warren. Ruby, già noto come mitomane con la mania di intromettersi nelle indagini della polizia, affermò di aver voluto vendicare il presidente per risparmiare alla moglie Jacqueline di testimoniare al processo. Il tutto resta piuttosto oscuro, ed ha infatti dato occasione a una quantità di ipotesi.
Tiratore scelto nei marines, Oswald aveva poi sparato da un deposito con un 91/38: iconico fucile italiano delle due guerre mondiali, che i Carabinieri usarono fino agli anni 60. Il tiro di precisione pure da un deposito e lo scenario oscuro tendono semmai ad avvicinarlo al ventenne Thomas Matthew Crooks, che ha ora sparato otto colpi con un Ar-15.
Meno ricordati sono gli altri due presidenti assassinati. Uno fu James Garfield. Insediato il 4 marzo 1881, il 2 luglio fu ferito gravemente in una stazione ferroviaria di Washington da Charles J. Guiteau; un avvocato disoccupato che gli sparò quattro colpi con una pistola Webley Bulldog calibro 44, centrandolo con due. Morì il 19 settembre 1881: anche per colpa dei medici, che cercarono di estrarre i proiettili con le dita senza sterlizzarle. Poi impiccato, Guiteau era risentito per non essere stato nominato console a Parigi dopo aver scritto il testo di un comizio a favore di Garfield.
L'altro fu William McKinley. Eletto nel 1896 e confermato nel 1900, il 6 settembre del 1901 dopo aver pronunciato un discorso all'Esposizione panamericana di Buffalo fu colpito da un anarchico di origine polacca, Leon Czolgosz, che gli sparò con una rivoltella Iver Johnson calibro 8 mm, comprata quattro giorni prima per quattro dollari e mezzo. McKinley morì il 14 settembre in seguito alle ferite riportate. Czolgosz finì sulla sedia elettrica. Il suo attentato va inserito in una sprta di ondata mondiale di attentati anarcici contro capo di Stati per cui l'anno prima Gaetano Bresci aveva ucciso il re d'Italia Umberto I, e sette anni prima l'oriundo italiano Sante Caserio il presidente francese Marie François Sadi Carnot.
Il primo presidente degli Stati Uniti a subire un tentativo di omicidio era stato peraltro proprio quell'Andrew Jackson che è stato visto come un antesignano di Trump. Il 30 gennaio 1835 l'imbianchino Richard Lawrence tentò due volte di sparargli nel portico orientale del Campidoglio dopo che Jackson aveva lasciato un funerale tenutosi nella Camera dei Rappresentanti. Ma entrambe le pistole fecero cilecca, e l'aggressivo Jackson lo riempì di bastonate. Lawrence finì in manicomio fin alla morte, nel 1861,
Per un pelo la maledizione del numero zero non si ripetè con Ronald Reagan; eletto nel 1980, e il 30 marzo 1981 durante un discorso a Washington gravemente ferito da uno dei sette colpi sparati con un revolver Röhm Rg-14 calibro 22 da John Hinckley: uno squilibrato innamorato dell'attrice Jodie Foster, che con questo gesto voleva attirare la sua attenzione. Reagan fu prontamente accompagnato nella sua limousine dall'agente Jerry Parr mentre uno dei proiettili rimbalzò sull'armatura blindata, colpendo il presidente al braccio sinistro, perforandogli un polmone e arrestandosi a soli 25 millimetri dal cuore. Dai colpi sparati, vennero feriti il portavoce della Casa Bianca James Brady, a cui le lesioni procurarono una paralisi di metà corpo e lo costrinsero alla sedia a rotelle fino alla morte avvenuta nel 2014; l'ufficiale di Polizia Thomas Delahanty e un agente, Timothy McCarthy. Il resto della scorta provvide a fermare l'attentatore, sottraendolo ad un possibile linciaggio da parte della folla. Il presidente fu condotto al Washington University Hospital, dove fu operato d'urgenza: fu poi dimesso il 21 aprile. In sala operatoria, subito prima dell'intervento, Reagan si tolse la maschera dell'ossigeno per rivolgere ai medici la battuta: “Spero siate tutti repubblicani”. Hunckley finì in un istituto psichiatrico, da cui è uscit nel 2016.
