Un po' meno Brexit
Starmer parte dall'Ucraina per riavvicinarsi all'Ue, e unirla di più
Il vertice della European Political Community nel simbolo churchilliano, gli obiettivi interni e l'attenzione sulla difesa dell'Europa dall'aggressione permanente di Vladimir Putin
Winston Churchill era nato nel palazzo Blenheim, nell’Oxfordshire, patrimonio dell’Unesco dalla fine degli anni Ottanta, qui tornava per le sue vacanze, qui ha chiesto in sposa sua moglie Clementine, qui, nel parco, è sepolto – ed è qui che giovedì si riunirà la European Political Community, un forum intergovernativo che raduna 47 stati europei, che è stato voluto dal presidente francese Emmanuel Macron per mostrare l’unità europea di fronte alla minaccia di Vladimir Putin in Ucraina e in Europa, e che in questa edizione è presieduta dal premier laburista britannico, Keir Starmer. Non è una settimana facile per l’Unione europea alle prese con il suo nuovo assetto – giovedì si vota a Strasburgo per la riconferma di Ursula von der Leyen, che a Blenheim non ci sarà – e qualcuno ne ha approfittato per non presentarsi a questo appuntamento che Starmer vede anche come il primo, decisivo riavvicinamento del Regno Unito all’Ue, senza naturalmente mettere mano all’accordo sulla Brexit (un leader europeo ha detto in forma anonima a Politico che sono tutti stanchi dal vertice della Nato, bisogna starsene anche un pochino a casa ogni tanto, e Recep Tayyip Erdogan ha detto ieri che non ci sarà, ma non perché è affaticato).
La European Political Community è il luogo adatto per Starmer per riprendere i contatti con l’Ue: lui ne aveva più di altri perché era ministro per la Brexit nel governo ombra laburista durante i tremendi negoziati del 2017-2019, ma buona parte dell’alienazione britannica dal mondo europeo è passata proprio dall’assenza degli inglesi agli incontri, ai vertici, alle riunioni. Poiché il confronto con il passato incombe sempre su Starmer, molti già paragonano questo suo esordio diplomatico con l’Ue a quello dell’ex premier Tony Blair, ventisette anni fa ad Amsterdam, una charme offensive che molti ricordano ancora. L’attuale premier non ha ambizioni da seduttore, ha un approccio concreto, del fare, ma ha anche a cuore questo incontro, perché riapre un dialogo con gli europei e perché al suo cuore c’è la necessità di restare uniti contro Putin, ancor più se l’America si concederà sciagurata un secondo giro di presidenza Trump. Nel manifesto laburista c’è scritto che questo governo vuole rendere il Regno Unito “di nuovo una nazione rilevante in Europa, con relazioni ambiziose e migliori con i partner europei”.
C’è l’aspetto bilaterale, concreto: Starmer deve convincere gli europei a modificare le regole per partecipare ai progetti collettivi in termini di difesa, come l’European Defence Fund, e per abbassare le barriere commerciali (il premier dovrà anche preoccuparsi di rivendere bene presso gli inglesi questo vertice, per non riaprire la ferita della Brexit). Poi c’è l’aspetto globale, concretissimo, più rilevante se si alzano gli occhi dalle crisi o delle aspettative dei singoli paesi coinvolti: Putin vede una grande opportunità nell’Europa disunita, nella presidenza aggressiva dell’Ue dell’ungherese di Viktor Orbán, nel caos americano. Molti esperti hanno suggerito a Starmer di cogliere l’occasione non soltanto di abbassare il prezzo della Brexit (ripartecipando all’Erasmus o riducendo le code negli aeroporti, per cominciare dai giovani), ma anche creando una coalizione di pragmatici pronti a tutto per difendere l’occidente.
I conservatori inglesi