il programma di trump

Una convention cambiata dagli spari

Marco Bardazzi

Lunedì si apre la convention dei repubblicani a Milwaukee. L'appuntamento, già destinato a segnare il trionfo di Trump, dopo l'attentato sarà una celebrazione del Capo sopravvissuto. Così passeranno di nuovo in secondo piano le idee e le parole con cui l'ex presidente vuole ridisegnare l’America dei prossimi anni: dalla deportazione al piano energetico

Chissà se adesso ci sarà di rivedere il punto 7. Scorrendo i venti punti di sintesi del programma politico che i repubblicani approveranno nella convention che si apre lunedì a Milwaukee, in Wisconsin, quel passaggio salta agli occhi dopo gli spari di Butler contro Donald Trump: “Difendere la nostra Costituzione, la nostra Carta dei diritti e le nostre libertà fondamentali, incluse la libertà di espressione, la libertà di religione e il diritto di possedere e di portare armi”. È uno dei passaggi decisivi della piattaforma programmatica dei repubblicani e sarà un tema di ampia discussione ora che la campagna elettorale ha assunto tutta un’altra drammaticità. La stessa convention di Milwaukee è probabilmente tutta da reinventare e una delle conseguenze più probabili è che passeranno di nuovo in secondo piano le idee e le parole con cui Trump vuole ridisegnare l’America dei prossimi anni. Nei venti punti del programma politico, per esempio, c’è un altro termine che meriterebbe di essere approfondito: è la parola deportation, riferita a ciò che attende centinaia di migliaia, forse milioni di immigrati che si trovano negli Stati Uniti senza i documenti in regola.

 

Nelle due settimane trascorse dal dibattito televisivo con Joe Biden, mentre i democratici vivevano uno dei momenti più drammatici della loro storia e mettevano sotto processo il loro candidato, Trump è stato lontano dai riflettori e si è dedicato a preparare la convention che già era destinata a segnare il suo trionfo e che ora sarà una celebrazione del Capo sopravvissuto. In particolare, ha messo mano in prima persona alla piattaforma del partito, elaborata da una apposita commissione interna e pensata come programma di governo per i prossimi quattro anni. E l’ha completamente stravolta.

 

Un’ulteriore conferma di quanto il Partito repubblicano non esista più, se non come una struttura a controllo familiare dominata da Trump, i figli Eric e Donald Jr. e la nuora Lara, che da quattro mesi è la co-presidente del Republican National Committee, l’organo direttivo di quello che era un tempo il Grand Old Party (Gop). Neppure tutta la famiglia, in realtà, è sopravvissuta ai tagli e alla riorganizzazione decisa dall’ex presidente: sul palco sono annunciati interventi di Eric e Lara, Donald Jr e la fidanzata Kimberly Guilfoyle (anche per lei quotazioni in crescita), ma non Ivanka e il marito Jared Kushner, né Melania e il figlio diciottenne Barron.

 

Nel riscrivere il programma politico, riempiendolo in puro stile Trump di lettere maiuscole, superlativi e punti esclamativi, The Donald ha voluto chiarire che punterà moltissimo sul tema dell’immigrazione. Punto primo dei venti punti che farà approvare: “Sigillare il confine e fermare l’invasione dei migranti”. Punto secondo: “Realizzare la più grande operazione di deportazione nella storia americana”. Un concetto che riemerge poi in altri cinque o sei punti, per dare un chiaro segnale di quali saranno le priorità di un eventuale quarantasettesima presidenza degli Stati Uniti, se il 5 novembre gli americani sceglieranno quello che è già stato il loro quarantacinquesimo presidente.

 

Certo, bisogna intendersi sulla parola deportation. In inglese non ha il carico negativo che porta con sé l’italiano “deportazione”, è un termine ufficiale delle autorità federali per l’immigrazione ed equivale più a una espulsione. Ma la promessa della “grande deportazione” suona inquietante perché arriva dopo mesi in cui Trump ha parlato di campi di detenzione per gli immigrati da espellere, di ripulire le città, di invio dell’esercito al confine con il Messico. Tutte idee contenute nell’Agenda 47 che guida la sua campagna elettorale e sviluppate nei dettagli nel Project 2025, il gigantesco (900 pagine) piano d’azione preparato per lui da un gruppo di lavoro messo in piedi dal think tank Heritage Foundation.

