(foto EPA)

stati uniti

Le due facce della notte di Trump a Milwaukee: parla di unità, ma poi finisce con gli attacchi di sempre

Marco Bardazzi

L'ex presidente ha tenuto il discorso finale al termine della convention repubblicana. Il racconto dell'attentato: "Non dovrei essere qui stanotte". Nulla di nuovo sul fronte dei messaggi politici: "Mi basta una telefonata per fermare le guerre". Sul palco anche la moglie Melania

È cominciata con un appello all’unità, è finita con i soliti attacchi. Prima un Donald Trump ispirato e grato di essere vivo, con un tono da predicatore, capace di mandare insoliti messaggi di pacificazione al resto del Paese. Poi l’ex presidente aggressivo e dai discorsi infiniti che si vede sempre in campagna elettorale. È stato un intervento con un protagonista dalle due facce, quello che stanotte ha chiuso la convention di Milwaukee da cui Trump esce incoronato ufficialmente come candidato repubblicano alla Casa Bianca. La svolta buonista è durata poco. Il tempo di raccogliere applausi e lacrime nel raccontare l’attentato a cui è sopravvissuto sabato scorso a Butler, in Pennsylvania. Poi è tornato in scena The Donald, il consueto candidato che per oltre un’ora ha descritto un’America e un mondo allo sfascio e si è proposto come la soluzione a tutti i problemi.

“Non dovrei essere qui stanotte”, ha esordito Trump, apparso sul palco nei primi minuti con il tono e gli atteggiamenti di un sopravvissuto, profondamente cambiato dall’esperienza che ha vissuto, testimoniata dalla benda che gli copre l’orecchio ferito. Intorno a lui sono comparse le foto dei momenti drammatici di Butler e a fianco del podio dove ha parlato l’ex presidente sono stati esposti la divisa da pompiere e il casco di Corey Comperatore, rimasto ucciso dagli spari che dovevano eliminare Trump. Tra gli applausi e le lacrime del suo pubblico, Trump ha mandato i segnali di unità che aveva promesso, ha ringraziato più volte Dio, si è detto convinto che “viviamo in un mondo di miracoli e dovremmo ringraziare per ogni singolo momento che passiamo sulla Terra, perché è un dono”. L’ex presidente ha raccontato nel dettaglio l’attentato di cui è stato vittima, lo ha ricostruito attimo per attimo, nel silenzio della platea e seguito dagli sguardi intensi della sua famiglia sul palco, con in testa la moglie Melania in una rara apparizione pubblica. È stato il momento più alto di una convention che sicuramente è riuscita ad abbassare i toni, come era stato promesso dopo l’attentato di Butler, ma che si è comunque chiusa con gli attacchi politici di sempre all’amministrazione Biden e ai democratici. Trump ha nominato il presidente solo una volta, ha incitato la folla a fischiare Nancy Pelosi ed è sembrato voler riconoscere che i democratici sono pronti a cambiare candidato. Ma soprattutto ha sfoderato contro di loro tutto il consueto armamentario da campagna elettorale, fatto di dati discutibili, accuse durissime e memorie della sua presidenza come di una sorta di età dell’oro rovinata poi da Biden. Una “tirata” che ha reso il discorso di accettazione della nomination – un’ora e mezzo complessiva - probabilmente il più lungo e tra i più noiosi nella storia delle convention.

 

Niente di particolarmente nuovo sui messaggi politici, con l’immigrazione e l’economia al centro del racconto e delle promesse elettorali. Nel primo giorno alla Casa Bianca, ha detto, sigillerò il confine con il Messico, riprenderemo l’estrazione delle fonti fossili e bloccheremo le leggi sulla mobilità elettrica. “Drill baby drill” è il canto dell’”orgoglio fossile” che Trump ha lanciato dal palco, subito imitato dalla sua gente. Sul piano internazionale, Trump non ha offerto particolari ricette se non il racconto di ciò che ha fatto durante la sua amministrazione e la promessa di tornare allo stesso atteggiamento. “Mi basta una telefonata per fermare le guerre”, ha detto, riferendosi in particolare all’Ucraina e all’Europa. Un continente, il nostro, del quale ha citato per nome un solo leader: Viktor Orbán.

 

Cala il sipario su una convention che ha galvanizzato i repubblicani, soprattutto dopo aver corso il rischio di perdere il loro leader per l’attentato, e che ora li lancia in campagna elettorale più forti ed entusiasti di prima. La scelta come vice del senatore dell’Ohio J.D. Vance indica la volontà di andare subito alla conquista degli stati della Rust Belt, vicini all’Ohio, che possono essere decisivi per la vittoria: nei prossimi giorni la campagna di Trump sarà concentrata su Wisconsin, Pennsylvania e Michigan. Tocca adesso ai democratici trovare la risposta a un trumpismo che a tre mesi e mezzo dal voto appare vincente. L’attesa, nel fine settimana, sarà per le decisioni eventuali del presidente Joe Biden: resistere o lasciare il compito ad altri?

Di più su questi argomenti: