Il Nuovo fronte popolare francese si sfalda, bruciando possibili premier

Mauro Zanon

Il fronte delle sinistre francesi potrebbe essere l’ennesima illusione per l’elettorato progressista. Questa volta si litiga sul nome del candidato primo ministro. A nove giorni dalle legislative la situazione è più tesa che mai

Sono tornati i tempi della Nupes, l’alleanza di sinistra creata da Jean-Luc Mélenchon nel 2022, dicono tutti a Parigi, è cambiato soltanto il nome: Nuovo fronte popolare. Il Partito socialista (Ps), i Verdi, il Partito comunista (Pcf) e la France insoumise (Lfi) stanno facendo di tutto per dare ragione a chi, come il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha definito il Nuovo fronte popolare (Nfp) come un’“alleanza contronatura”, o come l’ex primo ministro socialista Manuel Valls, che non ha mai smesso di parlare di “gauches irréconcialibles”. Alla stregua della Nupes, la Nuova unione popolare, ecologica e solidale che aveva fatto sperare in un fronte unico delle sinistre prima che quest’ultimo si sfaldasse nel dicembre 2023 per divergenze incolmabili soprattutto sulla questione israelo-palestinese – la fine fu sancita da Jean-Luc Mélenchon, leader di Lfi, con una frase che ancora rimbomba nelle menti degli elettori, “il n’y a plus de Nupes” – Nfp potrebbe essere l’ennesima illusione per l’elettorato progressista. Il motivo, questa volta, è il mancato accordo sul nome del candidato primo ministro da sottoporre al capo dello stato, in virtù del risultato ottenuto al secondo turno delle legislative, dove Nfp ha ottenuto il maggior numero di deputati, 182. 

   
Ieri, attraverso un comunicato, Lfi, il partito della sinistra radicale, ha annunciato la sospensione dei pourparlers con gli altri membri del Nuovo fronte popolare sulla nomina del candidato premier. “Per il momento, non parteciperemo a ulteriori discussioni sulla formazione del governo fino a quando non sarà garantita una candidatura unica all’Assemblea nazionale e non si sarà svolta la votazione”, si legge nel documento sfornato da Lfi, che accusa il Partito socialista di essere all’origine dell’impasse. “Deploriamo la situazione di stallo in cui il Partito socialista ha messo Nfp nella scelta del candidato alla carica di primo ministro”, ha sottolineato Nfp. 

  
Nel fine settimana, un profilo aveva messo d’accordo tre dei quattro partiti della coalizione: quello di Huguette Bello
, presidente del Consiglio regionale della Réunion, proposta dal leader comunista Fabien Roussel con l’appoggio degli Insoumis ma anche degli ecologisti. “Nonostante la proposta del nome di Huguette Bello avesse ricevuto un ampio ed entusiastico sostegno da parte dell’opinione pubblica di sinistra (...) il Ps l’ha rifiutata, senza spiegazioni o giustificazioni”, hanno attaccato i mélenchonisti, definendo il veto un “rifiuto incomprensibile”. “Il Ps sta forse giocando con il tempo, permettendo la disgregazione del Nuovo fronte popolare e abbandonando il programma su cui è stato eletto?”. Nello stesso documento, Lfi ha chiuso la porta a un candidato della società civile per Matignon, ipotesi che era stata avanzata dai socialisti per sbloccare le trattative, con la motivazione che mancherebbero le “garanzie” per “l’attuazione del programma del Nuovo fronte popolare”. Insomma, a nove giorni dall’esito delle legislative, dopo le quali Mélenchon aveva invitato Macron a “inclinarsi” al risultato delle elezioni e ad affidare rapidamente l’incarico al Nuovo fronte popolare, la situazione a sinistra è più tesa che mai. 

   
“È passata solo una settimana”, ha risposto su France 2 Olivier Faure, segretario del Partito socialista, a chi accusa Nfp, ricordando che ci sono volute “cinque settimane” per conoscere la composizione finale del governo Attal. “Non preoccupatevi. (...) Saremo all’altezza della situazione e non tradiremo”, ha assicurato Faure. Che ha difeso con queste parole il rifiuto di Huguette Bello. “Anch’io sono un francese di sangue misto. Ho mosso i miei primi passi alla Réunion e conosco Huguette Bello da molto tempo. C’erano molti elementi a suo favore. E poi c’erano altri fattori che erano meno a suo favore. C’erano socialisti che ritenevano, e a ragione, che il partito che aveva vinto le elezioni europee a sinistra fosse il Partito socialista. Il partito che ha avuto più slancio in queste elezioni legislative, che ha aumentato il suo gruppo del 110 per cento, è stato il gruppo socialista”. Manuel Bompard, coordinatore nazionale di Lfi e scudiero di Mélenchon, ha accusato i socialisti di essere contrari a “qualsiasi candidatura diversa da quella di Faure”. Quest’ultimo, ha respinto al mittente le accuse, ricordando che “altri profili socialisti sono stati proposti”, come Martine Aubry, sindaco di Lille, e Johanna Rolland, primo cittadino di Nantes.