 

In realtà, la cosa sorprendente che emerge leggendo le sedici pagine della piattaforma che Trump farà mettere ai voti, è che l’ex presidente ha fatto un’operazione di sostanziale “moderazione” delle idee più estreme che finora sono circolate nei suoi comizi e nei documenti dei suoi sostenitori. Il programma congressuale si intitola “Make America Great Again”, ma è molto meno Maga del solito, al punto da aver già fatto storcere un po’ il naso ai fedelissimi. Come se trovandosi per la prima volta in netto vantaggio nei sondaggi e con un avversario in piena crisi, Trump – da navigato animale da palcoscenico – avesse percepito che non è il momento di spaventare l’elettorato più moderato che ancora è indeciso se votarlo.

 

È anche per questo che un’altra delle cose sorprendenti che Trump ha fatto nelle due settimane in cui Biden veniva sbranato dai suoi, è stata quella di prendere le distanze dal Project 2025, dicendo di non saperne nulla. Un’uscita che ha spiazzato il think tank guidato da Kevin Roberts e il mondo Maga, ma che sa molto di scelta tattica. Il documento è scritto da gente che quasi sicuramente andrà a occupare posti di governo, rispecchia in pieno il pensiero di Trump, ma in questo momento risulta politicamente tossico, anche perché Biden e i democratici lo hanno messo al centro degli spot della loro campagna elettorale.

 

Nonostante questa operazione di abbassamento dei toni, le sedici pagine della piattaforma sono ricche di spunti che faranno discutere. E dopo gli spari al comizio in Pennsylvania è probabile che i toni tornino a rialzarsi e sparisca qualsiasi tentativo di moderazione. Nei venti punti sintetici non si parla di aborto e si fa solo un accenno alle guerre culturali che infiammano destra e sinistra in Congresso. Sicurezza e immigrazione vengono continuamente messi in evidenza, mentre sull’economia emerge un approccio che è lontano anni luce dal liberismo del Gop tradizionale e che prefigura un enorme aumento del deficit pubblico e un protezionismo totale su scala internazionale.

 

Se i venti punti sono praticamente solo slogan, qualcosa di più è rimasto, dopo i tagli e le modifiche fatti in prima persona dall’ex presidente, nelle pagine di accompagnamento, divise in dieci capitoli.

 

Trump afferma di voler dar vita a quella che chiama “una politica del buonsenso”, a partire dalla sua ricetta per combattere l’inflazione, che è al centro in questo momento delle preoccupazioni degli americani nonostante sia in continuo ribasso da oltre un anno (è intorno al tre per cento annuo, rispetto al sette per cento che Biden ha ereditato da Trump). Il candidato repubblicano, per combatterla, promette di “scatenare il potenziale energetico americano”, riprendendo a pieno ritmo la produzione di petrolio e gas (torna nel documento il grido di battaglia dei fautori del fossile: “Drill, baby, drill!”), favorendo il nucleare e cancellando “il green new deal socialista di Biden” e le politiche a favore della mobilità elettrica. “Facciamo dell’America il produttore di energia di gran lunga dominante nel mondo!”, è la sintesi trumpiana (tutta in maiuscolo nell’originale, come è tipico dei messaggi che scrive in prima persona).

 

L’ex presidente promette poi di intervenire per fermare “le spese federali inutili”, ma su questo punto – come su molti altri – non offre ricette di tagli alla spesa pubblica nette e vaste come quelle che vorrebbero gli autori di Project 2025 e ciò che resta dell’ala liberista del partito. Le parole “debito” e “deficit” sono sparite dalla piattaforma di un partito che negli anni dell’amministrazione Obama, quando a dominare tra i repubblicani era il movimento Tea Party, era concentrato soprattutto sui tagli alla spesa pubblica. Il debito degli Stati Uniti è arrivato a 35 trilioni di dollari e secondo il Congressional Budget Office senza interventi drastici raggiungerà i 56 trilioni in un decennio. L’America a quel punto pagherà in interessi quanto spende oggi in tutto il programma di assistenza medica Medicare, cioè 1,7 trilioni di dollari.

 

Trump però promette di rafforzare Medicare e di tenere in piedi tutto il sistema pensionistico della Social Security attuale: politicamente sono mosse che creano consenso, ma per i suoi stessi esperti e per il mondo di Heritage sono insostenibili. Così come lo è la promessa di mantenere i tagli fiscali che da presidente aveva introdotto nel 2017 e che Biden invece vuole togliere e trasformare in aumenti di tasse per i ricchi: secondo i democratici, i tagli di Trump hanno fatto aumentare di due trilioni il deficit e costeranno altri 4,6 trilioni in un decennio. Ai quali vanno ad aggiungersi i 250 miliardi di dollari che, secondo gli esperti, saranno il cartellino del prezzo di un’altra promessa contenuta nel documento programmatico: “Niente tasse sulle mance”, un altro tema di enorme popolarità nell’elettorato a bassa scolarizzazione e che vive di lavori con una grossa percentuale fatta di mance. 

