Il reset di Londra

Starmer riunisce gli europei e dice: ricostruiamo fiducia e collaborazione. E sosteniamo Kyiv

Paola Peduzzi

Basterebbe l'esordio dell'incontro tra il premier britannico e i leader della Comunità politica europea per sancire il riavvicinamento del Regno Unito all’Ue. Al centro del dialogo sicurezza e immigrazione  

Il premier britannico Keir Starmer ha accolto i leader della Comunità politica europea nel palazzo churchilliano di Blenheim e ha detto subito: “Vogliamo lavorare con tutti voi per un reset, per ristabilire le nostre relazioni, riscoprire i nostri interessi comuni e rinnovare i legami di fiducia e amicizia che rendono luminoso il tessuto di cui è fatta la vita europea”. Basterebbe questo esordio per sancire il riavvicinamento del Regno Unito all’Unione europea, che non vuol dire mettere mano all’accordo della Brexit e riaprire un dibattito che gli inglesi, votando a valanga per il Labour, hanno deciso di superare: significa ritrovare la fiducia reciproca e collaborare sulle questioni più utili e più strategiche. Riguardo a queste ultime, Starmer ha scelto come terreno comune da cui ripartire la sicurezza e la difesa dell’Ucraina: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky era seduto di fianco al premier britannico durante i lavori. 

 

  La Comunità politica europea è un’invenzione recente (del 2022) del presidente francese Emmanuel Macron – invitato ieri sera a cena da Starmer – nata proprio dopo l’invasione dell’Ucraina di Vladimir Putin per mostrare l’unità di un’Europa larga (ha 45 membri) contro l’aggressione russa. Zelensky, in un discorso appassionato, ha detto che i leader europei hanno mantenuto la loro unità e Putin ha fallito il suo obiettivo primario: dividere gli europei, dividerci dall’Ucraina: “Abbiamo un grande vantaggio se restiamo insieme”, ha detto il presidente ucraino, “il vostro coraggio è decisivo”, ha aggiunto, ed è sempre straziante quando si usa questo termine, coraggio, per gli uomini e le donne ucraine che difendono la loro vita e noi che non abbiamo alcuna idea di che cosa significhi resistere sotto le bombe.

 

Ci vuole “una volontà collettiva”, ha detto Zelensky, nel voler abbattere i missili russi e i droni iraniani così come nell’avvicinare l’Ucraina all’occidente e nel preparare insieme una pace che non sia la resa di cui parla la Russia. Starmer è un garante di questa volontà e in realtà lo è tutto il Regno Unito, nonostante l’assalto putinista (fallito) di Nigel Farage, leader nazionalista di Reform Uk in questi giorni ospite della convention del Partito repubblicano americano, dove è appena stato nominato un candidato vicepresidente che teorizza la sospensione dell’invio di armi a Kyiv come condizione per la fine della guerra (due giorni fa il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto la stessa cosa). L’ex premier conservatore Rishi Sunak, durante il question time del mercoledì ai Comuni, ha ribadito a Starmer: la nostra priorità è sempre stata la difesa dell’Ucraina, manteniamola. A dissentire è sempre il premier ungherese Viktor Orbán, che è in linea con il trumpismo e che invoca “un piano per la pace” che, di nuovo, prevede che Kyiv smetta di difendersi: la pressione di Orbán è sugli europei e sull’Ucraina, non su Putin.

 

Dopo l’intervento di Zelensky e la foto di rito, mentre da Strasburgo arrivava la notizia della conferma della rielezione di Ursula von der Leyen come presidente della Commissione europea, si sono aperti i bilaterali e i dibattiti nel primo pomeriggio, prima della discussione plenaria, l’incontro con re Carlo, gli ultimi bilaterali, i saluti e la conferenza stampa finale. Starmer ha definito ulteriormente il suo reset con l’Europa, insistendo sul rispetto delle leggi internazionali e ribadendo che il suo governo esclude la possibilità – proposta dai conservatori in passato – di uscire dalla Convenzione europea per i Diritti umani: Winston Churchill, che in questo palazzo patrimonio dell’Unesco è cresciuto e sepolto, “fu tra gli architetti” di questa Convenzione, ha precisato Starmer, che ha più volte insistito sulla necessità di cooperazione, coinvolgendo in questa togheterness anche i paesi che non sono dentro l’Unione europea. Il premier britannico ha poi applicato il suo approccio pragmatico (“sono una persona pratica”) anche alla questione dell’immigrazione, di cui ha parlato assieme alla premier italiana, Giorgia Meloni, e al primo ministro albanese, Edi Rama: “Guardo sempre quello che funziona” prima di prendere le decisioni, ha detto, annunciando un fondo di 84 milioni di sterline per i paesi africani e mediorientali da cui partono i traffici illegali di migranti. Ha spiegato di aver discusso degli aspetti tecnici dell’accordo tra Italia e Albania per la ricollocazione dei migranti ma non ha una soluzione in tasca: nulla è facile, ripete sempre, bisogna capire come debellare la criminalità che sta attorno alle partenze dei migranti e poi occuparsi di chi arriva. Durante la conferenza stampa finale, Starmer ha risposto a molte domande sulla sicurezza, sul rapporto con gli altri leader, sulla cena con Macron: il suo obiettivo era quello di riaprire il dialogo con l’Europa e di dare qualche coordinata al suo reset, dopo anni di sfiducia e di rivalità: lo ha raggiunto. Per gli aspetti tecnici, c’è tutto un governo “pratico” all’opera.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi