Il governo adulto

Starmer fa sul serio sull'Ucraina e su Trump. La nomina di Fiona Hill

Paola Peduzzi

La determinazione di Starmer a piazzare la difesa ucraina in cima alle priorità occidentali ha un grande peso: attorno a lui gli altri europei guardano tremebondi al possibile ritorno di Trump alla Casa Bianca. La dimostrazione è la nomina dell'ex funzionaria del Consiglio di sicurezza nazionale americano durante l'Amministrazione Trump, che testimoniò durante l'impeachment contro le teorie complottiste

Il primo ospite internazionale a Downing Street, la casa-ufficio in cui abita il nuovo premier laburista britannico, Keir Starmer, è stato Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino, che ha anche partecipato al consiglio dei ministri, il primo leader straniero a farlo negli ultimi trent’anni. Il Regno Unito non ha mai avuto un tentennamento nella sua determinazione ad aiutare Kyiv: l’ex premier conservatore Boris Johnson aveva inviato le armi in Ucraina quando le truppe russe erano assiepate ai confini ma non avevano ancora iniziato l’invasione, quando cioè tutti dicevano che l’invasione non ci sarebbe stata e che Johnson e pure il presidente americano Joe Biden erano isterici guerrafondai. Ma oggi la determinazione di Starmer a piazzare la difesa ucraina in cima alle priorità occidentali ha un significato molto più serio, perché attorno a lui gli altri europei guardano tremebondi al possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, e molti di loro quando dicono che si stanno “preparando” all’eventualità intendono dire: riprendiamo i contatti con i trumpiani, tieniamoceli buoni. Starmer no, e non per una ragione partigiana – io sono di sinistra e lui è di destra – ma perché ha capito che l’unico modo per prepararsi a Trump è rendere innocui (il più possibile: è pur sempre l’America quella) i suoi istinti isolazionisti e la sua versione di “pace”. Se l’occidente avrà bisogno di una nuova guida, la troverà a Londra: non ci sono mitomanie nel premier britannico, solo la propensione a risolvere i problemi che sai che si presenteranno.

La dimostrazione è la nomina di Fiona Hill come una dei tre consiglieri che devono rivedere il documento di spesa per la difesa britannica del governo Starmer – “particularly timely”, la definisce il Guardian. Fiona Hill lavorerà assieme a George Robertson, ex segretario generale della Nato, e Richard Barrons, che era vice capo delle Forze armate del Regno Unito, non sorprende: “Riuscite a pensare a qualcuno di più qualificato di lei?”, dice una fonte laburista.

Hill è nata a Durham, nel nord-est inglese, ma non aveva mai lavorato prima d’ora per il governo britannico. Ha preso un master in Storia moderna russa ad Harvard nel 1991 e un PhD in Storia nel 1998 e dal 2006 al 2009 ha lavorato con l’Amministrazione Bush jr e Obama come analista nell’intellingence americana. Nel 2017, Hill è stata nominata dall’allora presidente Trump come numero due del direttore per gli Affari europei e russi al Consiglio di sicurezza nazionale. Aveva un contratto per due anni, ma nel 2019 l’allora consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, le chiese di prolungare per qualche mese la sua permanenza nel suo team: Hill ha lasciato la Casa Bianca il 15 luglio del 2019, dieci giorni prima della conversazione telefonica tra Trump e il presidente ucraino Zelensky – sì, quella telefonata, quella in cui Trump ha minacciato di sospendere gli aiuti a Kyiv se Zelensky non gli avesse fornito materiale compromettente sui Biden, la telefonata per cui Trump è finito al processo di impeachement (il primo).

Hill testimoniò durante quel processo, nel novembre del 2019: Trump disse che non sapeva chi fosse, l’aveva scambiata per una segretaria. La “segretaria”, poi definita da Trump “un cadavere del deep state con un accento carino”: “Sono cresciuta in una famiglia povera, con l’accento che contraddistingue la working class – disse Hill di fronte alla commissione Intelligence – Nell’Inghilterra degli anni 80 e 90, questo mio status mi avrebbe impedito qualsiasi carriera, ma qui in America non è mai stato un impedimento”. Hill aprì la sua testimonianza smantellando la teoria del complotto trumpiana secondo cui era stata l’Ucraina e non la Russia a interferire nelle elezioni del 2016 (“propaganda fatta anche dal Cremlino stesso”) dicendo alla commissione: “Vi chiederei per favore di non promuovere falsità che rappresentano in modo così chiaro gli interessi della Russia”. Poi spiegò quel che sapeva sul piano di costringere gli ucraini a fornire informazioni sui Biden, con i nomi di chi, su sua richiesta di sapere che cosa stesse accadendo, le disse: fatti i fatti tuoi, di questa cosa rispondiamo soltanto al presidente.

Hill porta a Londra non soltanto la sua grande conoscenza della minaccia russa ma anche delle dinamiche decisionali di Trump e dell’apparato di Sicurezza nazionale di Washington. La sua nomina dimostra che il governo laburista vuole mettere la difesa dell’Ucraina e dell’occidente al centro del rilancio del Regno Unito nel mondo.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi