a strasburgo
Von der Leyen al voto: tra trattative e promesse vaghe per non scontentare nessuno
Salvo sorprese, Ursula dovrebbe ottenere la maggioranza assoluta al Parlamento europeo ed essere confermata per un secondo mandato. Cosa ha promesso alle famiglie europee e la condanna della Corte Ue sui vaccini
“Neutralità tecnologica” per le auto a zero emissioni, “rispetto dei diritti umani” nelle politiche migratorie, “stato di diritto” al centro delle politiche dell’Unione europea per i prossimi cinque anni, un commissario europeo agli alloggi e un altro alla sburocratizzazione. Una serie di promesse sufficientemente vaghe da non irritare nessuno dovrebbe bastare a Ursula von der Leyen per ottenere la maggioranza assoluta oggi al Parlamento europeo ed essere confermata per un secondo mandato come presidente della Commissione. Salvo sorprese, von der Leyen beneficerà del sostegno delle quattro famiglie europeiste: Partito popolare europeo, Socialisti&Democratici, liberali di Renew e Verdi. L’incognita ieri sera era rappresentata da Fratelli d’Italia, i cui 24 eletti, a forza di esitare, sono diventati irrilevanti per le sorti di von der Leyen.
Il voto di oggi nella plenaria del Parlamento europeo potrebbe trasformarsi in un trionfo dell’arte dell’equilibrismo di Ursula von der Leyen. Dopo una campagna elettorale in cui anche una parte del suo stesso partito, il Ppe, si è schierato contro di lei e le politiche della sua Commissione, e dopo un consistente aumento dei seggi al Parlamento europeo per i partiti nazionalisti che hanno fatto di von der Leyen il loro principale bersaglio, nella plenaria di Strasburgo la candidata presidente potrebbe ottenere più voti rispetto a cinque anni fa. Dopo che i capi di stato e di governo l’hanno candidata per un secondo mandato il 27 giugno scorso, von der Leyen ha trascorso le ultime tre settimane a negoziare con i gruppi della sua maggioranza – Partito popolare europeo (Ppe), Socialisti&Democratici (S&D) e liberali di Renew – e con i Verdi, a trattare direttamente con i capi delegazione dei partiti nazionali, a telefonare ai singoli parlamentari, oltre che i leader nazionali. Ha promesso molto a tutti ma, a parte la sua squadra ristretta, nessuno sa esattamente cosa ha promesso. Al Ppe è stato assicurato che sul Green deal ci sarà una marcia indietro. Ai socialisti è stato assicurato che i diritti sociali – compresi gli alloggi – diventeranno una priorità. Ai liberali è stato assicurato che non ci sarà una “cooperazione strutturale” con i sovranisti di Meloni, anche se erano in corso contatti telefonici con il presidente del Consiglio per fare concessioni significative all’Italia. Ai Verdi, desiderosi di entrare in maggioranza, è stata aperta la porta, anche se ai popolari è stato detto che resteranno fuori. “Non c’è mai stato un incontro tra von der Leyen e i quattro gruppi politici pro-europei”, spiega al Foglio un deputato che ha partecipato ai negoziati. “Solo incontri bilaterali”. Nascondere le carte è stato indispensabile per non perdere il sostegno degli uni o degli altri.
Il momento decisivo sarà l’invio alle otto di questa mattina mattina nelle caselle email dei deputati delle “linee guida politiche” di von der Leyen. Solo allora emergeranno i dettagli del suo programma per i prossimi cinque anni, la sintesi di promesse e impegni spesso contraddittori. “Le linee guida politiche sono cruciali”, dicono fonti del Ppe e dei Verdi, i due gruppi dove una sola parola fuori posto – sul Green deal o sui migranti – potrebbe far perdere i voti decisivi per la rielezione della presidente della Commissione. Von der Leyen poi parlerà davanti alla plenaria. La chiave è “trovare l’equilibrio in termini di linguaggio tra quattro gruppi politici diversi, dalla destra del Ppe ai Verdi”, spiega il deputato che ha partecipato ai negoziati. Uno dei problemi per von der Leyen è che nessuno è entusiasta di lei. La presidente della Commissione è criticata per aver accentrato il potere, per aver ignorato le posizioni del Parlamento, per aver usato il suo posto per promuovere i suoi amici politici. Il Tribunale dell’Ue ieri ha inflitto un altro colpo all’immagine di von der Leyen, quando ha condannato la Commissione per la mancata trasparenza nei contratti per l’acquisto dei vaccini contro il Covid. Prima delle elezioni europee, la sentenza avrebbe potuto essere fatale. Ora i gruppi europeisti (compresi i Verdi) dicono “non c’è alternativa a von der Leyen”. La minaccia interna ed esterna dell’estrema destra – dalla progressione dei partiti nazionalisti nell’Ue al pericolo di un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca – è diventata una comoda scusa per votare per lei per difetto. La soglia della maggioranza assoluta è fissata a 361 voti contro i 401 eletti della maggioranza tra popolari, socialisti e liberali. Ci saranno franchi tiratori, ma gli eurodeputati dei Verdi dovrebbero bastare a compensare. Se tutto andrà come previsto, von der Leyen otterrà tra i 375 e i 425. Il totale dipenderà anche da Meloni e Fratelli d’Italia, che tuttavia hanno perso il ruolo di “Queenmaker” facendosi rubare i posti dai Verdi. Poi von der Leyen sarà libera di rinnegare tutte le promesse e gli impegni e di proseguire con la sua agenda politica personale per i prossimi cinque anni.