en même temps

Macron ha costretto gli estremisti al compromesso e i moderati a convergere al centro. Chiamalo stupido!

Giuliano Ferrara

La situazione sembrava compromessa, e tutto dopo le europee dava a pensare che il lascito del presidente dei ricchi, uomo di centrosinistra con aperture alla destra moderata, sarebbe andato per intero alla presidente dei pauperisti, Marine. Ora non è più così scontato

Come si dice in francese compromesso? Dunque Macron sarebbe uno stupido, a sentire i più stupidi. Le circostanze della Francia dopo le elezioni a sorpresa non confermano la severa diagnosi. Sarà narcisista, sebbene con una certa mitezza e visione realistica delle cose nazionali ed europee; sarà incappato nella caricatura del presidente dei ricchi, senza sapere come opporle un’immagine meno traumatica per il fondo provinciale della Francia, quella bellissima cosa che circonda e sorregge Parigi, e da Parigi è sorretta senza saperlo; sarà un ipercorrettista in ideologia dei diritti, ma è moda universale, e purtroppo per smentirla e avversarla bisognerebbe intrupparsi con brutta gente. Mettetela come preferite, ma stupido Macron non pare.

 

Ha vinto due mandati presidenziali, il primo a sorpresa nel 2017 proprio come le recenti politiche. Ha riformato a fondo il mercato del lavoro e le pensioni. Ha portato alla piena occupazione e a investimenti per la reindustrializzazione. Ha fronteggiato le jacqueries e le menzogne della sociologia dei forgotten men alla francese. Ha dato segno di intendere i problemi dell’Europa in pace e in guerra. Il secondo mandato del 2022 (in corso) è un suivi di relativo successo. Macron ha incendiato il paese che si annoia, che ama mentire su di sé, che non tollera élite liberali al potere, specie se è costretto a votarle per scongiurare il lepenismo. Un paese prigioniero da sempre del mito d’azione e rivolta obbligato adesso al pragmatismo del compromesso, alla odiata e forse anche sconosciuta parola “coalizione”, al parlamentarismo e ai partiti che furono le bestie nere della V Repubblica gollista e della Costituzione di Michel Debré. L’esaurimento del gollismo storico e del gauchismo non erano forse la premessa politica del successo imprevedibile di Emmanuel Macron, il presidente più impopolare e l’uomo di stato più abile?

 

Sua la filosofia politica dell’en même temps, il raccordo di centro liberale aperto che smette come abiti vecchi le antiche configurazioni di destra e sinistra, e questa lo ha portato con un colpo di scena a chiamare i bluff concorrenti di Mélenchon e di Bardella. Ora il Fronte popolare del primo è già nella paralisi politica, e lascia al bolso retore la campagna elettorale per il 2027 preparandosi a discutere le condizioni difficilissime ma inevitabili di una governabilità di compromesso, compromis, ossia per la cultura francese corrente il “tradimento”. E il Rassemblement del secondo è condannato anch’esso a differire di tre anni le sue aspirazioni di potere, essendo arrivato terzo in seggi, pur con dieci milioni di voti che segnalano l’arretratezza politica dell’opinione pubblica detta anche “collera” e il suo isolamento di maggioranza potenziale.

 

Se vogliono la nomina di un primo ministro capace di governare con quel senso del provvisorio che è più italiano che francese, ma altre soluzioni non se ne vedono, le forze non estreme dell’Assemblea nazionale di Palais Bourbon devono convergere al centro, en même temps, in uno stesso cesto, proprio secondo il modello che per il rotto della cuffia ha consentito a Macron di essere presidente per sette anni, and counting. Forse devono dire addio alla V con una legge elettorale proporzionale. Da una simile situazione può certo rinascere per le future presidenziali il sospetto fantasma di una polarizzazione malata, con le estreme alla riscossa, addirittura il bluff di Jean-Luc Mélenchon contro l’eterno ritorno dell’identica Marine Le Pen. Ma non è detto. La situazione sembrava compromessa, e tutto dopo le europee dava a pensare che il lascito del presidente dei ricchi, uomo di centrosinistra con aperture alla destra moderata, sarebbe andato per intero alla presidente dei pauperisti, Marine. Ora non è più così scontato. Si vedrà. Ma che stupido, Macron. 
 

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.