Ecco la contraddittoria America First di J. D. Vance. Il discorso del vice di Trump

Enrico Cicchetti

Protezionismo e populismo economico e antiglobalismo in politica internazionale, nella terza serata della convention di Milwaukee. Tutti i cortocircuiti del senatore dell'Ohio che rimette nel mirino le élite di Wall Street che lo sostengono

Il suo discorso era il più atteso della terza giornata della convention del Partito repubblicano a Milwaukee, in Wisconsin. E J.D. Vance ha approfittato del colossale palcoscenico per scagliarsi contro Wall Street, le multinazionali e le élite di Washington. Il senatore trentanovenne dell'Ohio che Trump ha scelto come suo vice presidente in caso di vittoria alle presidenziali di novembre, ha sfruttato al massimo tutta la retorica del "ragazzo della classe operaia nato lontano dai corridoi del potere" per mettere, come ha scritto stamattina il Financial Times, "il populismo economico al centro della campagna" per il ritorno del tycoon alla Casa Bianca. 

   

La convention del Partito Repubblicano si concluderà domani, con il discorso di Trump, il primo dopo l'attentato del 13 luglio, nel quale accetterà formalmente la candidatura. Quello di Vance intanto è stato un discorso duro, con posizioni protezioniste in economia e antiglobaliste in politica estera, sebbene non sia stato un discorso particolarmente appassionante né denso di nuove proposte rispetto a ciò che ci si aspettava. È insomma una limpida fotografia del programma trumpiano di America First. "Basta prenderci cura di Wall Street: è finita, ci impegneremo per i lavoratori", ha detto alla convention del Gop, accusando Joe Biden di aver reso l'America "più debole e più povera". "L'importazione di manodopera straniera è finita. Lotteremo per i cittadini americani, per il loro lavoro e per i loro salari". Un appello rivolto agli elettori degli stati indecisi del Midwest industriale.

Vance ha poi attaccato Biden, che nel frattempo è risultato positivo al Covid-19 e ha dovuto cancellare l'intervento in programma a Las Vegas, e allo stesso tempo ha rilanciato la chiave protezionista del "nuovo corso" trumpiano. "Quando ero in quarta elementare, un politico di carriera di nome Joe Biden sosteneva il Nafta, un brutto accordo che spedì in Messico tanti ottimi posti di lavoro. Quando ero appena entrato al liceo, un politico di carriera di nome Joe Biden fece un accordo commerciale con la Cina che distrusse altri posti di lavoro. E quando stavo per uscirne, Joe Biden sostenne la disastrosa invasione dell’Iraq. Nella mia piccola città e in moltissime altre uguali, i posti di lavoro se ne andavano e i ragazzini venivano mandati in guerra". Tutte iniziative condotte sì da Biden ma sostenute a lungo proprio dal Partito repubblicano, nel quale oggi, però, i ribelli sono oramai stati silenziati. Insomma, Vance a Milwaukee ha illuninato il nuovo corso del Gop e scavato le trincee nelle quali ciò che resta del partito si dovrà assestare per la battaglia finale delle elezioni: i democratici raccontati come élite nelle mani del mondo degli affari globali mentre i repubblicani rappresentano il partito delle comunità "dimenticate" e dei lavoratori d'America. E pazienza se la sua carriera politica è sostenuta da alcuni degli uomini più ricchi degli Stati Uniti, vedi Peter Thiel, e se la campagna trumpiana è finanziata da titani di Wall Street come Stephen Schwarzman e Bill Ackman. E pazienza, di nuovo, se nel suo mandato precedente proprio Trump avesse tagliato le tasse per i più ricchi e si fosse opposto all’aumento del salario minimo.

   

C'è poi la politica internazionale. "Insieme ci assicureremo che i nostri alleati condividano l'onere di garantire la pace nel mondo. Niente più viaggi gratis per le nazioni che tradiscono la generosità del contribuente americano", ha detto Vance. "Manderemo i nostri figli in guerra solo se necessario". Ma "quando daremo pugni, daremo pugni duri". Una frase che lascia immaginare un disimpegno militare di Washington che ha fatto suonare campanelli d'allarme in Europa, data la nota opposizione dei futuri papabili presidente e vicepresidente d'America a fornire maggiori aiuti all'Ucraina (e non solo).

 

  • Enrico Cicchetti
  • Nato nelle terre di Virgilio in un afoso settembre del 1987, cerca refrigerio in quelle di Enea. Al Foglio dal 2016. Su Twitter è @e_cicchetti