 

Senza aumenti di tasse – anzi, con nuovi tagli – e con una serie di idee che aumenteranno la spesa pubblica (completare il muro con il Messico, incrementare in modo esponenziale le misure di sicurezza), Trump affida la crescita soprattutto al settore energetico e ai dazi doganali. Qui la parola d’ordine è “proteggere l’America” dall’invasione di prodotti stranieri, dalla fuga dei posti di lavoro verso l’estero e dalla dipendenza da catene di approvvigionamento internazionali. Nella piattaforma non compare la tassazione orizzontale del 10 per cento su tutti i prodotti importati, di cui Trump ha più volte parlato: anche in questo caso sono stati abbassati i toni e si è rimasti sul vago, promettendo però di far pagare di più a chi vuole esportare negli Stati Uniti e mirando a ridurre in particolare le importazioni dalla Cina. “Buy American and Hire American”, è la sintesi trumpiana, accompagnata dall’esortazione a diventare “la superpotenza manifatturiera del mondo”.

 

Un curioso capitolo economico della piattaforma è quello dedicato all’innovazione, che sembra scritto direttamente da Elon Musk: prevede di rimuovere tutte le limitazioni imposte dall’amministrazione Biden sulle criptovalute, sostenere i Bitcoin, rimuovere limiti e controlli governativi alla ricerca sull’intelligenza artificiale ed espandere allo spazio “la libertà e prosperità americana”, cominciando a sfruttare risorse fuori dall’orbita terrestre e mandando astronauti su Marte. 

 

Il vero tema del programma, il filo rosso che sembra emergere in tutti i punti, anche quelli economici, è comunque quello dell’immigrazione. Sigillare il confine con il Messico è il mantra con cui scaldare la convention, mettendo in relazione stretta il tema dei migranti con quello della sicurezza. Trump descrive un’America invasa da criminali e terroristi, diventata insicura dovunque e soprattutto nelle grandi città, che promette di “ripulire”. Sarà interessante vedere come a Milwaukee riuscirà a collegare questo tema della sicurezza con l’attentato di cui è stato vittima.

 

Prima degli spari di Butler, i temi che scaldano il mondo Maga erano stati messi un po’ da parte. Adesso potrebbero riacquistare visibilità alla convention, ma non è chiaro se la piattaforma politica, già formalmente introdotta dal partito, possa essere modificata prima del voto. Difficilmente cambierà il posto in secondo piano che è stato scelto per l’aborto, un tema su cui Trump sa di essere debole rispetto ai democratici e sul quale non vuole prendere impegni. Solo un paragrafetto sui “temi della vita” promette di lasciare agli stati le scelte su procreazione e interruzione di gravidanza, mentre allo stesso tempo incita a togliere agli stati troppo “estremisti” il potere di decidere su altri temi sociali divisivi come l’identità di genere.

 

La percezione è che sull’aborto, come su altre tematiche da guerra culturale, Trump voglia mandare avanti il vice che dovrebbe annunciare alla convention. Ciascuno dei tre presunti finalisti, il governatore Doug Burgum e i senatori J.D. Vance e Marco Rubio, è molto più appassionato di Trump su questo fronte e può rispondere al meglio alle richieste del mondo Maga di sfidare apertamente la cultura “woke”. Soprattutto, considerato che Biden sta affidando buona parte della discussione sull’aborto a Kamala Harris, ciascuno di loro è una buona scelta in vista del dibattito tv tra i candidati vicepresidenti.

 

E la politica estera? Occupa qualche punto della sintesi programmatica, con lo slogan di “prevenire la Terza guerra mondiale” e solo il decimo capitolo dei dieci approfondimenti del programma. Il tema di fondo è il “ritorno alla pace attraverso la forza”. Trump promette di voler privilegiare d’ora in poi solo gli interessi americani e di non coinvolgere il paese in guerre e tensioni in giro per il pianeta.

 

Per l’ex presidente, è necessario “ricostruire il nostro apparato militare”, contrastare la Cina e, di nuovo, proteggere i confini degli Stati Uniti. E la Nato? E il Medio Oriente? “I repubblicani – si legge nel programma – rafforzeranno le alleanze facendo sì che gli alleati si facciano carico dei loro obblighi di investire nella difesa comune e restaurando la pace in Europa. Saremo al fianco di Israele e cercheremo la pace in Medio Oriente”. Programma vasto, dettagli pochi.