Anche Theodore Roosevelt come Trump fu ferito da ex presidente mentre cercava di venire rieletto. Succeduto a McKinley come vicepesidente e rieletto nel 1904, nel 1908 aveva deciso di lasciare il posto a William Howard Taft. Deluso dal suo operato, nel 1912 decise però di ricandidarsi con un nuovo Partito Progressista, e appunto durante a campagna elettorale il 14 ottbre mentre stava entrando nell’auto che lo aspettava, fu avvicinato dall’immigrato tedesco John Schrank che gli sparò con una Colt Police Positive Special calibro 38. Mentalmente disturbato, non aveva nulla di personale contro Roosevelt, ma non accettava che un uomo volesse diventare presidente più di una volta, e dieva che McKinley lo aveva inspirato in sogno. A fare scudo a Roosevelt furono però il testo in 50 pagine di un suo discorso elettorale e una custodia in metallo per occhiali, che rallentarono il proiettile. Pur ferito, Roosevelt non subì grossi danni; il proiettile non fu mai rimosso perché l'operazione sarebbe stata rischiosa. Anzi, fece il successivo comizio sporco di sangue spiegando che gli avevano appena sparato, ma ci voleva molto di più per farlo fori. Effettivamente il repubblicano Taft arrivò solo terzo, ma l'effetto della spaccatura repubblicana fu la vittoria del democratico Woodrow Wilson. Schrank finì in manicomio fino alla morte.
Ci furono poi altri attentati in cui presidenti rimasero illesi. Anche Lincoln prima di essere ucciso nell'agosto 1864 fu mancato per poco dal colpo di fucile sparato da un ccchino rimasto ignoto, che gli bucò il cappello metre cavalcava a nord della Casa Bianca. Il 15 febbraio 1933, diciassette giorni prima della prima inaugurazione presidenziale di Roosevelt, il mafioso Giuseppe Zangara sparò cinque colpi a Roosevelt a Miami, in Florida. I colpi di Zangara mancarono il presidente eletto, ma fu ferito mortalmente il sindaco di Chicago Anton Cermak e ferito altre quattro persone. Zangara si dichiarò colpevole dell'omicidio di Cermak e fu giustiziato sulla sedia elettrica il 20 marzo 1933. C'è il sospetto che il mandante fosse Al Capone.
Il primo novembre 1950 i due attivisti indipendentisti portoricani Oscar Collazo e Griselio Torresola, tentarono di uccidere Truman alla Blair House, dove il presidente si era spostato intanto che la Casa Bianca era sottoposta a importanti lavori di ristrutturazione. Nell'attacco morirono due poiziotti e Torresola, mentre Collazo, sopravvissuto con gravi ferite, fu condannato a morte. Ma Truman commutò la condanna in ergastolo, e nel 1979 Carter lo graziò.
Il 22 febbraio 1974 Samuel Byck cercò di dirottare un Dc-9 all'aeroporto internazionale di Baltimora-Washington dopo aver ucciso un agente di polizia della Maryland Aviation Administration, con l'idea di buttarvisi sulla Casa Bianca per uccidere Nixon. Ferito dalla polizia, si suicidò.
Il 5 settembre 1975 sul terreno settentrionale del Campidoglio dello Stato della California Lynette "Squeaky" Fromme, una seguace di Charles Manson, puntò una pistola Colt M1911 calibro 45 su Gerald Ford, mentre lui stava per stringerle la mano in mezzo alla folla. Ma non la sapeva usare, e non sparò. Finì all'ergastolo, ma fu rilasciata nel 2009. 17 giorni dopo a San Francisco Sara Jane Moore sparò con una rivoltella contro Ford da 12 metri. Ma un passante aveva fatto in tempo ad afferrarle il braccio, e il colpo ferì lievemente un tassista. Anche lei finì all'ergastolo, e fu rilascista nel 2007.
C'è un dubbio sul presidente Zachary Taylor, morto il 9 luglio 1850 a causa di una malattia diagnosticata come colera, dopo aver mangiato ciliegie e latte durante una celebrazione del 4 luglio. Quasi immediatamente dopo la sua morte, iniziarono a circolare voci secondo cui Taylor era stato avvelenato da sudisti pro-schiavitù.